Intervista all’artista Pier Tancredi De-Coll’, a cura di Maurizio Vitiello Pier Tancredi De-Coll’, torinese (1959) è un pittore di impianto espressionista che recentemente ha aderito alla corrente romana dell’Effettismo di Francesca Romana Fragale. Mossi i primi passi presso lo studio del pittore torinese Serafino Geninetti, ha esordito come vignettista per i quotidiani Stampa Sera e La Stampa.
Liceo Classico e Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Torino (1986). Ha studiato pittura presso lo Studio Geninetti. Puoi definire e sintetizzare i desideri iniziali? Riuscire a esprimermi come disegnatore e pittore figurativo senza pretese «artistiche», in quanto esponente di un mondo borghese forse in decadenza, ma, certamente, portatore di valori romantici eterni, assimilati dalla grande musica (Bach, Beethoven e Schumann) e dalla pittura del primo Novecento. Puoi segnalare i sentieri operativi che avevi intenzione di seguire e che, effettivamente, hai seguito? Innanzitutto, mi ripeto una vita borghese da professionista (rifiutai in gioventù un’allettante proposta da illustratore di Vogue Vanity Italia proprio per il modello di vita non confacente ai miei ideali), desiderio che ho realizzato, affiancandole, sulla scorta degli insegnamenti umanistici di mio padre, un divagare (piuttosto intenso) nella musica e nell’arte. Quando è iniziata la voglia di affrontare l’ambiente artistico e quando la voglia di «produrre arte»? È un fantasma che mi porto dietro fin dall’adolescenza, periodo nel quale ho divorato libri, manuali, corsi, esperimenti (mio zio era un buon acquarellista) fin nello sfociare nei corsi pratici di pittura e nel lavoro da disegnatore ufficiale del quotidiano La Stampa a 23 anni. Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto? In primis Ezio Gribaudo, amico di famiglia, poi indirettamente (tramite le tempere lasciateci) Carlo Terzolo che frequentò la casa di famiglia, dove ho sempre abitato. Naturalmente anche attuali «colleghi» fantastici come Antonio Perotti, Elio Rumma, Rosy Mantovani, Ton Prett e il compianto Billy Miller. Quali critici hanno scritto sulle tue produzioni? Liletta Fornasari, Cosimo Savastano, Paola Gribaudo, Federico Audisio di Somma, Vittorio Raschetti, Duccio Trombadori. Con qualcuno di loro hai operato «a quattro mani»? Moltissimo con Federico Audisio di Somma, più che un critico uno scrittore (Premio Bancarella 2003). Quali piste e tracce dei maestri della pittura hai seguito? Adoro Matisse e i Fauvisti cui cerco maldestramente di ispirarmi. Quali sono le tue personali da ricordare? Naturalmente quelle familiari. In pittura devo dire il 22 novembre 1982 quando usci la mia prima pubblicazione su «La Stampa» e l’inaugurazione della mostra antologica dedicatami dalla Città di Arezzo, presso la Galleria Comunale, il 28 aprile 2018, e ultimamente, 28 maggio 2022, l’ingresso nella corrente pittorica contemporanea, l’Effettismo, di Francesca Romana Fragale. Ora, puoi specificare, segnalare e motivare la gestazione e l’esito delle esposizioni tra collettive e rassegne importanti a cui hai partecipato? Tutte queste che vado a citare nascono sulla base di intuizioni di personalità che hanno ritenuto sufficientemente interessante il mio lavoro, dunque nascono da una loro proposta più che da una mia «offerta»: Puoi definire i temi che hai trattato in pittura? Ma dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché? Credo che l’aver vissuto in una dimora storica, con i suoi spazi grandi, gli arredi «pesanti», i ritratti dei quadri che ti guardano, gli odori del legno e il luccichio di argenti e una certa forzata solitudine mi abbiano condizionato al punto da riprodurre spesso questi ambienti con le loro «cose ferme», i personaggi (veri e immaginari) i silenzi, il mistero e le solitudini. L’Europa è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? La «vetrina ombelicale» parigina, londinese e quella milanese cosa offrono adesso? Lo è stata. Obiettivamente, lo è più poco. Il mondo batte altrove, e giustamente l’arte anche. Pensi di avere una visibilità congrua? Onestamente nel mio microcosmo ne ho avuta forse anche più dello sperato. Ma segretamente dentro chi si cimenta in pittura, musica, letteratura, ecc. ... c’è sempre la speranza di emergere a livello collettivo… Quanti «addetti ai lavori» ti seguono come artista? Un gruppetto di amici coi quali mi confronto tra i quali vi sono addetti ai lavori come la Presidente dell’Accademia Albertina Paola Gribaudo, la Storica dell’Arte Liletta Fornasari e il sempiterno Amico e Grande Artista Federico Audisio. Ultimamente la Presidente Francesca Romana Fragale e gli Amici dell’Effettismo di cui sono il Responsabile per il Piemonte. Recentemente, infine, ho molto gradito l’attenzione di una personalità come Duccio Trombadori. Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro nel campo della pittura e/o della scultura? Desidero «ridurre» le esposizioni, selezionare gli appuntamenti e dedicarmi ad affinare certi temi appena imbastiti sul tratto e sul colore. Molto mi piacerebbe «mettere il naso» all’estero. Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? Quanti, secondo te, riescono a saper «leggere» l’arte contemporanea e a districarsi tra le «mistificazioni» e le «provocazioni»? Sì per me è difficile. L’arte contemporanea è «inafferrabilmente vasta» nella sua offerta poliedrica, ricca di cose meravigliose. I «social» t’appoggiano, ne fai uso? Sì, li uso perché effettivamente per chi come me non ha un nome noto sono un importante mezzo per conoscere, farsi conoscere, trovare occasioni, ecc. Alcune mie collaborazioni importanti come l’adesione al Gruppo Art Progressive di Antonio Perotti nascono dai social. Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, gallerista, art-promoter per metter su una mostra? Con un critico, certamente. Hai mai pensato di metter su una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione? Personalmente no, ma ho partecipato con il Gruppo Art Progressive a questa tipologia di iniziative. Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi diversi impegni? Beh, onestamente, non credo di aver un vero e proprio pubblico. Diciamo che mi dibatto come tanti per informare il più possibile direttamente una modesta cerchia di conoscenti, e confido nel lavoro delle gallerie che presentano miei lavori. Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari? Naturalmente, sì anzi, credo che sia un tema da sviluppare. Credo nell’importanza delle testimonianze dirette e degli incontri dedicati. Prossime mosse e mostre a Roma, Milano, Londra, Parigi, NY ...? Attualmente a Oliveto Citra, a febbraio-marzo Villa Bertelli a Forte dei Marmi, in tarda primavera a Matera. Che futuro prevedi nell’immediato post-Covid-19 e nel post-conflitto Russia-Ucraina e Israele-Hamas? Troppo difficile per un semplice pictor.
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