Massimo Prati: «I libri d’avventura, occasione di viaggio interiore sia per l’autore, sia per il lettore»

«I libri di avventura, con i loro tratti salienti appena evocati, possono quindi essere occasione di viaggio interiore e di (re)invenzione del mondo sia per l’autore, sia per il lettore».
Nello spazio dedicato al romanzo d’avventura pubblichiamo il dialogo con lo studioso Massimo Prati. Si è laureato all’Università di Genova in Comunicazione Interculturale. Ha proseguito gli studi in Linguistica all’Università di Ginevra, nell’ambito del DEA, e in English Literature al St. Claire’s College-Oxford. È stato formatore a Supercomm-Ginevra e insegnante nel College Aiglon.
È autore di un racconto, Nella Tana del Nemico, inserito nella raccolta dal titolo, Sotto il Segno del Grifone, pubblicata nel 2004 dalla casa editrice Fratelli Frilli; di un libro intitolato I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova, edito nel 2017 dalla Nuova Editrice Genovese; di un lavoro sulla storia del calcio intitolato Gli Svizzeri Pionieri del Football Italiano, Urbone Publishing, 2019; di una ricerca storica dal titolo Rivoluzione Inglese. Paradigma della Modernità, Mimesis Edizioni, 2020; della seconda edizione de I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova, Urbone Publishing, 2020. Infine, coautore, con Emmanuel Bonato, del libro di didattica della lingua italiana, Imbarco Immediato, Fanalex Publishing, Ginevra, 2021. È anche autore di numerosi articoli, di carattere sportivo, storico o culturale, pubblicati su differenti blog, siti, riviste e giornali. Collabora con «Pianetagenoa1893» e «GliEroidelCalcio».


Nella produzione contemporanea cos’è rimasto della voglia di scoprire, dell’interesse verso l’inesplorato, della cupidigia di dileguarsi, dell’ardimento, della scaltrezza e della brillantezza caratteristici del romanzo d’avventura?

Tra l’inizio del Cinquecento e la fine dell’Ottocento le esplorazioni geografiche hanno fornito gli spunti creativi per la produzione di opere che rientrano nelle categorie dei romanzi realistici, dei lavori di fantasia o della saggistica. Uno degli esempi più illustri che mi viene in mente rispetto a queste tipologie di attività letteraria è Utopia di Thomas More.
Nell’epoca attuale i territori inesplorati sono una parte infinitesima del nostro pianeta. Di conseguenza, la «scoperta geografica» – tradizionalmente intesa – lascia minore spazio alla produzione letteraria contemporanea. Per questo motivo, credo che nell’epoca attuale in alcuni filoni letterari si sia sviluppata una «riesplorazione» del territorio o una utilizzazione di territori marginali a fini narrativi. Si tratta di riletture, investigazioni, ricostruzioni di vicende umane collocate in un dato ambiente geografico e sociale che sono anche occasione di scavo interiore per gli autori o per i protagonisti di determinati testi di narrativa. I primi esempi letterari italiani, del nuovo millennio, che mi vengono in mente sono le realtà metropolitane e periferiche di Gomorra, tratteggiate nella Napoli di Roberto Saviano o gli ambienti agresti isolati di Io non ho paura, evocati da Niccolò Ammaniti. 


Talvolta, gli scrittori d’avventura sono bistrattati dalla critica e dagli ambienti letterari, si ricordi la vicenda salgariana. Quali le ragioni dell’ostracismo?

È vero che, in alcuni casi e in alcuni contesti storici, determinati scrittori d’avventura sono stati bistrattati. Anche se non è sempre stato così in ogni tempo e per ogni autore: per certi aspetti, il Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes, è un nobile esempio di testo letterario che può essere collocato nella categoria del romanzo di avventura.
D’altra parte, a fronte di grandi autori delle varie letterature dell’Europa Occidentale, a fine Ottocento alcuni filoni letterari sono stati forse considerati come appartenenti a generi minori. Penso appunto ad alcuni romanzi di avventura ma anche a libri polizieschi o di genere «horror». Da tempo non è più così e oggi un esponente dei generi letterari chiamati in inglese «detective stories» o «legal thriller» può essere considerato alla pari di altri illustri narratori. Per quanto mi riguarda, per esempio, uno scrittore come John Grisham ha lo status di grande autore, dello stesso livello di autorevoli esponenti di altri filoni letterari. 


Il viaggio è certamente l’elemento esiziale del «romanzo d’avventura». Ebbene, quali significati esso può assumere nella ricerca di coordinate di interpretazione della realtà e della conoscenza di sé stessi?

Il viaggio, nella letteratura, è spesso considerato metafora della vita: «la vita è un viaggio». Nelle opere letterarie, i viaggi sono a volte occasioni per offrire uno spaccato della società, per dare una panoramica di determinati strati sociali, per proporre differenti visioni del mondo o per dare spazio a riflessioni filosofiche. A mio avviso, I Racconti di Canterbury, di Geoffrey Chaucer racchiudono contemporaneamente tutte queste suggestive sfaccettature.
In alcune grandi opere letterarie, il viaggio non è solo uno spostamento nello spazio ma è anche, e soprattutto, uno spostamento nel tempo: un viaggio nella «longue durée» di braudeliana memoria. Tornando alla letteratura italiana, un esempio affascinante di questa concezione letteraria del viaggio è rappresentata da Danubio di Claudio Magris, con non pochi riferimenti – tra l’altro – alla storia romena.
In altri testi letterari, il viaggio, la vita e l’avventura coincidono fino a fondersi e sovrapporsi completamente. È il caso di Novecento, di Alessandro Baricco dove, emblematicamente, la fine del viaggio coincide con il suicidio di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento (una tragica fine determinata dal disarmo e dalla distruzione della nave in cui il protagonista era nato e aveva vissuto per tutta una vita). 
Nella letteratura, il viaggio può essere quindi lettura e rappresentazione del mondo, conoscenza del sé, recupero, conservazione e trasmissione della memoria.


Il romanzo d’avventura ha un maggiore sviluppo con la nascita della letteratura di massa e trova piena espressione nell’Ottocento, grazie a una congiuntura di processi storico-culturali propizi. Un’ulteriore spinta propulsiva al genere viene data dal movimento del realismo, che ridona un’elevatezza e una completezza di espressione al romanzo avventuroso, di esplorazioni, di viaggi e di conquiste. Quali direzioni intravede per il prossimo futuro?

In effetti, alcuni storici della letteratura e alcuni critici letterari associano la nascita del romanzo moderno proprio allo sviluppo di un grande pubblico di lettori, già a partire dal Settecento. È il caso di Ian Watt e di un suo celebre lavoro The Rise of the Novel, opera tradotta in Italia con il titolo di Le origini del romanzo borghese. Tra l’altro, tra i testi analizzati da Watt, troviamo Robinson Crusoe, che può essere considerato a pieno titolo un romanzo di avventure.
Nella letteratura contemporanea, invece, e in particolare nella narrativa, una tendenza che andata sviluppandosi nel corso del tempo è quella della creazione di racconti e romanzi da parte di autori che ricorrono a una commistione di generi. Una possibile direzione per il futuro del romanzo di avventura è che esso abbia contemporaneamente alcuni tratti riconducibili a due o più generi letterari differenti: realismo, autobiografia, fiction, fantascienza, thriller, libro-inchiesta, diario di guerra.


I libri d’avventura sono capaci di portare il lettore in terre lontane e inesplorate, di farlo viaggiare con la mente e con l’immaginazione, stimolandone la fantasia, il desiderio di scoperta e il gusto per il nuovo e l’inaspettato. Paesi esotici, animali insoliti, lande disabitate possono essere il contesto adatto a un «viaggio interiore»?

Paesi esotici, animali insoliti e lande disabitate hanno spesso trovato spazio nella letteratura e in numerosi casi hanno funzionato da vero e proprio spunto creativo. L’avamposto isolato in terre di frontiera, la missione in territori inesplorati, l’immersione in una natura incontaminata, l’eremitaggio, l’addentrarsi in zone rurali marginali o nelle periferie metropolitane abbandonate: si tratta di elementi, che possono contribuire, e che di fatto hanno storicamente contribuito, alla formazione della struttura di numerosi lavori di narrativa, elementi da cui in effetti hanno preso le mosse numerosi racconti e romanzi.
Il luogo esotico ha spesso ispirato grandi opere della letteratura. Anche se sull’esempio che porto non c’è unanimità tra gli studiosi, segnalo che secondo alcuni critici letterari La tempesta, di William Shakespeare, avrebbe in parte tratto spunto da un naufragio di una nave inglese nelle isole Bermuda.
Anche nella pittura gli esempi sono noti e frequenti. A proposito di animali insoliti, quelli originari dell’America potevano essere ancora considerati tali agli occhi degli europei del Seicento. Sul piano artistico è interessante notare che in alcune opere pittoriche di Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto (Genova 1609-Mantova 1663 circa), tra gli animali che entrano nell’arca di Noè troviamo tacchini e porcellini d’India. Siamo di fronte quindi a temi biblici in cui questo pittore ricorre volutamente all’anacronismo come artificio artistico e reinterpretazione di un capitolo della storia delle religioni.
La letteratura di viaggio e i libri di avventura, con i loro tratti salienti appena evocati, possono quindi essere occasione di viaggio interiore e di (re)invenzione del mondo sia per l’autore, sia per il lettore.


Tra narrativa e poesia, la letteratura romena è costantemente tradotta in italiano, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Norman Manea, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, Mircea Eliade, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2024. In che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?

Lavorando in Svizzera da oltre vent’anni, e vivendo in un contesto culturale francofono, non sono in grado di stabilire con precisione quanto la letteratura romena sia conosciuta in Italia. Personalmente ho avuto modo di leggere alcuni lavori di Herta Müller, di Mircea Eliade e di Emil Cioran.
Herta Müller, scrittrice romena di lingua tedesca, vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 2009, ha evidentemente raggiunto una fama mondiale. In Italia i suoi lavori sono stati pubblicati da grandi e prestigiose case editrici, quindi è sicuramente conosciuta da un vasto pubblico di lettori. 
Quanto a Emil Cioran e Mircea Eliade, dal mio punto di vista di persona con un orientamento libertario e progressista, è impossibile pensare a queste figure della letteratura romena prescindendo dalle loro responsabilità storico-politiche. Ciò detto, penso che si tratti di personalità che trovano uno spazio importante nel mondo culturale della francofonia anche in ragione delle loro vicende biografiche legate alla Francia e al fatto che hanno pubblicato diversi lavori originali direttamente in francese.


A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 6, giugno 2024, anno XIV)