Maura Locantore: «Italo Calvino ci lascia la ricerca della leggerezza e della grazia»

«Italo Calvino ci lascia la ricerca della leggerezza e della grazia, gli esercizi di stile, l’unione perfetta di grammatica e retorica, la capacità di avvicinare una visione politica e civile della società alla letteratura».
Il nostro Speciale Italo Calvino continua con Maura Locantore, laureata in Lettere e Filosofia e Dottoressa di Ricerca in Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università degli Studi della Basilicata. Ha pubblicato molti contributi nell’ambito della critica letteraria ed è attualmente impegnata in un progetto di ricerca presso l’Université de Poitiers. Studiosa di Pier Paolo Pasolini, si è occupata soprattutto della produzione friulana del poeta e in particolare ha trascritto diversi autografi, solo parzialmente editi, conservati presso il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia. Nell’ultimo periodo i suoi studi si concentrano sulla trascrizione della cospicua corrispondenza del poeta con i suoi amici e con diversi esponenti del mondo culturale italiano.


L’opera e la personalità di Italo Calvino sovente appaiono contraddittorie, considerata la grande varietà di atteggiamenti che, verosimilmente, riflette l’accadere delle poetiche e degli indirizzi culturali nel quarantennio fra il 1945 e il 1985. È possibile, tuttavia, rinvenire un’unità d’intenti?

Calvino, come altri autori del Novecento letterario italiano, ha vissuto appieno il suo tempo e, il cosiddetto secolo breve, è indubbiamente quello che è stato attraversato dalle maggiori trasformazioni storiche, politiche, sociali e culturali che hanno generato tante contraddizioni.
Tutti questi fenomeni sono molto evidenti nella personalità dell’autore, protagonista di tale temperie culturale e sono proporzionalmente traslate nella sua opera. Con questa riflessione, posta a premessa, mi pare si possa riconoscere se non un’unità di intenti costante, una robusta coerenza creativa e, d’altronde, non è un caso che la sesta lezione americana che Italo Calvino non ha fatto in tempo a scrivere si sarebbe dovuta intitolare Consistency, parola inglese che si può tradurre con vari termini, tra cui «consistenza» e «coerenza», entrambi consoni a quelle che erano le intenzioni dello scrittore ligure.


Neorealismo, gioco combinatorio, letteratura popolare sono tra i numerosi campi d'interesse toccati dal percorso letterario di Calvino. Su quali aree si è concentrata la sua attenzione?

Non so se per scelta o per destino, non sono mai stata costretta a dover scegliere un campo d’interesse specifico e, peraltro, sarebbe erroneo farlo difronte a un’opera che ancora oggi ci interroga; ma volendo provare a rispondere alla sua domanda, direi che sono stata sempre molto affascinata dall’arte combinatoria calviniana: l’autore gioca con il linguaggio e con la materia dei segni, ma ancor più lancia delle sfide al lettore e lo porta al centro di una narrazione cangiante e dalle molte prospettive.


«Nel Novecento è un uso intellettuale (e non più emozionale) del fantastico che s’impone: come gioco, ironia, ammicco, e anche come mediazione sugli incubi o i desideri nascosti dell’uomo contemporaneo». Così Calvino.

Non so se oggi questa lettura possa essere ancora attuale e sarei prudente nell’usare una separazione così netta fra intellettuale ed emozionale del fantastico in una società sempre più liquida e senza confini ben definiti, poiché ritengo che siano configurazioni complementari e come tali necessarie a riscoprire l’umano anche grazie all’uso del fantastico.


In qual misura il «fantastico» calviniano si fa pioniere del contemporaneo?

Nella misura in cui diventa uno spazio di libertà individuale che vuole però assurgere a luogo di riconoscibilità collettiva, scrivere una nuova storia che ci porta in un particolare castello dei destini incrociati: un labirinto che rappresenta la visione di una realtà complessa, composta da infinite possibilità di cui ogni individuo è artefice e fruitore.


Il 2023 appena concluso ha celebrato il centenario della nascita di Italo Calvino. Qual è il suo lascito alla posterità letteraria?

Italo Calvino ci lascia la ricerca della leggerezza e della grazia, gli esercizi di stile, l’unione perfetta di grammatica e retorica, la capacità di avvicinare una visione politica e civile della società alla letteratura.
Ci ha donato, inoltre, nelle Lezioni americane, un insegnamento importante: «Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica».


Quali sono, secondo lei, le sfide più ardue che la critica letteraria, ein particolare l’italianisticadeve affrontare al giorno d’oggi?

Il fallimento ideologico delle principali forme del pensiero e della cultura verso la fine del Novecento non ci ha ancora consentito né di affrontare in maniera critica questa degenerazione né di creare forme nuove che siano valide e condivise. Ecco credo che questo sia il vulnus più urgente da colmare in una società sempre più globalizzata, contaminata dalla presenza di nuovi media, e preda di un conformismo letterario e culturale. Basterebbe rinviare un attimo alle tante riflessioni circa l’uso dell’intelligenza artificiale, per scoprire quanto oggi sia ampio l’elenco delle sfide che ci attendono


Romano Luperini sostiene che il saggio critico, così come ereditato dal secolo passato, non ha più futuro. Come vede lei la trasformabilità di questa forma che si è istituzionalizzata in un vero e proprio genere letterario, sul quale si sono cimentati filosofi e critici celebri, tra cui Adorno e Lukács?

Questa domanda meriterebbe una riflessione molto più ampia che va dalla crisi dell’umanesimo e del prestigio della letteratura e degli studi letterari, alla prevalenza di una civiltà tecnologica fondata sulla legge del mercato, con la riduzione della cultura a intrattenimento, spettacolo e informazione. E dunque se appare oggi consumata la “forma saggio”, ritengo che non lo siano gli strumenti e i linguaggi adoperati in passato, si tratta dunque di ricontestualizzare la forma, ad esempio, attraverso le riviste letterarie on line, le rubriche sui giornali o i blog.


L’edizione 2023 del Premio Strega ha segnato non solo la vittoria di una scrittrice, ma anche un record di donne: otto scrittrici nella dozzina e quattro nella cinquina. Come si configura l’attuale status della letteratura esperita da donne?

Non mi appassiona a quale ‘genere’ appartenga la letteratura, la scrittura al femminile mi pare più che altro un brand editoriale: per me ci sono brave e bravi autori contemporanei. nel caso specifico dell’ultimo Premio Strega, ho letto le opere arrivate in finale e ho trovato suggestivo il tono narrativo, oltre l’autobiografia, del romanzo Dove non mi hai portato di Maria Grazia Calandrone


La letteratura romena è costantemente tradotta in italiano, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Norman Manea, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, Mircea Eliade, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2023. In che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?

La fruizione della letteratura straniera, in particolar modo della poesia, è talvolta condizionata dalla traduzione e, anche in questo caso dalle scelte operate dalle case editrici ed è per questo che ritengo importante e prezioso il vostro lavoro di promozione e diffusione della produzione letteraria romena.
Da studiosa di lunga data di Pier Paolo Pasolini, è stato per me inevitabile confrontarmi con l’opera e il pensiero di Mircea Eliade, mentre nelle mie letture personali sono stata travolta dal romanzo Solenoide di Mircea Cărtărescu; insomma, concludo con un po' di ironia, dovrò rintracciare ancora qualche altro Mircea, questo nome produce un certo fascino su di me…




A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 1, gennaio 2024, anno XIV)