L'antica arte veneziana del «remèr». Dialogo con Saverio Pastor Venezia non ha solo una laguna tutta sua e un labirinto di rii e rieli che sboccano nei suoi quattro canali, ma anche un modo tutto suo di vogare. Si chiama voga alla veneziana o voga da gondola e, come viene spiegato nel Dizionario Treccani, «è attuata generalmente da un solo vogatore che si tiene a poppa estrema in piedi, con la faccia rivolta a prua, e impiega un unico remo, appoggiandolo a una speciale scalmiera detta fòrcola (posta, in questo caso, sulla destra dell’imbarcazione), non solo per fare avanzare il natante ma anche per dirigerlo, servendosi a mo’ di timone della pala stessa del remo: è la voga caratteristica di tutte le imbarcazioni lagunari venete, in particolare delle gondole, utile soprattutto per muoversi negli stretti canali dell’abitato di Venezia». Si va a velocità ridotta sulle strade strette di acque e andare in gondola, che ospita un massimo di sei persone più il gondoliere, è un modo ideale di visitare la Città lagunare. Più antichi mestieri concorrono alla realizzazione della gondola. Tra questi, il remèr, l'artigiano e allo stesso tempo l'operaio che sculta i remi e le fòrcole. Mestiere difficile, per eccellenza maschile, una volta tramandato da padre in figlio, che richiede maestria e molta attenzione ai dettagli, in quanto la fòrcola ha uno scopo ben preciso, garantire, assieme al remo, libertà di movimento al gondoliere.
Qual è il ruolo degli artigiani membri dell'Associazione El Fèlze nel successo delle Regate a Venezia?
Purtroppo il nostro ruolo spesso non viene apprezzato per l’importanza che invece ha: costruiamo le barche e anche le fòrcole e i remi; queste sono fatte su misura per i singoli regatanti concordando con loro le caratteristiche. Le quattro Botteghe dei Remèr di Venezia fanno parte della squadra di artigiani che sta restaurando «la gondola detta Dogaressa, parte della ‘muta’ di barche da parata del Comune di Venezia: nel corteo della Regata storica, assieme al gruppo di bissone e alle colorate gondole da regata addobbate per l’occasione, sfila trasportando il figurante che impersona il Doge; un esemplare unico, una particolare ʽlimousine’ per accompagnare personaggi importanti in visita a Venezia». In che fase di restauro è la Dogaressa? Tutti i mestieri e quasi tutte le botteghe di El Fèlze hanno contribuito a una prima fase di restauro della Dogaressa. Uno squerariòl ha sostituito alcuni pezzi dello scheletro, noi, i quattro remèri, abbiamo fatto le quattro fòrcole, gli intagliatori hanno fornito dei pezzi scolpiti e restaurato altri, i doratori hanno dorato il ferro da prua con foglia d’oro vero realizzata a mano dai nostri doradori, la tessitoria Bevilacqua ha fornito un damasco con cui i tappezzieri hanno fatto cuscini e altro.
Sono le stesse che faccio per chi voga, solo che le metto su una base e non in barca. On line si possono acquistare soprattutto modelli in scala ridotta: tra i 100 e i 200 euro (tra i 25 e i 45cm). Le fòrcole vere (ordinabili eventualmente anche via mail) costano tra i 200 e i 1700 euro, a seconda del modello che può andare dai 45 ai 100 cm. Tutti gli ospiti che visitano Venezia rimangono stupiti che oggi solo cinque Maestri Remèr costruiscono ancora fòrcole e remi. Le vostre Botteghe sono invece quattro: Paolo Brandolisio per Succesori Carli, Franco Furlanetto per la bottega che porta il suo nome, Piero Dri per Il Forcolaio Matto, e lei e il suo allievo Pietro per Le Fòrcole. Quali sono i progetti per la protezione dell'artigianato e dei remèr? Per il 2021 si spera di superare la crisi covid. Poi ci auguriamo che le convenzioni UNESCO sul Patrimonio Immateriale e la Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa sulle Comunità Patrimoniali riescano a far concentrare l’attenzione sui nostri mestieri. Anche la nuova legge Regionale 34/18 sull’artigianato potrebbe migliorare la situazione (se opportunamente finanziato, il Comune dovrebbe fare in modo che si ripopoli la città e che si riportino in acqua i cittadini, ma non sembra siano queste le priorità). In fine, ma non per ultimo: perché ha scelto di far il remèr, chi sono stati i suoi maestri? Da ragazzo, portavo ad aggiustare i remi dall’ultimo remèr, Bepi Carli. Si lamentava di non aver apprendisti e di dover lavorare con un anziano maestro come lui: Gino Fossetta. Gli ho chiesto se voleva che andassi io, senza salario, per mio interesse. Mi ha detto che ero troppo vecchio per imparare (non avevo ancora 17 anni), anche perché studiavo e non ero figlio di remèri. Mi ha salutato dicendo che avrei potuto andare a guardare, se volevo; io sono andato tutti i giorni per otto ore; dopo un mese mi ha fatto spazzare la bottega e così ho iniziato l’apprendistato. Per anni ha detto che non avrei mai imparato; forse aveva ragione, visto che dopo 45 anni ho ancora un sacco di cose da imparare. Il cuore è rimasto in quella bottega magica: era una bottega medievale, dove si facevano cose antiche, si usava un linguaggio antico e si incontravano persone che sembravano arrivare dalla storia. A quei due maestri, Bepi per le fòrcole e Gino per i remi, devo comunque la mia gratitudine.
A cura di Ioana Eliad |