|
|
Paolo Buchignani: «La letteratura è oggi una forma di denuncia e di resistenza alla barbarie»
Nella sezione Scrittori per lo Strega della nostra rivista, a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone, vi proponiamo una nuova serie di 10 interviste con gli scrittori candidati al Premio e quelli segnalati all’edizione n. 76, e con i loro libri, allargando ovviamente lo sguardo ad altri argomenti di attualità.
Paolo Buchignani, nato a Lucca nel 1953, è storico dell'Italia contemporanea, autore di numerosi saggi, ma anche di narrativa. È stato segnalato per il volume L’orma dei passi perduti (Tra le righe libri, 2021). Simonetta Bartolini lo presenta così: «Il volume L’orma dei passi perduti è composto da cinque racconti e da un breve romanzo corale. Studioso di storia del Novecento, Paolo Buchignani, allestisce un volume che nasce dalla memoria individuale e collettiva, dalla necessità impellente di portare alla luce con una serie di zoom (i suoi testi potrebbero essere la sceneggiatura di un film) ciò che resta in ombra nella sua opera di studioso: la drammatica collisione della storia sui vissuti personali, sulla carne viva di un secolo le cui ferite non hanno ancora cessato di sanguinare».
Professor Buchignani, lei insegna Storia contemporanea, Storia politica dell’Italia contemporanea e Storia della psicologia. In qual misura le sue ricerche di ambito storico-politico tessono la trama delle sue narrazioni letterarie?
In un’ampia misura, direi. La mia narrativa, per molti versi, è complementare rispetto alla saggistica. Come rilevò il regista Carlo Lizzani nella prefazione al mio volume di racconti Solleone di guerra (2008: 11 racconti in cui 11 personaggi raccontano il ’900, ognuno dal suo punto di vista), i miei testi di narrativa storica (che sono quelli prevalenti) mostrano l’impatto della storia sulle esistenze individuali, sui vissuti personali, un aspetto che rimane necessariamente in ombra nei saggi storici di taglio scientifico.
La componente rivoluzionaria del fascismo, il mito della rivoluzione declinato nelle diverse culture politiche post-unitarie e novecentesche e, soprattutto, il populismo nazionalistico dalla «nazione proletaria» pascoliana, corradiniana e fascista fino ai nostri giorni. Ebbene, la lotta politica, l’adesione a una causa: i nostri tempi possono ospitare, a suo avviso, siffatti propositi di cambiamento sociale attraverso il canale della Letteratura?
Populismo, nazionalismo, mito della rivoluzione come palingenesi, utopie millenaristiche: nel corso del ’900 questa cultura politica è stata promossa anche da molti intellettuali, dalla letteratura, dall’arte, con esiti disastrosi: guerre (pensiamo alla guerra dei futuristi come «sola igiene del mondo»), dittature come frutto di una visione della politica religiosa, astratta e totalitaria.
Nazionalismo e populismo sono riemersi oggi come risposte errate a problemi reali molto gravi a cui le classi dirigenti democratiche stentano a dare risposta (pandemia, guerra, crisi economiche). Il cambiamento sociale, la rivoluzione, dunque, non sono necessariamente positivi come una certa vulgata ritiene (anche il fascismo si definiva rivoluzione, anche il nazismo).
La letteratura e gli intellettuali dei nostri giorni non mi sembrano molto ‘impegnati’ sul piano sociale, ma piuttosto dediti a promuovere sé stessi. Più che proporre progetti politici, auspicherei che la letteratura dei nostri giorni si faccia carico di denunciare, nella forma che le è propria, senza scadere nella propaganda, i mali del nostro tempo e anche mantenere viva la memoria di ciò che è stato (cosa che provo a fare nel mio piccolo).
Alla sua produzione saggistica si affianca quella narrativa di argomento storico: qual è l’impatto della storia sulle vicende individuali e sui vissuti personali?
In gran parte ho già risposto a questa domanda. Comunque, nei miei testi di narrativa, l’impatto della storia sui vissuti personali credo che sia molto forte, talvolta drammatico. Come docente di storia ritengo che proprio il mostrare questo impatto faccia comprendere agli studenti come la storia non sia un qualcosa di astratto e polveroso, ma vivo e vero, capace di incidere sulle esistenze individuali, sia fatta di lacrime e sangue, come scriveva Marc Bloch. Se comprendono questo, se comprendono, per esempio, che non è la stessa cosa vivere in una democrazia liberale come la nostra o in una dittatura, i giovani si interessano eccome alla storia, la quale, comunque, dovrebbe avere più spazio nelle nostre istituzioni educative, anche per formare cittadini «vaccinati» contro pericolosi sovranismi-nazionalismi-populismi.
L’orma dei passi perduti racconta Lucca e il suo territorio.Quali sono le ragioni sottese alla scelta di siffatta contestualizzazione?
Semplicemente il fatto che sono lucchese e credo sia bene raccontare ciò che si conosce sia per averlo vissuto, sia per averlo sentito raccontare da chi lo ha vissuto. Ma si tratta, comunque, di microstorie (concrete, reali, vere) sempre inserite nella macro storia.
Hegel sviluppa una definizione del romanzo: esso è la moderna epopea borghese. Lukács afferma che questo genere, essendo il prodotto della borghesia, è destinato a decadere con la morte della borghesia stessa. Bachtin asserisce che il romanzo sia un «genere aperto», destinato non a morire bensì a trasformarsi. Oggi, si notano forme «ibride». Di un genere che continua a sfuggire a ogni codice, qual è la forma a lei più consona?
Concordo con Bachtin. Il romanzo a cui sto lavorando, per esempio, è un romanzo storico, ma non certo di tipo ottocentesco: presente e passato interferiscono di continuo, così la grande storia e la microstoria, fatti odierni richiamano vicende analoghe del passato; le rivolte populiste del primo ’900, per esempio (interventismo e fascismo delle origini) portano alla mente del narratore protagonista Lapo (mio alter ego) Salvini, Grillo e le brigate rosse ecc. È un tentativo di affresco del ’900 in forma rigorosamente narrativa, ma con continui salti temporali, anche perché stiamo vedendo come il XX secolo non è ‘breve’, ma sterminato, non vuole morire.
La contemporaneità contempla anche la possibilità di scelta tra e-book/online e cartaceo, tra letteratura cartacea e digitale. Quanto lo sguardo di un autore è condizionato dal profumo della carta stampata o, viceversa, dalla comodità del digitale?
Il fascino della carta stampata sopravvive, ma il digitale è troppo comodo e flessibile per farne a meno. All’inizio non riuscivo a scrivere di narrativa al computer, oggi ci riesco tranquillamente.
Francesco De Sanctis scrisse che la letteratura di una nazione costituisce una «sintesi organica dell'anima e del pensiero d'un popolo». Posto che la letteratura siauno specchio della rispettiva società in un tempo definito e che varia di opera in opera, quali potrebbero essere il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?
Se uno scrittore è autentico e vive nel mondo, senza inseguire effimere mode o presunti gusti dei lettori, non credo debba fare particolari propositi: in modo diretto o indiretto, il frangente storico che vive verrà fuori da solo nella sua opera, anche se ambientata in un tempo lontano o in un mondo fantastico (mi viene in mente Kafka: cosa c’è di più vero dei suoi fantastici orrori?). L’arte, la letteratura possono essere, oggi, una forma di denuncia e di resistenza alla barbarie: guerre, dittature, nuove povertà, populismi potenzialmente totalitari, degrado ambientale ecc. Per quanto mi riguarda, detesto inseguire le mode. I critici hanno definito la mia prosa «senza tempo».
La letteratura romena si fregia di una robusta altresì varia produzione. Essa è costantemente tradotta in lingua italiana, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2021. Quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?
Purtroppo non sono in grado di rispondere a questa domanda, perché alcuni di questi autori li conosco soltanto di nome, ma mi incuriosiscono molto e cercherò di colmare questa lacuna: finora, per ragioni professionali, le mie letture hanno riguardato, prevalentemente, testi di carattere storico.
A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 5, maggio 2022, anno XII) |
|