Paolo Ceriani, esperto in restauro dei monumenti: «Timişoara, un grande patrimonio da salvare»

«La “Piccola Vienna”, ricca di edifici monumentali nel centro storico e nei quartieri più significativi, ha perduto nel tempo la sua brillantezza e vivacità, giungendo ad un profondo degrado, inclusa la perdita di opere firmate da importanti architetti di tutta Europa ed esperti lavoratori locali. Una riqualificazione del consistente patrimonio architettonico monumentale di Timişoara gioverebbe molto alla città anche in vista della sua candidatura a Capitale europea della Cultura 2021, ed avrebbe un effetto benefico anche sull'economia della regione, facendo ripartire il settore, ora fermo, delle costruzioni». Lo sostiene l'ingegnere milanese Paolo Ceriani, esperto di patologie del patrimonio monumentale e dei relativi interventi di recupero, stabilmente presente da circa due anni a Timişoara. Buon conoscitore della città, l’ingegnere illustra in questa intervista la sua visione dello stato delle cose, raccontando anche la propria esperienza umana e professionale.


Ingegner Ceriani, cosa caratterizza in modo peculiare il patrimonio architettonico di Timişoara? Quali sono gli aspetti culturalmente qualificanti e le precarietà rimarchevoli?

Stili e proposte progettuali diversi, caratterizzati dalle varie epoche storiche che hanno distinto il percorso degli eventi negli anni passati, sono segnati dalla sensibilità ed indubbia capacita artistica di numerosi architetti di differenti nazionalità, anche italiana. È intensamente presente l’uso degli ornamenti sulle facciate, con statue anche di significative dimensioni, di volti e decorazioni diffuse, che si scoprono con vivaci colorazioni, sotto numerosi strati posti successivamente a quelli originari. Portali importanti, splendide porte d’accesso in legno massiccio che evidenziano ancora l’abilità degli artigiani dell’epoca, colonne imponenti e maestose cornici dei fori-finestra, caratterizzano significativamente le facciate di molti palazzi nelle zone storiche. Poi, anche se debilitati dalla trascuratezza dell’uomo e dal naturale degrado causato dagli eventi atmosferici, sono ancora visibili le vivaci colorazioni nei forti contrasti che regalano una formidabile personalità ai palazzi signorili nella centrale Piazza dell’Unità e nei quartieri vicini. Il rispetto ed il mantenimento di queste caratteristiche cromatiche, a parer mio, rappresenterebbero la salvezza di un importante aspetto culturale, non unico, ma fondamentale se inserito in un ambito più ampio all’interno dei vari componenti della cultura di Timişoara, città europea. L’intervento urgente e mirato di recupero e riqualificazione di questo importante patrimonio architettonico spetta alle Istituzioni pubbliche e a quelle private.

Una città vive del suo passato, del suo presente e della sua proiezione al futuro. Come si articolano nel caso di Timişoara queste tre dimensioni?

La Timişoara di oggi deve molto al suo passato che ha lasciato impronte significative ai propri cittadini sotto la forma di abitabilità, di conforto civico, sociale e culturale. Qui prese origine la coabitazione di differenti rappresentanze etniche, religiose e sociali con l’esistenza dei tre teatri, romeno, ungherese e tedesco, la presenza delle prime realizzazioni a livello europeo quali la navigabilità del canale Bega, la più antica fabbrica della birra, l’illuminazione delle strade prima con lampade a gas e poi con l’elettricità ed altri esempi molto conosciuti. Timişoara è simbolo e nucleo importante di multiculturalità che si evidenzia anche con l’inserimento, nell’ultimo ventennio, di attività imprenditoriali di grande impatto sociale, con la presenza anche di aziende provenienti dal Nord-Est dell’Italia e di organismi socio economici legati ad istituzioni quali Camere di Commercio, Istituti di credito, associazioni imprenditoriali e culturali. A queste si aggiunge anche la presenza di iniziative inserite sul territorio tramite aziende tedesche, francesi, americane e della vicina Ungheria. Attualmente mi sembra che, rispetto a circa due anni fa, si sia ridotto il numero delle imprese nel settore delle costruzioni, commerciali ed artigianali. Questo, a parer mio, anche per la limitata ricaduta dei vantaggi legati alla distribuzione di fondi europei che, anche per l’insufficiente qualità delle proposte progettuali e delle minime garanzie economiche dei richiedenti, hanno visto una limitata disponibilità, ed in qualche caso, un blocco inevitabile. Il mondo bancario risulta sempre meno presente con offerte finanziarie appetibili ed interessanti. Positiva sarebbe quindi, in questo contesto, una riqualificazione del consistente patrimonio architettonico monumentale che farebbe ripartire quel settore fermo delle costruzioni. E perché non porsi seriamente quell’obiettivo interessante che porta alla proposta di Timisoara come Capitale europea 2021?

La sua è una testimonianza interessante, anche sul piano della storia personale. Come è arrivato, da Milano, a inserirsi stabilmente a Timişoara?

Nel lontano 1990, su invito di un caro amico d’infanzia che aveva da poco iniziato la sua attività commerciale nella città, avevo trascorso un breve periodo di vacanza che mi ha permesso di conoscere un ambiente metropolitano in cui si sentiva l’intensa mancanza di attenzione e di riguardo: era evidente che questo fatto era causato da necessità e priorità piu importanti, di carattere sociale e politico, ma la bellezza delle facciate con i colori che si erano parzialmente perduti, gli ornamenti di abbellimento, i portali d’ingresso in legno lavorato, tutto questo era ancora leggibile ed apprezzabile. Sicuramente la mia esperienza da studente alla facoltà di Ingegneria Civile del Politecnico di Milano mi faceva sentire più vicino e sensibile a quei bellissimi palazzi e la mia attività lavorativa nel settore del Restauro conservativo monumentale mi coinvolgeva profondamente. Ma la distanza e gli impegni professionali e personali, se non per quei brevi periodi di congedo estivo che mi potevo permettere saltuariamente, non mi consentivano di pianificare un mio trasferimento lavorativo in Romania.
Circa dieci anni fa, poi, conobbi Catalina, che successivamente divenne mia moglie a Milano, per cui le mie visite aumentarono anche per la stretta amicizia con il mio giovane cognato Razvan e la nonna Aglaia. Purtruppo persi entrambi per la loro scomparsa prematura, ma mi rimase sempre un legame molto profondo anche con la Romania che mi aveva regalato tanto affetto sincero ed autentico. Trascorse qualche anno in cui non fui presente come prima, fino all’estate del 2008. Prima di partire da Milano, durante un incontro presso la Direzione del Ministero dei Beni Culturali con il Soprintendente arch. Alberto Artioli, mi era stato richiesto di informarmi della possibilità di proporre una relazione istituzionale con la Direzione dei Monumenti di Timişoara. Arrivato in città fui ricevuto dalla responsabile del settore, arch. Doina Antoniuc, e mi fu evidenziato l’interesse di un eventuale passaggio di esperienze, anche se si doveva considerare la diversità delle strutture: Milano con la presenza di una struttura amministrativa e tecnica che superava le duecento unità, mentre Timisoara si limitava a poche unità. Poi si parlò dei tecnici locali del settore del Restauro che in Romania erano soggetti al possesso di un particolare attestato del Ministero, e mi propose di presentare la mia esperienza professionale per essere inserito nel Registro degli Specialisti. Dopo alcuni giorni mi comunicarono che avevano accettato la mia richiesta e che diventavo uno Specialista autorizzato dal Ministero della Cultura. Devo dire che questo riconoscimento mi fece molto piacere e, come non avevo previsto prima, modificò la mia attività professionale e la mia vita futura.

E quali sviluppi ci furono?

Non fu semplice per me rientrare in Italia e non pensare a quanto era avvenuto a Bucarest. Alla mia responsabilità nel mantenere lo stretto contatto con le Istituzioni pubbliche e coordinare le attività dei cantieri di restauro, che avevo impostato in tanti anni precedenti e che mi aveva offerto molte soddisfazioni, ora si veniva a presentare una nuova alternativa, in una Romania che conoscevo, amavo ed apprezzavo ma, distante  per lontananza chilometrica e sicuramente differente dalla realtà italiana per tradizioni, modo di agire e modo di pensare. Quindi il primo cambiamento avvenne in me, nelle mie aspettative, nel desiderio di ricambiare quell’attestato di fiducia e di stima  nei miei confronti da parte del Governo della Romania ed offrendo l’unica cosa che potevo dare: la preparazione, l’esperienza professionale di molti anni, il rispetto e la passione per il settore del restauro dei beni monumentali ed il desiderio di mettermi a disposizione. Affrontai le difficoltà dovute alla lingua, ai metodi di lavoro ed al nuovo ambiente che mi si presentarono a seguito di una richiesta da parte del Consiliul Judetean Timiş per una piccola consulenza nelle fasi finali del restauro del Bastione Theresia a Timişoara. Mantenevo anche il collegamento con gli impegni che avevo lasciato in Italia. Stava così cambiando lentamente la mia vita personale e di lavoro.

Un cambiamento non da poco, immagino. Forse anche con qualche difficoltà.

Le difficoltà sono state molte, ma mi è stata di grande aiuto la vicinanza dei miei amici italiani, come anche l'acquisizione di nuovi amici romeni. Nel merito, benché mi abbia molto aiutato l’età, intesa come esperienza di vita e di lavoro, non è stato semplice capire, e quindi affrontare e conciliare un diverso modo di progettare, dirigere, eseguire, trovare le necessarie soluzioni, avviare un doveroso dialogo costruttivo con le Istituzioni competenti in questo complesso settore. Devo comunque riconoscere che l’elemento più importante è rappresentato dall’Ente preposto alla protezione e alla tutela dei monumenti, la Direzione del Ministero, che si è dimostrato risolutivo: la completa e competente disponibilità degli architetti responsabili e della Commissione ministeriale, il confronto costruttivo e le giuste valutazioni durante le verifiche ed i controlli nei cantieri, hanno permesso di trovare le corrette soluzioni anche quando i progetti esecutivi presentavano deficienze ed anomalie. Questa collaborazione continua con la Direzione mi ha stimolato e mi ha reso maggiormente agevole l’incarico ricevuto. Sottolineo quindi l’importanza dell’operatività e della collaborazione in relazione ai futuri progetti che riguardano l’ipotesi di Timişoara come Capitale culturale europea del 2021.

Come le è parso, negli anni di questa sua permanenza, l’ambiente sociale e culturale di Timişoara?

Le molte ed importanti attività socio-culturali che si sviluppano settimanalmente, anche con iniziative internazionali, dimostrano l’altissimo livello qualitativo e l’alto interesse da parte dei visitatori che provengono anche dai Paesi vicini. Ricordo con piacere l’esperienza, che mi aveva coinvolto nel progetto e nell’allestimento, dell’esposizione dei modelli di Leonardo da Vinci che si era tenuta ai Bastioni Theresia nel dicembre 2011. Mi colpì molto la partecipazione di oltre dodicimila visitatori di tutte le età. Importante fu anche, in quell’occasione, l’apporto del Consiliul Judetean Timiş, del nostro Consolato Generale d’Italia e di molti imprenditori italiani che permisero di sostenere tutte le spese, rendendo completamente gratuito l’ingresso all’esposizione. Dimostrazione questa che le Istituzioni romene e straniere, lavorando in stretto contatto, possono sviluppare insieme progetti importanti di carattere culturale e sociale.

Quali proposte più urgenti e importanti vuole avanzare per il presente e il futuro di questa città?

Sarebbe più corretto da parte mia lasciare la parola ai molti tecnici locali che ben conoscono la realtà di Timişoara nei suoi aspetti più particolari, ma cercherò di dare una breve risposta. Premetto che ci sono ottimi lavori di ricerca storica ed architettonica eseguiti anche da esperti architetti ed ingegneri. Ad esempio ho avuto la possibilità di conoscere il grande potenziale dell’archivio tecnico di IPROTIM che, mi sembra, abbia rappresentato uno dei maggiori istituti romeni di progettazione. Forse, questa importante base dati dovrebbe essere gestita direttamente da un Ente pubblico, che la potrebbe utilizzare come importante elemento per la realizzazione di un necessario Piano di studio delle caratteristiche e del colore degli edifici monumentali del centro e dei quartieri storici. Piano Colore che darebbe un indirizzo obbligatorio, a seguito dello studio dei valori cromatici originali e di quelli adottati nei vari restauri eseguiti precedentemente, e che eviterebbe proposte progettuali scoordinate e slegate dal rispetto delle scelte dei progettisti originali di grandissimo livello europeo che hanno disegnato questa città. Secondo me, grande utilità avrebbe la costituzione di un «tavolo di confronto» al quale dovrebbero sedere i rappresentanti degli Enti preposti, degli ordini professionali, delle aziende del settore e, non meno importante, i portavoce delle associazioni dei proprietari e dei cittadini: questi ultimi, e a tutte le età, secondo la mia breve esperienza durante il recente intervento di restauro delle facciate di Palazzo Brück, hanno dimostrato un grande interesse ai lavori, hanno evidenziato un profondo senso di conoscenza culturale e di confronto costruttivo. Questo fatto mi ha molto colpito, tanto più che raramente l'ho trovato in altre esperienze fatte in Italia: di conseguenza, induce a essere ottimisti sul coinvolgimento attivo di tutti i cittadini. Questo aspetto deve quindi aiutare a sviluppare l’importante concezione di «rispetto» per gli edifici che viviamo quotidianamente. Il primo passo deve essere fatto da chi abita e utilizza gli edifici storici, con il doveroso controllo continuo da parte degli Enti preposti: giuste ed immediate sanzioni vanno applicate a chi dimostra di vandalizzare e deturpare, ad esempio quando si installano, senza il minimo rispetto, cavi di tutti i tipi, insegne non adeguate, pubblicità non controllate e scritte offensive per facciate ricche di colori e fregi ornamentali. Su questi aspetti, molto ci sarebbe da dire ancora.



Palazzo Brück a Timisoara, prima e dopo il restauro





Intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin
(n. 12, dicembre 2012, anno II)