Monica Joiţa: «Torino 2012, evento radicale per la promozione della cultura romena in Italia»

Monica Joiţa, vicedirettore dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, è tra coloro che più hanno lavorato per la partecipazione della Romania quest’anno al Salone Internazionale del Libro di Torino come Paese ospite. A lei e alla sua squadra di collaboratori si devono, con l’appoggio di varie istituzioni, le molteplici iniziative che per vari giorni accenderanno sulla cultura romena le luci dell’attenzione e della rappresentazione anche mediatica in Italia. L’abbiamo intervistata per ricostruire scenari, motivazioni e obiettivi di questa formidabile opportunità ed evento culturale. L’intervista, di cui le siamo grati, è stata concessa in esclusiva alla nostra rivista, che si pregia sin dal suo inizio e per sua strutturale costituzione di apportare un qualificato precisamente alla diffusione della cultura romena in Italia e al dialogo interculturale tra Italia e Romania.


La Romania ospite d’onore al Salone di Torino: un evento indiscutibilmente speciale. Come vi si è arrivati e cosa rappresenta per la Romania?

Il fatto di essere ospiti al Salone di Torino – statuto che fa onore ma al tempo stesso impegna – è il risultato di una serie di iniziative avviate, in modo costante e su diversi piani, sin dal 2009 dall’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia. Si tratta di una candidatura, attentamente seguita e valutata per tre anni, a differenza dei Paesi invitati d’onore alle ultime edizioni del Salone, ai quali il prestigioso invito è stato rivolto. Questa distinzione – di forma e di sostanza – vale la pena essere approfonditamente trattata in un’altra occasione, poiché condensa simbolicamente gli aspetti pratici dell’immagine che sul piano culturale si ha oggi della Romania in Italia.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che, dal 2009 ad oggi, in Italia il contesto generale non è stato favorevole alla Romania, sicché l’accettazione ufficiale della candidatura della Romania, nel settembre 2011, ha rappresentato per noi, come organizzatori, un successo ma anche un grandissimo impegno. A farsene carico sin dall’inizio sono stati sia il Centro Nazionale per il Libro di Bucarest, nostro partner di fiducia in tutte le edizioni del Salone, sia la cattedra d’italiano dell’Università di Bucarest e l’AIR (Associazione Italiana di Romenistica), con i quali abbiamo collaborato nella preparazione di questa edizione speciale.
Le confesso che per noi tale impegno ha acquisito da alcuni mesi anche il significato di una provocazione, di una competizione costruttiva: trattandosi di un’edizione numericamente “rotonda” - la XXV - del Salone, gli organizzatori hanno annunciato alla fine dello scorso anno che l’avrebbero celebrata con la presenza di due Paesi quali ospiti d’onore, sicché la Romania misurerà le sue «forze» culturali e soprattutto letterarie con la Spagna. Ritengo quindi che valga la pena seguire attentamente il prossimo «duello» letterario Romania-Spagna, e per questo le proporrei di incontrarci nuovamente alla fine del Salone per fare un bilancio.

Quali manifestazioni sono previste sia allo stand della Romania, sia in altri spazi del Salone e della città?

Occorre precisare che, sin dall’edizione del 2009, abbiamo immaginato la partecipazione della Romania al Salone Internazionale del Libro di Torino non come una semplice serie di presentazioni di libri, ma come una presenza complessa, in grado di attrarre e soprattutto di sorprendere per novità, qualità, diversità. Abbiamo così delineato con perseveranza e molto lavoro, beneficiando dell’appoggio dell’Istituto Culturale Romeno di Bucarest, una strategia unitaria per il Salone di Torino, basata sui seguenti pilastri: (a) uno stand nazionale con un design moderno, efficace e attraente per il pubblico; (b) diversi invitati importanti, appartenenti a vari settori del Salone (scrittori, editori, traduttori, professori, giornalisti, critici letterari ecc.); (c) un’ampia gamma di manifestazioni (incontri con gli scrittori e i loro traduttori, tavole rotonde, presentazioni di libri ecc.); (d) coinvolgimento di pubblico e diversificazione delle rispettive tipologie; (e) vendita di libri, già dall’anno scorso, in partenariato con una libreria romena.
Per onorare lo statuto di Paese ospite d’onore, abbiamo organizzato per l’edizione di quest’anno un fitto programma di manifestazioni, in diversi settori culturali (film, teatro, musica). Gli eventi in ambito letterario, traduttivo e relativo alla politica editoriale avranno certamente la priorità assoluta su tutti gli altri.

Quanti scrittori romeni e quanti editori italiani e romeni saranno presenti allo stand della Romania?

Come dicevo prima, le categorie di invitati alle manifestazioni propriamente dette nell’ambito del Salone sono molto diverse. Quest’anno abbiamo un numero record di persone invitate: più di 120. Possiamo parlare di record anche riguardo alla presenza di scrittori romeni: 23. Tra questi, Norman Manea, Ana Blandiana, Gabriela Adameşteanu, Mircea Cărtărescu, Ileana Mălăncioiu, Mircea Dinescu, Dumitru Ţepeneag, Matei Vişniec, Dan Lungu, Lucian Dan Teodorovici, Doina Ruşti ecc. Il criterio principale nell’organizzazione delle manifestazioni a carattere letterario è la presentazione delle traduzioni di opere di letteratura romena pubblicate in Italia già dalla scorsa edizione del Salone. Anche da questo punto di vista parliamo di un record: 22 traduzioni in volumi individuali, uscite dall’edizione 2011 del Salone! Tra queste, vorrei menzionare – perché mi sembra un eccezionale atto di memoria e recupero culturale – il volume, comprendente lo studio e le note di Vlad Alexandrescu e la traduzione di Igor Agostini, dal latino all’italiano, di un caposaldo della filosofia e metafisica di Dimitrie Cantemir, Sacrosanctae scientiae indepingibilis imago (L’immagine irraffigurabile della scienza). Il volume è in uscita preso Le Monnier Università/Mondadori Education.

Come è nato il progetto di essere presenti al Salone con uno stand nazionale sin dal 2009 e quali sono stati gli aspetti distintivi delle precedenti edizioni?

Gli sforzi di alcuni romenisti quali Marco Cugno, Bruno Mazzoni, Roberto Scagno hanno reso possibile la presenza di alcuni scrittori romeni alle edizioni del Salone precedenti al 2009, con le relative presentazioni di libri. L’iniziativa dell’IRCCU di Venezia intendeva costruire, come già sopra precisato, una presenza coerente e convincente della Romania al Salone di Torino, anche attraverso uno stand nazionale. Come organizzatori, abbiamo imparato e siamo «cresciuti» da un’edizione all’altra: non mi pare poca cosa il fatto che in tre anni abbiamo ottenuto per la Romania lo statuto di Paese ospite d’onore. Ricordo perfettamente il discorso di Rolando Picchioni, presidente della Fondazione organizzatrice del Salone, alla chiusura dello stand della Romania nel 2009, e la sua premonizione: «È probabile che, con questo ritmo, la Romania sia nel 2012 il Paese ospite d’onore». Certamente questa edizione avrà aspetti distintivi estremamente interessanti e ci auguriamo che molti di essi rimangano legati nella memoria dei partecipanti, degli organizzatori e del pubblico, alla partecipazione della Romania quale ospite d’onore.

Quale è oggi l’interesse degli editori italiani per la letteratura romena e in che misura può essere influenzato da una articolata strategia di promozione da parte delle istituzioni romene?

Lo definirei così: un interesse reale, in crescita, con criteri ben definiti anche se estremamente variegati (interesse verso i Paesi ex comunisti; prognosi commerciali sgombre di rischi importanti; sensibilità alle mutazioni del mercato letterario internazionale ecc.). A mio parere, tale interesse è oggi il risultato di una situazione di fatto caratterizzata dai seguenti elementi: (a) costanza dei traduttori, che assumono i ruoli qui sotto menzionati; (b) esistenza in Italia di una notevole tradizione di romenistica e sforzi dei romenisti italiani, soprattutto prima del 1989, di pubblicare presso le case editrici italiane traduzioni dalla letteratura romena; (c) presenza romena sempre più consistente, specie dopo il 2000, agli eventi importanti non solo in Italia ma in tutto il mondo (festival, incontri a carattere internazionale, premi ecc.); (d) rapido inserimento degli scrittori romeni nel sistema occidentale di marketing culturale; (e) programmi dell’Istituto Culturale Romeno destinati a finanziare le traduzioni e ad appoggiare i traduttori, nonché l’attività in ambito letterario e traduttivo svolta dall’IRCCU Venezia e dall’Accademia di Romania di Roma; (f) esistenza di alcuni punti di riferimento culturale della comunità romena d’Italia (associazioni, pubblicazioni, compresi gli scrittori romeni affermati nella Penisola), nonché interesse reale delle autorità italiane sul territorio (il Piemonte ne è un esempio) verso le iniziative culturali della comunità romena.

Come lei ha giustamente ricordato, un ruolo molto importante è esercitato dai traduttori di letteratura romena in Italia. Quali sono le iniziative istituzionali miranti ad appoggiare la loro attività di intermediazione culturale?

Come ho già menzionato, l’attività dei traduttori compare al primo posto tra i fattori di successo nella costruzione di una strategia articolata di promozione della cultura romena in Italia; questa ha rappresentato sin dall’inizio un obiettivo essenziale dell’attività dell’IRCCU Venezia. Ad esempio, quando iniziammo a progettare la partecipazione della Romania al Salone di Torino, i nostri obiettivi riguardarono proprio i traduttori italiani: presentare le traduzioni pubblicate nell’intervallo tra due edizioni del Salone; intermediare l’incontro tra diverse generazioni di traduttori, da una parte, e fra traduttori ed editori italiani, dall’altra; assicurare il loro contatto con il pubblico specifico del Salone.
L’appoggio che offriamo ai traduttori è permanente, non solo nel periodo del Salone di Torino. Due esempi: intermediamo i contatti nello svolgimento dei programmi dell’ICR destinati a finanziare le traduzioni, in collaborazione con i nostri colleghi del Centro Nazionale per il Libro; selezioniamo e/o sosteniamo economicamente la partecipazione dei traduttori, insieme agli scrittori romeni, a vari eventi da noi promossi (come l’incontro annuale al Bistrot de Venise con un poeta romeno) oppure ai festival importanti del settore: Il Festival Internazionale di Poesia di Genova (dove quest’anno la Romania avrà una sezione speciale); il Festival Internazionale della Letteratura di Mantova; il Festival Letterario della Sardegna.

Guardando al futuro, quali scrittori romeni non ancora tradotti in italiano andrebbero a suo avviso proposti?

La sua domanda avrebbe un peso importante in un dibattito che varrebbe la pena avviare, con finalità pratiche e costruttive, sullo stato attuale della presenza della letteratura romena in Italia in generale, e sui traduttori e sulle traduzioni in italiano in particolare. A questo dibattito dovrebbero essere «convocati» tutti gli attori, sia romeni sia italiani: non dimentichiamo che, nella società contemporanea, l’atto traduttivo non è più – e non può più essere – un atto intellettuale solitario, ma, realisticamente parlando, parte integrante di un complesso che implica anche una dimensione finanziaria o commerciale, un’altra di marketing e un’altra ancora di PR ecc. Ho visto dei rapporti inseriti nelle politiche culturali nazionali di alcuni Paesi come la Polonia o l’Ungheria, basati su solide ricerche, sondaggi o statistiche che dimostravano, con dati concreti, quale è lo stato delle traduzioni della letteratura del rispettivo Paese, quale è il pubblico target, i numeri delle vendite, gli echi sui media ecc. Ritengo che un tale approccio sia più che necessario anche per le traduzioni dalla letteratura romena in tutto il mondo, non solo in l’Italia; l’Istituto Culturale Romeno, attraverso il Centro Nazionale per il Libro, ha fatto un bilancio di questo tipo, specifico dell’attività di questa istituzione, nel settore di cui parliamo. La mia risposta non può che essere, perciò, incompleta, da una parte; dall’altra, si trasformerebbe in un’analisi (secondo i periodi letterari, generi, orientamenti del pubblico target ecc.) più complessa, tanto più che la mia formazione è quella di filologo.
Vorrei però menzionare, senza alcun dubbio, tre aspetti. Il primo si riferisce alla necessità di alcune traduzioni aggiornate, realizzate da traduttori con esperienza, con una conoscenza pressoché perfetta di entrambe le lingue/letterature/culture, dei classici romeni. Il secondo si riferisce a quel circuito pragmatico di cui parlavo, nel quale entrano oggi l’atto traduttivo, il traduttore e anche lo scrittore. È una crudele realtà, ma il marketing richiede anche una presenza perseverante, costante dello scrittore: dalla sua presenza nello spazio virtuale alla partecipazione alle fiere del libro, ai festival, ai premi ecc. Anche per questo motivo, gli scrittori romeni contemporanei di grande valore ma non più viventi – non hanno beneficiato di traduzioni o promozione come avrebbero meritato, e non solo in Italia. Penso, ad esempio, a nomi quali Nichita Stănescu, Cezar Baltag, Mircea Ivănescu, Mircea Horia Simionescu, Ioan Alexandru. Infine, un obiettivo per il quale varrebbe la pena ideare una strategia unitaria e perfino aggressiva, sia da parte delle istituzioni sia degli attori individuali, si riferisce alla pubblicazione di traduzioni di letteratura romena presso le grandi case editrici d’Italia.

Come valuta il contributo delle associazioni e delle pubblicazioni che sostengono la letteratura romena in Italia?

Dovrebbero essere annoverate tra gli «attori» di cui parlavo precedentemente, soprattutto relativamente alla necessità di una strategia comune, a medio e lungo termine, per la promozione della letteratura romena in Italia. Al momento, non penso si possa parlare di una strategia comune, cioè elaborata e applicata, con questo obiettivo, da tutti i partecipanti (individuali e istituzionali, statali e privati, della Romania e d’Italia). IRCCU Venezia ha iniziato sia questa forma di partenariato istituzionale (con la cattedra di italiano dell’Università di Bucarest e l’Associazione Italiana di Romenistica), sia l’intermediazione e la permanentizzazione dei legami tra le varie generazioni di traduttori italiani, proprio perché convinti che si può costruire una simile strategia comune. Aspettiamo, quindi, che ci vengano incontro anche gli altri partecipanti, tra cui quelli da lei menzionati, purché nel segno di un coinvolgimento costruttivo, permanente e attivo.

Riguardo al pubblico italiano che di solito partecipa al Salone, quanto le sembra sensibile alle proposte editoriali romene?

Il pubblico del Salone di Torino non è uniforme; al contrario, i suoi segmenti si diversificano da un’edizione all’altra. Ad esempio, ho notato con molto piacere all’edizione dell’anno scorso le aspettative e le reazioni del segmento formato dalla comunità romena di Torino e dalla regione Piemonte, molto ricettiva a ogni iniziativa culturale di qualità.
Se vogliamo fare riferimento al pubblico italiano (generale o specialistico), la risposta meriterebbe una trattazione separata, perché le aspettative e le esigenze sono estremamente diversificate. Per tornare però alla strategia comune, articolata allo scopo di promuovere la letteratura romena in Italia, il pubblico target deve rappresentarne un criterio essenziale. Vorrei esemplificare con una battuta retorica che avevo fatto nella prefazione alla traduzione italiana del volume coordinato da Radu Pavel Gheo e Dan Lungu, Compagne di viaggio. Racconti di donne ai tempi del comunismo: dopo che l’interesse degli editori italiani per le realtà dei regimi comunisti, presenti quali pretesto metaletterario nei volumi di alcuni scrittori dopo l’’89 nei Paesi oltre la Cortina di Ferro, si sarà esaurito, speriamo che il valore notevole di queste letterature trascenda questo interesse, peraltro comprensibile dal punto di vista sociologico.

Ad un colpo d’occhio generale, come valuta l’attuale ricezione della letteratura romena in Italia?

Di nuovo, si tratta di una domanda complessa. A mio parere, nessuno può offrire una risposta categorica, mancando uno studio a medio-lungo termine che osservi rigorosamente i criteri sociologici e sia finalizzato in un bilancio-rapporto come quelli di cui parlavo prima, cioè inseriti nelle politiche culturali nazionali. Per quanto riguarda l’Italia, il giudizio comune, generale (cioè non giustificato da una ricerca rigorosa) offre una risposta prevalentemente negativa alla sua domanda: una ricezione scarsa o, nel miglior caso, «di nicchia» (in ambiti specialistici). Azzardo un pronostico: la presenza della Romania a questa edizione del Salone di Torino proverà, tanto per la qualità e la consistenza quanto per i suoi effetti concreti, che questo giudizio è infondato.

Per concludere, quali sono le sue aspettative sull’edizione 2012 del Salone di Torino?

Nell’ordine: onorare agli standard più alti lo statuto di Paese ospite d’onore (e, lo dico con comprensibile ambizione, vincere il confronto con la Spagna); trasformare questa edizione in un momento radicale per la presenza e la promozione della cultura e della letteratura romena in Italia, per la costruzione di quella strategia comune di settore sulla quale ho insistito nel nostro dialogo; valorizzare, da parte di tutti i nostri invitati, le opportunità uniche offerte dallo statuto di Paese ospite d’onore (anche in termini pratici: contatti, contratti, relazioni, collaborazioni, vendite ecc.); rafforzare il ruolo dell’Istituto Culturale Romeno di Bucarest – non solo in Italia, ma anche in tutti i Paesi dove ci sono le sue filiali – in questo settore di punta della cultura romena, ovvero la letteratura.



Intervista realizzata e tradotta dal romeno
da Afrodita Carmen Cionchin
(n. 5, maggio 2012, anno II)

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