Silvia Manciati: «L’unità di fondo per Calvino è Calvino stesso» «Quasi una capacità camaleontica, spesso profetica e anticipatrice sui tempi e le correnti».
Certamente. Calvino è senz’altro noto per la sua versatilità, che si traduce in una grande varietà stilistica, in un’esplorazione ampia di tematiche e generi letterari, sempre a contatto – anche quando sembra distante – con i profondi cambiamenti sociali e politici della realtà che ha vissuto. Quasi una capacità camaleontica, spesso profetica e anticipatrice sui tempi e le correnti. Io credo che l’unità di fondo sia da rintracciare in una profonda coerenza con sé stesso, con la sua creatività singolare e militante. In altre parole: l’unità di fondo per Calvino è Calvino stesso e la sua capacità di leggere la realtà, andando oltre, far confluire la sua riflessione intellettuale e artistica nella forma più appropriata, attraverso una prospettiva di visione unica e singolare. Un po’ come Cosimo ne Il barone rampante, che guarda il mondo dagli alberi. Così Calvino trova una sua coerenza e fedeltà proprio in questo «camaleontico» modus operandi, in questa prospettiva originale dalla quale legge e interpreta la realtà.
Dal momento che i miei interessi di ricerca hanno sempre riguardato il teatro, anche per Calvino la mia attenzione è andata alla sua capacità di «scrivere per immagini» e dunque alla dimensione orale e scenica della sua opera. Oltre ad aver scritto per il teatro (e mi riferisco, dunque, all’attività drammaturgica e librettistica), Calvino ha scritto per la radio e per la TV. È un ambito ritenuto da alcuni secondario, ma che io ritengo centrale per inquadrare l’interdisciplinarietà e la poliedricità di Calvino. Mi sono concentrata, dunque, sull’attività che lega nell’officina dello scrittore narrativa, teatro, radio, musica.
Dicevamo di come Calvino abbia avuto la capacità di indagare la realtà da un’altra prospettiva, leggendo anche quegli spazi «invisibili» (per citare una parola cara all’autore) che nascondono la complessità del mondo e della vita umana. Il fantastico è una delle porte d’ingresso verso questi mondi invisibili e sconosciuti, seppur originati dalla realtà, che la letteratura è in grado di creare. È la conferma del potere della parola di generare visioni, di creare una nuova e diversa realtà. Di scoperchiare il «non detto» dell’inconscio individuale e collettivo. È proprio in questa chiave di accesso che il fantastico calviniano dialoga con il contemporaneo.
La potenza della sua immaginazione, che genera tanto parole quanto visioni, e che si riflette sia nella narrativa che nella sua riflessione intellettuale. Le Lezioniamericane continuano a stimolare e pungolare l’attualità e a spingere oltre le riflessioni, così come i personaggi della sua narrativa continuano a «reincarnarsi», ogni volta nuovi, e Se una notte d’inverno un viaggiatore a stupirci per la sua sperimentazione metaletteraria. Il lascito è aver creato non solo delle opere, ma un immaginario unitario, come solo i grandi autori sanno fare.
La sfida più ardua resta a mio avviso quella che ogni epoca deve affrontare: ossia saper mantenere un dialogo vivo con il contemporaneo. Nella nostra società globalizzata tra le sfide c’è senz’altro quella di comprendere e analizzare la diversità (sia essa culturale, di genere, di provenienza, di lingua) con gli opportuni approcci critici. Basti pensare, in tal senso, alla discussione nata in ambito critico sullo stesso termine di «letteratura italiana» in una società multiculturale, plurilinguistica, globale (chi scrive la letteratura italiana, oggi?).
Come qualsiasi forma, per dirla con Pirandello, muore nel momento in cui si cristallizza. Anche in questo caso la sfida è quella di dialogare con il contemporaneo e i suoi strumenti per mantenere “viva” la sua fondamentale funzione. Senz’altro il dialogo con il contemporaneo porta a una necessaria trasformazione in termini di ricezione, accessibilità, versatilità, dall’open acces alla considerazione della più ampia comunità, oltre a quella scientifica.
Credo che sia florida e piena di validissimi esempi, non so dirle se più o meno di altre epoche storiche. Il problema, infatti, è da ricercare più in generale nella sottorappresentazione e marginalizzazione delle donne. A fronte di secoli di storie taciute, di profili oscurati, di pagine tenute nascoste o uscite sotto pseudonimo, ma anche di ambienti culturali in cui è normale parlare e pensare solo al maschile, e di storie della letteratura (e non solo) scritte da uomini... dovremmo poter avere a disposizione una storia «vera», che ci dia la possibilità di contestualizzare correttamente questa meravigliosa presenza femminile al Premio Strega 2023. Questa edizione è stata davvero incoraggiante, sia per i risultati letterari, sia per questo risultato: ci si auspica che la presenza femminile negli spazi culturali, come i Festival, cresca sempre di più.
A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone |