Intervista all’artista Salvatore Ravo, a cura di Maurizio Vitiello

Salvatore Ravo è nato a Casalnuovo di Napoli nel 1959. Ha esordito come pittore e disegnatore tessile giovanissimo, realizzando una prima mostra a Napoli all’età di diciassette anni e maturando esperienze lavorative sui disegni ecclesiastici del Settecento.
Dalla fine degli anni Settanta ha vissuto ed esposto in diversi Paesi del mondo: Spagna, Inghilterra, Belgio, Scozia, Cuba, Polonia, Portogallo.
Negli ultimi anni, ha scelto di fare della città di Orvieto la sua residenza.
Ha vinto borse di studio per soggiorni in India, Spagna e Inghilterra.
Invitato a diverse rassegne internazionali, le sue opere sono accolte in musei e collezioni pubbliche e private di varie nazioni.
Ha collaborato con diverse rassegne jazz: con il «Time in Jazz» di Berchidda, Sardegna, insieme a Paolo Fresu, artista per il quale ha firmato anche alcune copertine di album; e, per dieci anni consecutivi, con il «Pomigliano Jazz Festival», partecipando a concerti live di jazzisti con la realizzazione di opere in progress.
Ha lavorato a scenografie teatrali, curato mostre internazionali e tenuto seminari sul colore in diverse scuole d’Italia, Inghilterra, Cuba e Spagna.
In anni recenti ha arricchito la sua espressione artistica utilizzando linguaggi quali la fotografia, le installazioni, la scultura.
Ha realizzato i manifesti di «Umbria Jazz Winter 21- 29» a Orvieto.
Ha collaborato con Laura Ricci alla pubblicazione del libro In viaggio. Grani di saudade – Travelling. Beads of saudade, pubblicato nel 2015 per le edizioni La Vita Felice (Milano).
È presidente dell’Associazione Aìtia, che si occupa di progetti culturali e di promozione sociale, tra cui la redazione e la pubblicazione della rivista letteraria illustrata Mastro Pulce.
Le sue ultime realizzazioni sono:
• Le porte del futuro, progetto decorativo presso l’Istituto «Ugo Foscolo» di Roma (2014–2015);
• L’installazione Colore e forma, viaggio attraverso i sensi, presso IKE Gniezno, Università di Poznań, Polonia (2015);
• Il colore fuori e dentro, che dal 2015 al 2023 ha portato alla realizzazione di 3000 metri quadrati di murales della Casa di reclusione di Orvieto, con la partecipazione di gruppi di detenuti per i quali l’artista tiene seminari di formazione;
• L’albero che suona, murale realizzato, al suono della musica di Arturo Annecchino, sulla parete esterna della Scuola dell’Infanzia «A. Ciatti» di Amelia. Ha, inoltre, realizzato murales all’interno di abitazioni e di studi medici privati.


Puoi segnalare, in dettaglio, tutto il tuo percorso di studi?

La formazione all’Istituto «L. Da Vinci» di Napoli è stata esperienza formativa fondamentale: la specializzazione in Disegno Tessile è stato il primo passo nell’individuazione di forme indefinite che prendono vita secondo la sensibilità dell’utilizzatore. Le borse di studio hanno contribuito ad affinare la sensibilità artistica: Comune di Mojacar, Spagna, 1993¸The Delfina Studios Trust, Londra, 1994; Kanoria Centre for Arts, Amhedabad, India, 1995. 

Puoi definire e sintetizzare i desideri iniziali?

L’avvio del mio percorso artistico individuale, concepito come professione di un giovane poco più che ventenne, ambiva ad arricchire la professionalità tecnica, affiancata a un modo personale di concepire la pittura, sempre più interessandomi al colore più che alla forma, come fusione auspicata della sensibilità mia e del fruitore dell’opera. La ricerca della funzione del colore, quale espresso dalla natura, è stato, fin dagli inizi della mia carriera il tema centrale: non dare una forma definita a persone ed elementi naturali, ma suggerire l’emozione che da essi viene.

Puoi segnalare i sentieri operativi che avevi intenzione di seguire e quelli, effettivamente, seguiti?

Al termine del percorso scolastico non avevo alcuna idea di sentieri da seguire, ma essi si sono concretizzati durante lo svolgersi della vita e alcuni incontri fondamentali tra cui quello con Paolo Ricci, che ha fatto da mentore, presentando anche la mia prima mostra a Napoli. Era il 1983.

Quando è iniziata la voglia di affrontare l’ambiente artistico e quando la voglia di «produrre arte»?

Lo studio artistico ha scaraventato me, provinciale, in un mondo in frenetico movimento, ricco di stimoli umani e culturali su cui si affacciavano anche miei colleghi, che, passato un momento d’euforia, ritornavano nei ranghi adattandosi a un lavoro qualunque. La mia fu una ribellione cosciente: feci la scelta di vivere col lavoro d’artista. E gli inizi non furono facili, ma l’energia interiore era elevatissima: il desiderio di conoscere e comunicare le mie sensibilità ebbero il sopravvento. Avevo poco più di vent’anni.

Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto?

Non esistono artisti arroccati nella loro presunzione: è fondamentale il rapporto con altre sensibilità. Da questo punto di vista sono rimasto molto legato ad artisti spagnoli, visto il mio trasferimento a Madrid negli anni Ottanta.

Con loro hai operato, eventualmente «a quattro mani»?

Non ho mai prodotto lavori «a quattro mani», pur collaborando intensamente con altri artisti, come racconta la fondazione del «Gruppo Virus» a Napoli nel 1986 con Giancarlo Savino, Giulio Ceraldi, Consuelo Chierici e Dino Izzo.

Quali piste e tracce di maestri hai seguito?

Certamente i grandi maestri lasciano sempre tracce in ogni artista; mi piace ricordare nomi straordinari come Piero della Francesca, Caravaggio, Matisse, Mirò, Gauguin, maestri che hanno inciso sulla trasmissione della forma attraverso luce e colore.

Quali sono le tue personali da ricordare?

Dal 1983 al 2022 ho fatto più di trenta mostre personali. Annoierei il lettore se le elencassi tutte, ma mi piace ricordare, oltre all’ultima, 2022, presso il Museo Faina di Orvieto, quelle presso l’Università di Poznań, sede di Gniezno, (Polonia) 2015, Cracovia 2010, Santander 2009, Lisbona 2007, Edimburgo 2004, Napoli 2003, Bruxelles 2000, Habana, Cuba 1999, Ercolano 1997, Madrid 1991, Firenze 1989.

Puoi specificare a quali collettive e rassegne importanti hai partecipato?

Sono sempre lieto di partecipare a mostre collettive, poiché consentono colloqui e incontri che innervano il mio lavoro. Eccone alcune per me significative: Roma 2021 (Fondazione Bresso), Museo Archeologico Santa Maria Capua Vetere 2010, Napoli (Mostra d’Oltremare) 2001, Napoli (Castel dell’Ovo) 1997, Universidad de Cantabria 1997, Sète, Francia (Festival d’art actuel) 1987, Barcellona (premio internazionale di disegno Joan Mirò), 1981.

Puoi definire i temi che hai trattato? Ma dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché?

La ricerca del colore è il tema fondamentale del mio percorso artistico: non per definire forme, ma per suscitare emozioni, magari lievi come quelle del risveglio da un sogno. Il mio mondo pittorico è l’interiorità delle persone: raramente ho dipinto volti, quasi sempre ho delineato un sentimento, comune all’umanità tutta, simboleggiato da forme mai perfettamente e geometricamente definite. Quello che racconto è il mondo interiore della Persona.

L’Europa è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? La «vetrina ombelicale» londinese, romana e quella milanese cosa offrono adesso?

Le grandi capitali dell’arte sono, purtroppo, legate al commercio delle opere d’arte, sicché queste sono divenute una merce, di là dalla funzione che un artista ha voluto dare al suo lavoro, un poco come le aste d’arte che alcune TV private trasmettono di continuo: lì l’artista è morto, esistendo solo il suo valore venale. Ovviamente, ho piacere di sapere che miei lavori sono presso collezionisti, Istituzioni culturali e Musei in diversi Paesi: Spagna, Cuba, Regno Unito, Italia.

Pensi di avere una visibilità congrua?

Il lavoro che svolgo, anche come formatore nei seminari che tengo a richiesta di varie Istituzioni e il contributo a carattere sociale che svolgo, mi consentono una continuità di rapporti che contribuiscono a fare conoscere le mie opere e a distinguermi nell’offerta enorme di opere d’arte dei nostri giorni.

Quanti «addetti ai lavori» ti seguono come artista?

Non so cosa s’intenda per «addetti ai lavori», ma la mia presenza è sempre il frutto di riflessioni comuni, in cui non impongo mai le mie opere, ma esprimo il sentire che maturo in talune situazioni: viaggi, musica, colori ed emozioni sono il mio bagaglio; se è affine a quello degli interlocutori s’instaura un comune percorso nuovo. E ciò mi soddisfa.  

Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro?

Affiancherò alla mia attuale produzione le iniziative a carattere sociale come quella che ho condotto nel Carcere di Orvieto per sollecitare chi è privo di libertà a cercarla nell’arte, mettendo a nudo una passione che, forse non era mai salita a galla, trasferendola nella quotidianità di uomini liberi, anche non dipingendo quadri. Intendo sedimentare anche la numerosa produzione di copertine di libri, etichette di vini, dischi e altre opere grafiche che nel corso degli anni ho prodotto.

Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? Quanti, secondo te, riescono a saper «leggere» l’arte contemporanea e a districarsi tra le «mistificazioni» e le «provocazioni»?

L’offerta di opere d’arte è più che abbondante ai nostri giorni, ed è molto difficile districarsi nelle sensibilità di artisti o sedicenti tali. Ciascuno propone ciò che vuole, ma è l’incontro tra le sensibilità dell’artista e quella del fruitore che supera ogni mistificazione o provocazione. Tutto il resto è solo commercio, in tutte le forme possibili, e, col tempo non ne resta nulla.

I «social» t’appoggiano, ne fai uso?

I social sono uno strumento di comunicazione indispensabile ai nostri giorni, se utilizzati con intelligenza e senza secondi fini. Personalmente espongo senza remore la mia produzione e le mie riflessioni poiché non inganno nessuno, ma noto l’accoglienza delle mie mostre o performances e ne sono lusingato. Ovviamente, non darò mai un soldo per fare raccontare di me cose non vere solo per farmi pubblicità.

Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, gallerista, art-promoter per metter su una mostra?

Non ambisco a collaborare con persone con cui non ho affinità: l’incontro con galleristi, artisti, critici d’arte avviene per me su un piano di perfetta parità, come è sempre capitato durante il mio percorso artistico.

Hai mai pensato di metter su una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione?

La domanda non ha risposta facile, in quanto si ingenerano spesso gelosie immotivate. Posso solo dire, per quanto mi riguarda, di essere stato fra i fondatori della rivista «Mastro Pulce» che per alcuni anni si è pubblicata a Orvieto e ha visto la collaborazione di diversi miei colleghi che hanno dato il loro contributo nell’illustrazione di racconti brevi scritti da autori professionisti e non. La rivista ha avuto accoglienza internazionale, come è stata la partecipazione di artisti e scrittori.

Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi diversi impegni?

Le sollecitazioni e le offerte che costituiscono l’offerta artistica sono tante, forse troppe e magari non di qualità. Le mie proposte non sono mai casuali ed hanno sempre locazione di alto impatto emotivo, e ricordo, ad esempio, il Museo Farina di Orvieto o il Castel dell’Ovo di Napoli: il connubio di opere d’arte e luoghi d’esposizione sono l’unico modo per sollecitare le emozioni, senza le quali il mio lavoro non avrebbe senso.

Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari?

La risposta è sì, senza nessuna esitazione, adottando il metodo del lavoro insieme, nelle riflessioni e nell’esecuzione, perché si arrivi alla scoperta della bellezza.

Prossime mosse a Napoli, Roma, Londra, Parigi, New York ...?

Non è facile per nessuno trovare la disponibilità di luoghi per l’esposizione di dipinti. Se si sviluppa adeguata sinergia, mi auguro di potere esporre una mostra a Napoli in un futuro non lontano …

Che futuro prevedi nell’immediato post-Covid-19 e nel post-conflitto Russia-Ucraina?

Auspico sempre la pace, senza la quale le coscienze non sono tranquille, tanto da non potere apprezzare il lavoro degli artisti, tutti gli artisti. Tutto il resto è distruzione.



Salvatore Ravo, La luce del suono, tecnica mista su tavola,
manifesto della 29a edizione di Umbria Jazz Winter a Orvieto, 2022




Salvatore Ravo, Andante Vespertino, acrilico-carta su tavola, cm. 58x42, 2018




Salvatore Ravo, Tramonto, olio su tela, cm 110x70, 1991




Salvatore Ravo, Composizione Musica del silenzio, tecnica mista su tavola, cm 120x80, 2010



Salvatore Ravo, L'albero che suona, murale realizzato sulla parete della scuola A. Ciatti di Amelia, 2017




Salvatorfe Ravo, Scultura esterna Sancti Francisci, Bagnoregio, ferro, vernice, mosaico, 2017




Salvatore Ravo, Anima di vento, acrilico su carta, cm. 50x70, 2019




Mostra Oriente Occidente di Salvatore Ravo. Omaggio a Pasolini al Museo Faina Orvieto


A cura di Maurizio Vitiello
(n. 4, aprile 2023, anno XIII)