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Con Rosanna Morabito, uno sguardo verso le lingue e le culture slave
La storia culturale degli slavi è stata caratterizzata da forze centrifughe che hanno condotto alla costituzione del più copioso numero di popoli che un’etnia europea abbia mai originato: Polacchi, Cechi e Slovacchi, Russi, Ucraini e Bielorussi, Croati, Serbi, Macedoni, Sloveni e Bulgari.
Storia, culture e lingue affascinanti, la cui conoscenza contribuisce a divulgare con empatia e professionalità la professoressa Rosanna Morabito, docente di Lingua e Letteratura serbo-croata all’Università Orientale di Napoli, votata a volgere una funzione di ponte tra Paesi apparentemente distanti ma che hanno davvero molto da raccontarsi.
Nelle società contemporanee, così cariche di dissidi e di antagonismi, ci appare impellente riflettere sul rispetto dell’alterità, ci sembra indifferibile richiamare al dialogo e al confronto. Lo studio della letteratura può costituire un apporto efficace allo sviluppo di una società libera e coesa, capace di oltrepassare qualsivoglia estremismo, di superare stereotipi e pregiudizi, di battere ignoranza e cinismo, di sconfiggere faziosità ed astio. Naturalmente, il dialogo tra culture non misconosce le reali differenze ma si offre quale invito a consolidare quel sentimento d’amicizia tra le genti che non disgiunge né ingarbuglia.
La docenza della professoressa Morabito ci induce a considerare che la presenza sincrona di culture diverse deve rappresentare un’ingente dote, laddove l’incontro tra diverse culture viene interpretato come sorgente di vicendevole arricchimento.
Professoressa Morabito, lei è slavista per formazione culturale. Quali sono stati gli eventi, gli incontri, dettati dal caso fortuito o da scelte consapevoli, che hanno influito significativamente rispetto alla decisione di approfondire la cultura slava fino a renderla una docente di letteratura serbo-croata?
Anzitutto desidero ringraziarla per avermi proposto questa intervista. Quanto alla mia scelta, ricordo di aver iniziato, come molti di noi slavisti, spinta dall’interesse per la letteratura russa e strada facendo di essermi innamorata della lingua e delle culture di serbi e croati.
Gettando uno sguardo sull’orizzonte d’interesse per l’apprendimento delle lingue slave in Italia, ritiene che l’attrattiva ricada su una in particolare e quali sono le principali motivazioni espresse dagli studenti a cui offre l’insegnamento?
Ancora oggi il russo attrae la maggior parte degli studenti ma, purtroppo, a differenza del passato, si è persa la consuetudine di scegliere sempre anche un’altra lingua slava, cosa che rendeva il percorso formativo più completo e apriva nuovi orizzonti culturali e altre possibilità. Gli studenti di serbocroato sono per lo più spinti dall’interesse per l’area balcanica, molti conoscono la musica o il cinema di quelle regioni, non di rado sono stati o desiderano andare a visitare l’altra sponda dell’Adriatico, che è peraltro il più lungo confine italiano.
I madrelingua italiani nell’apprendimento di una lingua slava, volendo creare un confronto rispetto all’apprendimento di altri idiomi, quali tipi di difficoltà devono affrontare?
Le lingue slave non sono comunemente studiate a scuola e ciò significa dover iniziare all’università dall’alfabeto. Ciò, però, non significa che le lingue slave comportino difficoltà particolari, ogni lingua nuova presenta delle difficoltà. Per noi queste possono essere rappresentate all’inizio dalle declinazioni, conservate dalla maggior parte delle nostre lingue, ma gli studenti le assimilano con la pratica come ogni altro elemento linguistico.
Lo studio delle culture slave con la loro prolifica e interessante produzione letteraria ha mutato il suo sentire verso la Letteratura, qual è generalmente intesa?
Sono cresciuta studiando queste lingue e queste culture e certamente ciò ha contribuito a formare la mia sensibilità letteraria, oltre che umana in generale.
Il premio Nobel polacco Czesław Miłosz rifletteva circa la capacità intrinseca alla letteratura di opporsi al «pensiero prigioniero». Lei concorda?
Certamente. Tutto ciò che apre il nostro orizzonte mentale contribuisce al nostro percorso verso un pensiero «libero» e la letteratura tanto più, giacché ci trasporta nel tempo e nello spazio, dentro l’Uomo e dentro la Storia dell’Uomo, rivela, disvela e costruisce mondi.
Quali scrittori di questa grande area di riferimento le sono più vicini e per quali ragioni?
Ho iniziato il mio percorso professionale come filologa, quindi concentrandomi sulle letterature antiche della mia area di riferimento, e ancora oggi penso che, malgrado le difficoltà dovute ai differenti sistemi linguistici, culturali e letterari, la storia di quelle letterature e culture sia fondamentale anche per gli studenti per comprendere la modernità. Negli anni poi mi sono occupata anche di alcuni dei principali scrittori del Novecento, da Krleža e Andrić, a Crnjanski, a Selimović. Credo che approfondendo lo studio di un periodo, di un autore, di un’opera, non solo si entri in un altro mondo ma anche si costruisca il proprio, arricchendolo con elementi conoscenza, di sensibilità, di consapevolezza.
Può porre al servizio dei nostri lettori le sue conoscenze e competenze per consigliare la lettura di autori serbi e croati tradotti in italiano?
Fortunatamente oggi ci sono molte traduzioni a disposizione di chi desideri iniziare a conoscere quel mondo così vicino a noi ma ancora troppo poco noto. Per iniziare, io sceglierei, come consiglio sempre ai miei studenti, i grandi del Novecento che, in misura maggiore o minore, sono tradotti, a cominciare dal premio Nobel Ivo Andrić, a Miroslav Krleža, Miloš Crnjanski, Meša Selimović, Danilo Kiš, Borislav Pekić e naturalmente anche altri.
Quali autori contemporanei e/o libri auspicherebbe, invece, che venissero pubblicati in Italia e per quale ragione?
Io non sono specialista delle letterature contemporanee quindi, per non esprimere indicazioni troppo soggettive, ho fatto una rapida inchiesta tra colleghi serbocroatisti e devo dire che le risposte sono state piuttosto convergenti. Per citare solo alcuni nomi: Ranko Marinković, Slobodan Novak, Svetlana Velmar-Janković, Slobodan Selenić, Zoran Ferić, Boris Dežulović… Sono moltissimi i libri da leggere, la letteratura è un luogo straordinario, frequentarlo costantemente migliora la qualità della vita. E bisogna sottolineare che le letterature cosiddette «minori» ne sono imprescindibilmente parte e scoprirle è un’esperienza straordinaria di arricchimento.
Riferendoci all’editoria italiana, quali ostacoli ravvisa nell’indurre gli editori a compiere scelte convergenti verso autori di una lingua cosiddetta «minoritaria» e di che tipo di sostegno ha bisogno l’attività del traduttore?
Oggi ci sono diversi editori disposti a dare voce alle «piccole» letterature, anzi, la piccola editoria svolge un ruolo determinante nella diffusione di opere delle letterature meno note. Più difficile è penetrare nel mondo dei grandi editori. La figura del traduttore letterario è essenziale, è un mestiere difficile e non ben retribuito, spesso svolto essenzialmente per passione e tra molte difficoltà. Credo che la valorizzazione di questa professionalità sarebbe importante, per la essenziale funzione di mediazione culturale che svolge.
A cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin
(n. 1, gennaio 2022, anno XII)
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