Alla scoperta di «Romania Sonora» con l’artista perugino Riccardo Toccacielo Riccardo Toccacielo è esempio di musicista aperto e totale che dalla sua Perugia ha trovato una sua seconda patria sonora d’elezione in Romania. Nato nel 1979, è un artista, insegnante, scultore, attore di teatro, amante del suono e collezionista di dischi in vinile. Ha studiato informatica e da subito ha sviluppato la passione per l’elettronica applicata alle diverse forme di «sound art». Chi è Riccardo Toccacielo e come è avvenuta la scoperta della sua vocazione artistica? Eh, è per lo più quello che ascolta, tutto parte dalla musica e dall’ascolto, e questo, come diceva anche Erik Satie, mi ha «rovinato meravigliosamente la vita». Sì, mi piace molto la musica, ricercarla e collezionarla, mi piace inoltre il vinile come oggetto e ogni tipo di supporto anche antiquato che riproduce suono. Mi interessano la ricerca, lo studio della vita dei compositori, quello che c’è nella musica: il suono, i rumori e i silenzi. La curiosità sonora, questo fermento interno, ha sempre avuto la meglio su tante altre passioni. A che età ha iniziato? Sono cresciuto ascoltando diversi generi musicali, soprattutto quando da piccolo mi ritrovavo con gli amici. La mia fortuna è stata quella che ognuno aveva la passione per un genere musicale diverso, dall’hip hop, all’elettronica, al rock, quindi mi ha sempre affascinato questa diversità musicale e sonora, insieme ascoltavamo i gusti dell’altro. Ecco, di chi si tratta? Ho una buona collezione di vinili, musicassette, 8 tracce e altri supporti, di tutti i generi ma principalmente avanguardia italiana e krautrock tedesco. C’è stato un periodo in cui l’Italia eccelleva in molti settori tra cui quello musicale, e nel mercato era presente una casa discografica che si chiamava Cramps di Gianni Sassi, un genio, che aveva riunito tantissimi artisti che facevano parte della migliore scena tra cui anche Demetrio Stratos che è stato il cantante degli Area per quasi tutta la sua carriera e che da solista ha investigato lo strumento voce, la parola prima della sua musicalità. Il lavoro di Stratos e la sua ricerca mi ha toccato nel profondo così come quello di John Cage e il suo studio sul rapporto tra silenzio, musica e vita. A 27 anni ero così immerso nella ricerca e nella restituzione dei lavori di Cage, che mi sono tatuato sull’avambraccio la partitura «musicale» di «4’33”», il suo lavoro più importante. È stato nell’agosto del ’52 al Woodstock Theater di New York la prima esecuzione pubblica di «4’33”», credo sia stata una serata memorabile. L’Italia, e in particolare Perugia, vanta un buon numero di cultori della musica e ricercatori del settore, qual è la realtà che ha trovato in Romania? Cosa sono «Officina Sonora» e «Romania Sonora» e perché la Romania? «Officina Sonora» nasce qui in Romania dalla volontà di creare un’associazione che si occupasse del suono con tutto ciò che la parola suono porta con sé come significato implicito, l’ascolto, la consapevolezza sonora, i laboratori, il racconto, la voce. Ovviamente tante idee e progetti, il più importante ora è «Romania Sonora», un progetto multidisciplinare che indaga lo stretto rapporto che intercorre tra la memoria sonora e il territorio romeno. Ciò che mi incuriosisce è che ogni luogo ha il suo paesaggio sonoro che è qualcosa prima di tutto soggettivo, esperienziale, quello che ascolti tu quando vai in un posto è diverso da quello che ascolto io, il mio paesaggio sonoro di Bucarest in questo momento è diverso dal tuo. Partendo da questa premessa, ogni paesaggio sonoro ha anche la sua storia, che insieme al territorio cambia con il tempo, mutando o addirittura scomparendo e in questo progetto artistico, multimediale e itinerante abbiamo viaggiato in dieci località della Romania, scelte per il loro valore umano e per la loro originalità, grazie anche al prezioso contributo del professore associato di Antropologia del Dipartimento di Sociologia, Bogdan Iancu, e di Monica Stroe, docente di Antropologia e coordinatrice Erasmus+. In ogni luogo ho scelto dei manufatti (di qualunque forma e composizione) e ho effettuato delle registrazioni del paesaggio sonoro (ambientali e voci). Alla fine di questa esplorazione i manufatti e le registrazioni sonore sono entrati a far parte del processo artistico con il fine di creare le «Sculture Sonore» vere e proprie opere d’arte sonora. Questi dieci lavori, grazie a un sistema di amplificazione, suoneranno il materiale audio preregistrato ed è prevista una mostra finale all’interno (o all’esterno) di uno spazio espositivo. L’obiettivo è quello di creare un archivio della memoria materiale e sonora del territorio romeno. È stato un viaggio magnifico, abbiamo visitato il Delta del Danubio, Târgu Mureș, Gornești, le saline di Turda, Gherla, Cluj-Napoca, Săpânța e il cimitero allegro, il memoriale di Sighetu Marmației, tutte le chiese di legno di Maramures, Bârsana, Poienile Izei, i villaggi sassoni di Saschiz e Viscri e molto altro. Molti di questi luoghi sono patrimonio Unesco, posti bellissimi, un viaggio indimenticabile e un’esperienza unica. Quali sono le opere che ha realizzato con questi materiali e come scaturiscono? La prima scultura sonora che ho realizzato parte dalla visita fatta al «Cimitirul Vesel» (il cimitero allegro) di Săpânța. Avevamo preparato un’ampia documentazione del luogo e casualmente abbiamo pernottato in un posto dove poi abbiamo incontrato Irina, una signora che abita lì da sempre; parlando con lei, ci ha raccontato alcuni aneddoti sulle persone del luogo e sul «cimitero allegro» che dovevamo andare a visitare il giorno dopo. Ci siamo andati insieme e questo incontro è risultato speciale e unico, a dimostrazione di come tutto sia esperienziale e può cambiare il tuo itinerario in un attimo. Le abbiamo chiesto il permesso di registrare alcuni racconti e letture e abbiamo messo da parte tanto materiale audio legato alla sua vita, alle letture delle iscrizioni sulle croci delle tombe del cimitero, tutte raccontate da lei, con la sua voce unica. Allo stesso tempo, mentre eravamo lì, abbiamo reperito un pezzo di legno, materiale nativo di quel posto, appartenente ad una vecchia «biserica», una chiesa, un pezzo molto bello perché appena visto ci sembrava un totem, l’abbiamo portato con noi nel laboratorio di Dumitru Pop Tincu, il discepolo di Stan Ioan Pătraș, il fondatore e artista del «Cimitirul Vesel». A Dimitru abbiamo chiesto un’impronta d’artista sul legno che avevamo trovato e lui ci ha lasciato una sua «pennellata» di blu Săpânța, quel blu unico, realizzato in gran segreto con cui personalmente dipinge ogni singola croce che si trova ora al «Cimitirul Vesel». Sighetu Marmatiei ha una storia molto particolare legata al Memoriale delle vittime del comunismo e a me molto cara in quanto ho avuto modo di approfondirla per la mia tesi di laurea sulla poetessa Ana Blandiana. In cosa consiste questo progetto e come è nato? Non era preventivato, trovandoci a Săpânța siamo andati a visitare il museo, ci siamo documentati ma non abbiamo raccolto alcun materiale sonoro o materiale di alcun genere visitando il memoriale, anche perché da raccogliere c’era solo molto silenzio e contemplazione. L’unica cosa a cui rendere omaggio, nel massimo rispetto, è stata l’idea di rappresentare quel «teatro» dove sono avvenute tutte quelle ingiustizie, ovvero il luogo come memoria sonora. Come ha acquisito questa capacità di creare oggetti sonori da autodidatta? Mio padre era un contadino e un commerciante, da lui ho ripreso molto del lavoro manuale e di come inventarsi o aggiustarsi le cose con poco. Poi ho sempre avuto una grande passione per l’elettronica e appunto poi per la musica, ed ecco fatto, o quasi. Il primo lavoro serio legato agli «oggetti sonori» l’ho realizzato nel 2010 creando una poltrona sonora, dedicata al maestro Erik Satie. Da lì non mi sono più fermato nella ricerca. Il suo è un progetto itinerante. Cosa significa? «Romania sonora» è un progetto itinerante perché nasce così, abbiamo visitato almeno 15 località romene e ci farebbe piacere esporre queste sculture sonore realizzate a Bucarest e farle circolare in altre città per far vivere, attraverso la mostra, alle persone che la vistano, l’esperienza che abbiamo vissuto del paesaggio, del territorio, delle persone e delle impronte sonore e culturali. Il desiderio è poi quello di portare questa esposizione in giro per l’Europa. Dove troviamo le sue sculture sonore in questo momento? Virtualmente su romaniasonora.com oppure su Facebook sotto il nome della nostra associazione «Officina Sonora Bucarest» che si occupa di altri progetti o alla pagina officinasonora.com Da dove vengono i nomi delle sue opere e a quali è particolarmente legato? I nomi provengono dalle località visitate nel caso di «Romania Sonora». Tengo molto alla scultura di Sighet e a quello che sta venendo fuori, mentre del passato tra le tante opere ce n’è una in particolare, «Cadeau», esposta al Museo Civico di Palazzo Penna a Perugia, realizzata per la mostra sul compositore Erik Satie. Tutti gli altri lavori che negli anni ho realizzato hanno sempre preso il nome dall’artista che ho omaggiato o studiato.
A cura di Serafina Pastore |