Alla scoperta di «Romania Sonora» con l’artista perugino Riccardo Toccacielo

Riccardo Toccacielo è esempio di musicista aperto e totale che dalla sua Perugia ha trovato una sua seconda patria sonora d’elezione in Romania. Nato nel 1979, è un artista, insegnante, scultore, attore di teatro, amante del suono e collezionista di dischi in vinile. Ha studiato informatica e da subito ha sviluppato la passione per l’elettronica applicata alle diverse forme di «sound art».
Appassionato del genere musicale «krautrock» e dell’avanguardia italiana ha iniziato a suonare il violoncello nel 2010 e nello stesso anno ha iniziato la formazione teatrale con diversi maestri. È in questo periodo che inizia a studiare la vita e le opere di John Cage ed Erik Satie. Per il centenario della nascita di Cage, nel 2012, porta in scena uno spettacolo teatrale incentrato sulla sua personale idea di suono e silenzio. Nello stesso anno inizia a creare le prime sculture dedicate a Erik Satie. Ascoltando le opere di Demetrio Stratos scopre la passione per lo strumento voce e inizia il suo percorso con il Maestro Bruno De Franceschi che lo porterà nel 2014 a realizzare lo spettacolo «La crudeltà del suono», una performance che unisce l’ispirazione artistica che ha caratterizzato Antonin Artaud, Vladimir Majakovskij e Carmelo Bene.
Nel 2015 studia la figura dell’attore italiano Gian Maria Volonté e continua la formazione attoriale con il regista Mirko Locatelli, con cui gira, come attore, due film, nel 2016 e nel 2017. Il profondo studio delle opere e della vita del compositore Erik Satie lo portano a realizzare e poi esporre dieci opere d’arte interamente a lui dedicate, da dicembre 2016 a gennaio 2017 a Perugia, Trieste e Cortona. Nel 2018 l’opera «Cadeau» è scelta per essere esposta in modo permanente all’interno degli spazi del Museo d’arte contemporanea di Perugia. Sempre nel 2018 intraprende uno studio sul suono visto come patrimonio culturale immateriale e componente essenziale della memoria e del paesaggio. Questo lo porta a scoprire nuove forme di consapevolezza sonora applicate alla quotidianità.
Nell’aprile 2019 si trasferisce a Bucarest e crea l’associazione culturale «Officina Sonora» con lo scopo di promuovere la cultura del suono e la sua consapevolezza attraverso l’arte, il gioco e l’insegnamento. Nel maggio del 2019 scrive il progetto multidisciplinare «Romania Sonora» che ha come obiettivo quello di indagare lo stretto rapporto che intercorre tra la memoria sonora e il territorio romeno attraverso un viaggio in Romania. Da questo progetto, in corso d’opera, sta creando le sculture sonore dedicate ad ogni singolo posto visitato, con lo scopo di creare un archivio della memoria materiale e sonora del territorio romeno.


Chi è Riccardo Toccacielo e come è avvenuta la scoperta della sua vocazione artistica?

Eh, è per lo più quello che ascolta, tutto parte dalla musica e dall’ascolto, e questo, come diceva anche Erik Satie, mi ha «rovinato meravigliosamente la vita». Sì, mi piace molto la musica, ricercarla e collezionarla, mi piace inoltre il vinile come oggetto e ogni tipo di supporto anche antiquato che riproduce suono. Mi interessano la ricerca, lo studio della vita dei compositori, quello che c’è nella musica: il suono, i rumori e i silenzi. La curiosità sonora, questo fermento interno, ha sempre avuto la meglio su tante altre passioni.

A che età ha iniziato?

Sono cresciuto ascoltando diversi generi musicali, soprattutto quando da piccolo mi ritrovavo con gli amici. La mia fortuna è stata quella che ognuno aveva la passione per un genere musicale diverso, dall’hip hop, all’elettronica, al rock, quindi mi ha sempre affascinato questa diversità musicale e sonora, insieme ascoltavamo i gusti dell’altro.
Ho sempre avuto difficoltà a identificarmi con un genere musicale ben preciso, per esempio ho vissuto un periodo in cui andavo a ballare un certo tipo di musica, ma prima di partire facevo iniziare la registrazione alla radio di un dj set live di genere musicale totalmente opposto, questo semplicemente perché mi interessava ascoltare tutto. Con il tempo, appena ho iniziato a guadagnare i primi soldi, ho iniziato a fare sul serio, spendendoli in dischi, libri sulla musica e materiale hi-fi per l’ascolto. Di dischi non ne ho molti, circa tremila, ma la domanda da fare e da farsi è sempre la stessa, non quanti ma quali.

Ecco, di chi si tratta?

Ho una buona collezione di vinili, musicassette, 8 tracce e altri supporti, di tutti i generi ma principalmente avanguardia italiana e krautrock tedesco. C’è stato un periodo in cui l’Italia eccelleva in molti settori tra cui quello musicale, e nel mercato era presente una casa discografica che si chiamava Cramps di Gianni Sassi, un genio, che aveva riunito tantissimi artisti che facevano parte della migliore scena tra cui anche Demetrio Stratos che è stato il cantante degli Area per quasi tutta la sua carriera e che da solista ha investigato lo strumento voce, la parola prima della sua musicalità. Il lavoro di Stratos e la sua ricerca mi ha toccato nel profondo così come quello di John Cage e il suo studio sul rapporto tra silenzio, musica e vita. A 27 anni ero così immerso nella ricerca e nella restituzione dei lavori di Cage, che mi sono tatuato sull’avambraccio la partitura «musicale» di «4’33”», il suo lavoro più importante. È stato nell’agosto del ’52 al Woodstock Theater di New York la prima esecuzione pubblica di «4’33”», credo sia stata una serata memorabile.
David Tudor al piano ha eseguito tutti e tre i movimenti, senza premere un tasto del pianoforte, senza suonare alcuna nota. Tanto che già dal primo movimento le persone avevano iniziato a spazientirsi, a chiedersi quando sarebbe iniziato il concerto, a borbottare, a muoversi, in più pioveva quella sera. E la provocazione, la dimostrazione che il silenzio non esiste ma è solo una condizione mentale, stava tutta lì, nel suo ascolto. Genio.

L’Italia, e in particolare Perugia, vanta un buon numero di cultori della musica e ricercatori del settore, qual è la realtà che ha trovato in Romania?

Sì, Perugia per quanto piccola è una città piena di collezionisti, negozi di dischi, cultori musicali, dj e questa è una rara e bellissima cosa, devo molto al mio negozio di dischi e alle persone che tutt’ora ci lavorano. È sempre un piacere ricercare, ascoltare, condividere opinioni e ovviamente prendere e prendersi in giro sui generi musicali. Qui in Romania non saprei, posso raccontare il mio primo giorno di scuola e quello che chiesi ai ragazzi presentando la prima lezione di ecologia acustica. Gli dissi che non mi interessa il genere musicale che ascoltano, tutto va bene, ma l’importante è che siano consapevoli del «quando» stanno ascoltando qualcosa. Insieme ora lavoriamo su tante cose, la scrittura sonora, il disegno sonoro, l’ascolto e la scrittura nel cortile del paesaggio sonoro, hanno realizzato un’intervista sonora al proprio nonno o nonna, la maggior parte delle domande erano incentrate sulla differenza tra i suoni di ieri e di oggi. L’importante per me è che quando ascoltano qualcosa, la ascoltino veramente. La consapevolezza dell’essere presenti nell’ascolto è importantissima perché prelude a un’empatia verso gli altri, amici, compagni, genitori e professori. Questo nei giovani credo sia una cosa che andrebbe coltivata continuamente perché non solo in Romania ma un po’ ovunque «occupiamo» i nostri spazi sonori liberi il più velocemente possibile e il più delle volte male. Fermarsi ad ascoltare è una condizione umana imprescindibile e se non ci si può fermare, almeno essere consapevoli di quello che sentiamo.
In Romania posso fare alcuni esempi di poca consapevolezza sonora. Per esempio nei locali non c’è molta differenza del genere musicale che si riproduce, basta che riproduca qualcosa, ovviamente non sarà così in tutti i locali, parlo per esperienza mia, penso che sia importante a seconda dei momenti della giornata far «suonare» un certo tipo di musica anziché altra, ascoltare musica dance alle 10 di mattina mentre mangi qualcosa all’aperto non è il massimo. Altra cosa che mi dà invece molto fastidio, ma questo è un problema globale, è il volume con cui si riproduce la musica nei luoghi pubblici. Nei locali dove si pranza o si cena o si beve qualcosa, a volte ti ritrovi che il volume di quello che ascolti è fuori luogo, troppo alto per poter parlare o passare dei momenti di discussione con gli amici. Credo che ogni luogo abbia il suo volume, il suo genere e la sua ora musicale e che ogni luogo dovrebbe tener conto prima di tutto del motivo per cui le persone si trovano lì. La mancanza di consapevolezza del volume sonoro con cui si riproduce musica in un luogo pubblico, la trovo, appunto, una grave mancanza di responsabilità in quello che fai, tutto ha un suo equilibrio, così anche il volume, basta ascoltare.

Cosa sono «Officina Sonora» e «Romania Sonora» e perché la Romania?

«Officina Sonora» nasce qui in Romania dalla volontà di creare un’associazione che si occupasse del suono con tutto ciò che la parola suono porta con sé come significato implicito, l’ascolto, la consapevolezza sonora, i laboratori, il racconto, la voce. Ovviamente tante idee e progetti, il più importante ora è «Romania Sonora», un progetto multidisciplinare che indaga lo stretto rapporto che intercorre tra la memoria sonora e il territorio romeno. Ciò che mi incuriosisce è che ogni luogo ha il suo paesaggio sonoro che è qualcosa prima di tutto soggettivo, esperienziale, quello che ascolti tu quando vai in un posto è diverso da quello che ascolto io, il mio paesaggio sonoro di Bucarest in questo momento è diverso dal tuo. Partendo da questa premessa, ogni paesaggio sonoro ha anche la sua storia, che insieme al territorio cambia con il tempo, mutando o addirittura scomparendo e in questo progetto artistico, multimediale e itinerante abbiamo viaggiato in dieci località della Romania, scelte per il loro valore umano e per la loro originalità, grazie anche al prezioso contributo del professore associato di Antropologia del Dipartimento di Sociologia, Bogdan Iancu, e di Monica Stroe, docente di Antropologia e coordinatrice Erasmus+. In ogni luogo ho scelto dei manufatti (di qualunque forma e composizione) e ho effettuato delle registrazioni del paesaggio sonoro (ambientali e voci). Alla fine di questa esplorazione i manufatti e le registrazioni sonore sono entrati a far parte del processo artistico con il fine di creare le «Sculture Sonore» vere e proprie opere d’arte sonora. Questi dieci lavori, grazie a un sistema di amplificazione, suoneranno il materiale audio preregistrato ed è prevista una mostra finale all’interno (o all’esterno) di uno spazio espositivo. L’obiettivo è quello di creare un archivio della memoria materiale e sonora del territorio romeno. È stato un viaggio magnifico, abbiamo visitato il Delta del Danubio, Târgu Mureș, Gornești, le saline di Turda, Gherla, Cluj-Napoca, Săpânța e il cimitero allegro, il memoriale di Sighetu Marmației, tutte le chiese di legno di Maramures, Bârsana, Poienile Izei, i villaggi sassoni di Saschiz e Viscri e molto altro. Molti di questi luoghi sono patrimonio Unesco, posti bellissimi, un viaggio indimenticabile e un’esperienza unica.

Quali sono le opere che ha realizzato con questi materiali e come scaturiscono?

La prima scultura sonora che ho realizzato parte dalla visita fatta al «Cimitirul Vesel» (il cimitero allegro) di Săpânța. Avevamo preparato un’ampia documentazione del luogo e casualmente abbiamo pernottato in un posto dove poi abbiamo incontrato Irina, una signora che abita lì da sempre; parlando con lei, ci ha raccontato alcuni aneddoti sulle persone del luogo e sul «cimitero allegro» che dovevamo andare a visitare il giorno dopo. Ci siamo andati insieme e questo incontro è risultato speciale e unico, a dimostrazione di come tutto sia esperienziale e può cambiare il tuo itinerario in un attimo. Le abbiamo chiesto il permesso di registrare alcuni racconti e letture e abbiamo messo da parte tanto materiale audio legato alla sua vita, alle letture delle iscrizioni sulle croci delle tombe del cimitero, tutte raccontate da lei, con la sua voce unica. Allo stesso tempo, mentre eravamo lì, abbiamo reperito un pezzo di legno, materiale nativo di quel posto, appartenente ad una vecchia «biserica», una chiesa, un pezzo molto bello perché appena visto ci sembrava un totem, l’abbiamo portato con noi nel laboratorio di Dumitru Pop Tincu, il discepolo di Stan Ioan Pătraș, il fondatore e artista del «Cimitirul Vesel». A Dimitru abbiamo chiesto un’impronta d’artista sul legno che avevamo trovato e lui ci ha lasciato una sua «pennellata» di blu Săpânța, quel blu unico, realizzato in gran segreto con cui personalmente dipinge ogni singola croce che si trova ora al «Cimitirul Vesel».
Tornati a Bucarest ho intagliato il legno nella parte posteriore per inserire due diffusori acustici e l’amplificatore che conteneva l’audio originale della registrazione fatta con Irina. Così è nata la nostra prima scultura sonora. Questo processo poi è stato applicato anche alla scultura del Delta del Danubio e in questi giorni anche per il memoriale sonoro di Sighetu Marmației.

Sighetu Marmatiei ha una storia molto particolare legata al Memoriale delle vittime del comunismo e a me molto cara in quanto ho avuto modo di approfondirla per la mia tesi di laurea sulla poetessa Ana Blandiana. In cosa consiste questo progetto e come è nato?

Non era preventivato, trovandoci a Săpânța siamo andati a visitare il museo, ci siamo documentati ma non abbiamo raccolto alcun materiale sonoro o materiale di alcun genere visitando il memoriale, anche perché da raccogliere c’era solo molto silenzio e contemplazione. L’unica cosa a cui rendere omaggio, nel massimo rispetto, è stata l’idea di rappresentare quel «teatro» dove sono avvenute tutte quelle ingiustizie, ovvero il luogo come memoria sonora.
Mi ha molto colpito la frase di Ana Blandiana, la fondatrice del museo, quando scrisse che la più grande vittoria del comunismo, una vittoria drammaticamente rivelata solo dopo il 1989, è stata quella di creare persone senza memoria. Quello che vorrei realizzare sarà molto legato alla materia-memoria e a quello che ancora sentiamo come vibrazione.

Come ha acquisito questa capacità di creare oggetti sonori da autodidatta?

Mio padre era un contadino e un commerciante, da lui ho ripreso molto del lavoro manuale e di come inventarsi o aggiustarsi le cose con poco. Poi ho sempre avuto una grande passione per l’elettronica e appunto poi per la musica, ed ecco fatto, o quasi. Il primo lavoro serio legato agli «oggetti sonori» l’ho realizzato nel 2010 creando una poltrona sonora, dedicata al maestro Erik Satie. Da lì non mi sono più fermato nella ricerca.

Il suo è un progetto itinerante. Cosa significa?

«Romania sonora» è un progetto itinerante perché nasce così, abbiamo visitato almeno 15 località romene e ci farebbe piacere esporre queste sculture sonore realizzate a Bucarest e farle circolare in altre città per far vivere, attraverso la mostra, alle persone che la vistano, l’esperienza che abbiamo vissuto del paesaggio, del territorio, delle persone e delle impronte sonore e culturali. Il desiderio è poi quello di portare questa esposizione in giro per l’Europa.

Dove troviamo le sue sculture sonore in questo momento?

Virtualmente su romaniasonora.com oppure su Facebook sotto il nome della nostra associazione «Officina Sonora Bucarest» che si occupa di altri progetti o alla pagina officinasonora.com

Da dove vengono i nomi delle sue opere e a quali è particolarmente legato?

I nomi provengono dalle località visitate nel caso di «Romania Sonora». Tengo molto alla scultura di Sighet e a quello che sta venendo fuori, mentre del passato tra le tante opere ce n’è una in particolare, «Cadeau», esposta al Museo Civico di Palazzo Penna a Perugia, realizzata per la mostra sul compositore Erik Satie. Tutti gli altri lavori che negli anni ho realizzato hanno sempre preso il nome dall’artista che ho omaggiato o studiato.




Cadeau - Ombrello chiodato




Erik - Scultura in vinili



Săpânța




Săpânța - back




Parade - Cornici e speaker




Messa in piega sonora




Summer Madness - Quadro sonoro




Cadeau - Ombrello chiodato



A cura di Serafina Pastore
(n. 11, novembre 2020, anno X)