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«La storia della mia vita»: diario della Regina Maria di Romania. Dialogo con Silvia Storti
«La storia della mia vita! Più volte mi è stato chiesto di scriverla e io ho sempre esitato per molte ragioni. Ma con la morte del mio caro marito, re Ferdinando, si chiude un capitolo della mia vita e mi sembra di poter ora più facilmente ritracciare il cammino, il lungo cammino, che ho già percorso. Posso anche considerare il passato un po’ più obiettivamente ed è forse questo stato d’animo che ho aspettato per iniziare il mio lavoro. (…) Ecco, vorrei raccontare la mia vita passata come se si trattasse della storia di un’altra persona; mi piacerebbe persino scrivere in terza persona, ma sarebbe quasi una simulazione e io non ho mai mentito, sono sempre stata sincera, di una sincerità quasi pericolosa, e intendo rimanere tale.
Oggi credo di aver trovato il modo migliore per raccontare la mia storia. Parlerò di me in rapporto alla Romania, la Romania e io, o io e la Romania, il che è poi la stessa cosa. E abbiate pazienza se troverete molti pensieri, molte deduzioni e conclusioni alternate con i fatti che dovrò narrare. Ma la mia vita è stata così lunga e così piena di avvenimenti che ho appreso molte lezioni e mi sono creata, valga quel che valga, una mia filosofia.
La Romania e io; ma naturalmente bisogna che risalga molto indietro nel passato, perché non si può raccontare una vita senza aver detto dell’infanzia e della giovinezza, fattori tanto importanti nella formazione di un carattere. E la mia infanzia fu così felice che io la ricordo con infinito amore».
Regina Maria
Da questi presupposti inizia l’opera memorialistica della Regina Maria di Romania, una fra le personalità più emblematiche della storia romena ed europea. Pubblicata a Londra nel 1934, con il titolo The Story of My Life, e seguita da un secondo volume nel 1936, l’opera della sovrana romena costituisce un vivo documento della storia personale di una principessa diventata regina, ma anche uno spaccato su eventi storici importanti che hanno coinvolto paesi europei alla fine del XIX secolo e i primi decenni del XX, inclusa la partecipazione del Regno della Romania alla Prima guerra mondiale, nonché la formazione della Grande Romania unita e moderna.
In italiano il diario della Regina Maria fu pubblicato in due volumi nel 1936 e nel 1938 presso la casa editrice Mondadori, nella traduzione del giornalista Mario Borsa che visse a Londra. Nell’autunno del 2022, in occasione del centenario dell’incoronazione di re Ferdinando e della regina Maria, avvenuto il 15 ottobre 1922, edizioni Rediviva di Milano ha ripubblicato il diario con il titolo La storia della mia vita di Regina Maria di Romania (1875-1938), come omaggio alla sua personalità nel suo anniversario. Dopo un’accurata revisione eseguita dalla dott.ssa Silvia Storti Shelyta, le memorie sono state raccolte in un unico volume di 900 pagine.
Il volume di Rediviva è stato accolto molto bene, tant’è che a novembre del 2022 ha ottenuto un palcoscenico importante – una partecipata presentazione alla sede dell’Ambasciata della Romania a Roma, in occasione della visita della famiglia reale romena in Italia. L’evento ha goduto della partecipazione della principessa Margareta, custode della Corona Romena, bisnipote della regina Maria e del suo consorte, il principe Radu di Romania. Nell’occasione, la responsabile della redazione Rediviva, la storica Violeta Popescu, ha ringraziato la principessa Margareta che ha accolto con favore «la necessaria e importante iniziativa» di ripubblicare in italiano le memorie della regina Maria, opera che riporta all’attenzione delle nuove generazioni pagine decisive della storia moderna della Romania.
L'ambasciatore Gabriela Dancău, la principessa Margareta,, il principe Radu di Romania, Violeta Popescu,
Ambasciata di Romania, Roma, 2022
Quest’anno invece il diario è stato presentato al Salone del Libro di Torino tra gli eventi culturali proposti allo stand della Romania, coordinato dall'Istituto Culturale Romeno di Bucarest, e ha visto la partecipazione dell’editore e della dott.ssa Silvia Storti Shelyta che ha eseguito per Rediviva la revisione dell’intera opera. Si è parlato dei meriti indiscussi della regina Maria, soprannominata dai contemporanei «Regina della Grande Unione», «Imperatrice di tutti i romeni», oppure «Ambasciatore irresistibile», perché Maria è stata una delle figure fondatrici della Romania moderna. Lei ha operato come persona caritatevole al fronte durante la Prima guerra mondiale, ma anche in veste diplomatica per il riconoscimento internazionale di Transilvania, Bessarabia e Bucovina come parte della Romania.
Violeta Popescu, Silvia Storti, Ingrid-Beatrice Coman-Prodan, Armando Santarelli, Salone di Torino, 2023
Il diario si compone di cinque parti e ripercorre la vita di Maria dalla sua fanciullezza. Nata nell’ottobre del 1875 a Eastwell Park, nella contea di Kent (Regno Unito), figlia di Alfredo di Gran Bretagna e Irlanda, principe di Sassonia-Coburgo-Gotha e di Maria Alexandrovna Romanova, granduchessa di Russia. Il suo nome completo era Maria Alexandra Victoria di Sassonia-Coburgo-Gotha. Nella terza parte del diario racconta dei primi tempi di vita coniugale, dato che nel 1893, a soli 17 anni, Maria sposò il principe Ferdinando di Hohenzollern-Sigmaringen, erede al trono di Romania. Ha dato alla luce sei figli: Carlo (1893), Elisabetta (1894), Marioara (1900), Nicola (1903), Ileana (1909) e Mircea (1919). È diventata regina di Romania nel 1914 con l’ascesa al trono di Ferdinando, dopo la morte di re Carlo I. Così come narra nella quarta parte del diario, Maria partecipò attivamente durante la Seconda guerra balcanica (1913) e nella Prima guerra mondiale, organizzando accampamenti per aiutare i soldati romeni e ospedali militari per curare i feriti. Per questo, il popolo la chiamava «Regina soldato» e «Madre dei feriti». Il diario si conclude con l’evento della Grande Unione della Romania del 1918. Alla fine della guerra la regina intraprese un’importante tournée di diplomazia all’estero per lo sviluppo e consolidamento delle relazioni della Romania con Francia, Inghilterra, Italia, Spagna, Belgio e Stati Uniti d’America. La sovrana si è spenta nel mese di luglio del 1938 a Sinaia (Romania).
La regina Maria ha visto le sue memorie pubblicate, contemporaneamente a Londra e a New York, e oggi si ripropone a noi con una doppia forza: non solo come documento storico del passato da conoscere per la memoria collettiva, ma anche come abile scrittrice capace di coinvolgere un lettore del terzo millennio. Le sue doti narrative si sono profuse nella composizione di vari volumi di racconti, fiabe, poesie e lettere, tutt’ora presenti sul mercato, però l’opera memorialistica rimane il tassello più importante della vita di una regina di grande umanità.
Vi proponiamo qui di seguito un’intervista esclusiva che ci è stata concessa dalla dott.ssa Silvia Storti Shelyta, che ringraziamo per la cortesia di averci fatto entrare nel vivo della realizzazione di questo volume unico.
Silvia Storti Shelyta è docente di lingue straniere e collabora con case editrici come traduttrice e curatrice. Inoltre è giurata per il Concorso Internazionale di Poesia e Teatro Castello di Duino (Trieste).
Nel 2022, insieme alla collega Alina Monica Țurlea ha tradotto per Besa Muci le Fiabe romene di Petre Ispirescu.
Quest’anno l’Istituto Culturale Romeno di Bucarest le ha conferito «la borsa di studio per traduttori in formazione» per il progetto del romanzo Arhanghelul de sticlă di Ştefan Damian (Editura Dacia XXI, Cluj-Napoca, 2011).
L’opera del diario della regina Maria è molto ampia, un volume di 900 pagine. Sei partita a revisionare i due volumi pubblicati negli anni ‘30 da Mondadori che Mario Borsa ha tradotto dall’inglese in italiano. Sei arrivata alla fine a compiere un’opera di ricerca storica e di minuzioso confronto di versioni. Come hai impostato il tuo lavoro? Raccontaci per favore l’intero processo che è stato alla base di questa nuova edizione.
Verso la fine del 2020 Rediviva Edizioni mi ha assegnato l’incarico di curare la nuova edizione italiana del diario della regina Maria, fornendomene la prima versione in italiano. Quest’ultima consta di due volumi, Maria di Romania. La Storia della mia vita e Maria di Romania. Il mio diario di guerra, tradotti dall’inglese dal giornalista e scrittore Mario Borsa e pubblicati rispettivamente nel 1936 e 1838 dalla casa editrice Mondadori.
Autonomamente, mi sono procurata la versione originale inglese, anch’essa costituita da due volumi, intitolati Marie, The Queen of Roumania. The Story of My Life e Marie, The Queen of Roumania. Ordeal; The Story of My Life e pubblicati contemporaneamente a Londra e New York negli anni 1934 e 1936.
Inizialmente, mi sono occupata del primo volume. Ne ho svolto la lettura prima in versione italiana, poi in versione originale inglese. In seguito, ne ho effettuato la revisione prima inter-linguistica, poi intra-linguistica.
Successivamente, mi sono concentrata sul secondo volume, seguendo il medesimo procedimento.
La revisione inter-linguistica è consistita nel confronto tra originale e traduzione per verificare la corrispondenza tra i due testi in termini di contenuto e senso. I principali interventi sono stati l’integrazione di passaggi mancanti od omessi e la riformulazione di passaggi resi in maniera parzialmente inesatta, nonché la verifica delle citazioni in altre lingue (es. tedesco e francese) e della loro traduzione in italiano, se presente.
La revisione intra-linguistica è consistita, invece, nell’adattamento della traduzione, ovvero in un intervento formale e stilistico finalizzato a rendere la lingua italiana più attuale, scorrevole e spontanea. In questo caso, i principali interventi hanno coinvolto vari elementi.
Ho sostituito le strutture linguistiche/grammaticali e le espressioni idiomatiche obsolete o arcaiche con quelle correnti. Ho verificato e attualizzato il lessico e la terminologia afferenti ai settori militare/politico, religioso, culinario, tessile/della moda, botanico, sociologico e culturale. Il caso più interessante è rappresentato dal termine «razza», oggi molto controverso e dibattuto: quando possibile, a seconda dei casi, l’ho sostituito con «cultura», «popolo», «etnia»; in caso contrario, l’ho lasciato intatto ponendolo tra virgolette.
Secondo l’usanza del tempo, quasi tutti gli antroponimi erano tradotti in italiano. Ho lasciato in italiano solo i nomi propri di regnanti o nobili, laddove attestati, e riportato in originale i nomi propri di altri personaggi e persone comuni, adottandone la traslitterazione corrente.
Una volta ultimate le revisioni di entrambi i volumi, ho svolto una rilettura generale al fine di armonizzare il testo completo.
L’intero processo si è svolto nell’arco di circa due anni, senza tuttavia occuparli interamente.
Nell’ottobre del 2022, si è così giunti alla nuova versione in lingua italiana, costituita da un unico volume di 900 pagine, diviso in cinque parti: «Infanzia»; «Giovinezza»; «Inizio del matrimonio»; «1906-1914»; «Gli anni della guerra».
Entrando nel vivo del volume, da quanto apprendiamo dall’introduzione, la regina Maria ha scritto la storia della sua vita non come un diario, ma come opera memorialistica dopo la scomparsa del suo consorte re Ferdinando I. Come valuti l’importanza di quest’opera riproposta oggi in lingua italiana, a distanza di quasi un secolo?
Per rispondere a questa domanda mi permetto di ritracciare alcune riflessioni sulla memorialistica che ho esposto in occasione di un seminario che ho svolto nel novembre del 2022, appena uscito il libro. Nell’ambito del ciclo di eventi Diritto di dialogo: poesia, traduzione e diritti umani in ricordo di Gabriella Valera Gruber, organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Trieste e dal Centro Internazionale di Studi e Documentazione per la Cultura Giovanile (iSDC) – di cui faccio parte –, si è svolto il Workshop S-Tradurre: ciò che la lingua non può e la traduzione deve. All’interno di quest’ultimo, avente come fil rouge la nostalgia, ho condotto l’intervento intitolato (Ri)tradurre la memorialistica. «La storia della mia vita» di Maria di Romania.
Alla luce della mia esperienza di revisione del diario, ho formulato alcune considerazioni che qui sintetizzo. Come risaputo, la memorialistica è la letteratura della memoria e dei ricordi, della storia individuale o collettiva, è la scrittura della testimonianza, della conservazione e della nostalgia. La storia della mia vita ne è un esempio straordinario per l’attenta osservazione e la spiccata sensibilità nel ritrarre fatti, ambienti e personaggi. Tradurre è una pratica indispensabile al fine di conservare e tramandare un’opera in altre lingue e culture. Ritradurre significa, pertanto, tradurre un’opera nel tempo, con un’ottica di continuità, mediante la revisione e l’adattamento di una traduzione precedente o per mezzo di una nuova traduzione. Alla base della ritraduzione vi sta proprio la conservazione e la nostalgia verso l’opera e la sua traduzione.
In ultima istanza, ritradurre la memorialistica è un atto estremo, ultimo, per così dire «all’ennesima potenza», DI e SULLA conservazione, nostalgia; è un’opera avente, dunque, la conservazione e la nostalgia come tema e oggetto, oltre che come fine.
La Regina Maria rievoca i dolci ricordi della fanciullezza, in particolare i momenti trascorsi presso la residenza natale a Eastwell e la casetta delle vacanze a Osborne, nonché i soggiorni estivi a Malta. Inoltre descrive con grande pathos lo scorrere del tempo, ma specialmente la separazione da persone e luoghi amati e l’incertezza verso il nuovo e l’ignoto. Tutti questi istanti sono pervasi da un profondo e inguaribile senso di anelito e nostalgia, che lei spesso definisce in tedesco Sehnsucht e che in romeno si chiama dor.
Cito il passaggio in cui, a soli diciassette anni, Maria deve lasciare la madre e l’Inghilterra per recarsi nella lontana Romania con il neosposo Ferdinando:
«Per mesi e mesi, sola e triste in un lontano Paese, la visione del volto materno bagnato di lacrime mi ritornò alla memoria, riempiendomi di un tal dolore e di una tale ‘Sehnsucht’ (nostalgia) che dovevo celare la bocca nel guanciale per non gridare il mio dolore e il mio desiderio: ‘Mamma... Mamma...’. I battiti del nostro cuore angosciato non possono arrestare il corso del tempo. Venne l’ora della separazione; bisognava affrontarla. Io però non me ne andavo affatto sola, senza qualcuno che avesse fatto parte dei giorni della mia infanzia.» (p. 186)
Pensi che la storia della regina Maria possa trasmettere qualcosa ai giovani lettori di oggi?
Al di là degli aspetti storici, quest’opera è ancora attuale e trasmette valori universali e senza tempo. Basti pensare alla solidarietà, al coraggio, alla dedizione, all’affetto familiare e amicale, all’amore per il popolo e la patria. Inoltre, grazie alle sue spiccate doti umane e diplomatiche, la regina Maria può essere considerata un valido esempio di persona e donna generosa e determinata, ancor prima che abile sovrana.
Credo che La storia della mia vita sia molto interessante specialmente per i giovani romeni di seconda generazione che desiderano conoscere e recuperare la propria storia. Il fatto che il testo non sia un pedante e rigoroso manuale di storia, bensì un diario, un’opera memorialistica, che a tratti somiglia quasi a un romanzo, contenente riflessioni personali, aneddoti, confessioni e lettere, lo rende certamente più piacevole, accattivante e «prossimo» al lettore.
Inoltre l’opera può essere uno strumento utile anche per il pubblico italiano che conosce solo parzialmente la storia del popolo romeno e in particolare il suo periodo monarchico.
Raccontaci due aspetti della regina Maria o degli eventi che l’hanno coinvolta, che ti sono particolarmente rimasti nel cuore mentre hai letto La storia della mia vita.
Mi sono parsi particolarmente emozionanti i passaggi in cui la regina Maria ha descritto le sue quotidiane ispezioni presso ospedali e accampamenti dove, indossando l’uniforme bianca da infermiera, visitava, consolava e assisteva i numerosi feriti e malati – soldati, orfani e poveri –, che la chiamavano affettuosamente «Mamma Regina».
Ricordiamo che, durante la Seconda guerra balcanica (1913), la regina Maria ha allestito un accampamento per aiutare i soldati romeni colpiti dall’epidemia di colera. Dopo l’ingresso della Romania nella Prima guerra mondiale, ha organizzato ospedali militari da campo per curare i soldati feriti al fronte e quelli affetti da tifo. Inoltre, ha creato un servizio di ambulanze e coordinato la collaborazione con la Croce Rossa. Per il suo impegno in prima linea, il popolo la acclamava «Regina Soldat»(Regina Soldato) e «Mama Răniților» (Madre dei Feriti).
Un altro momento molto toccante, forse il più straziante, è quello della perdita dell’adorato Mircea, l’ultimo dei suoi sei figli, morto a soli tre anni a causa della febbre tifoide, proprio nel Giorno dei defunti dell’anno 1916. Al tragico evento la regina Maria ha dedicato l’intero Capitolo VII «Perdo Mircea» della Parte Quinta «Gli anni della guerra», che si conclude così: «Solo il silenzio può farmi sopportare questo immenso dolore. La chiesa era piena di crisantemi bianchi e di ceri accesi. Molta gente s’affollava intorno a me, ma io non riconoscevo nessuno. La piccola bara, che avevo ravvolto in una vecchia pezza di broccato rosso e oro, fu calata sotto le pietre della chiesa. M’inginocchiai davanti a quel vano oscuro. Ogni cosa era morta in me e quando uscii di nuovo nella luce del sole mi parve d’essere uno spirito e che tutti i volti intorno a me fossero di spiriti! Il mondo intero era morto...». (p. 516)
A cura di Irina Niculescu
(n. 7-8, luglio-agosto 2023, anno XIII)
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