L’editor che sussurra agli scrittori. Dialogo con Maria Cristina Olati

I libri non sono uno sforzo solitario. I libri nascono da incontri, da tante menti che si confrontano, da affinità intellettuali. I libri sono la commistione di molti elementi e, a fianco a figure evidenti, come il grafico o il direttore editoriale, ci sono altre figure, che si percepiscono come una sfumatura, esseri inafferrabili come gli editor. E, spesso, è proprio il loro tocco a fare la differenza nel modo in cui il talento di un autore si modula seguendo il ritmo, sì, dell’estro, ma anche di quell’architettura necessaria a creare un mondo possibile.
Di questa professione così delicata e essenziale, ne abbiamo parlato con Maria Cristina Olati, editor freelance e talent scout. Laureata in Filosofia, Maria Cristina Olati ha lavorato presso la casa editrice Bompiani e si è occupata di scouting per alcune agenzie letterarie anglosassoni. Laura Boldrini, Maria Luisa Busi, Andrea Carandini, Dario Franceschini, Luigi Manconi sono solo alcuni degli autori da lei curati. Colosseo Vendesi di Marcello Sorgi, Ti devo un ritorno di Niccolò Agliardi, La misura eroica di Andrea Marcolongo, La casa degli sguardi, libro d’esordio di Daniele Mencarelli, finalista del premio Strega 2020, sono soltanto alcuni dei libri da lei curati e editati.
Chi sia l’editor, il talent scout, cosa cercano gli editori e cosa debba avere un romanzo per conquistare l’esordio, lo abbiamo chiesto direttamente a Maria Cristina Olati.


Ci sono scrittori che sostengono di aver scritto un romanzo in tre mesi, per altri, invece, la scrittura è sempre riscrittura. Dal punto di vista di un editor, come stanno le cose?

Il processo di scrittura cambia da vissuto a vissuto, secondo me. C’è chi passa una vita a non scrivere e a vivere; per questi autori, la scrittura diventa una trascrizione. La memoria ha raccolto il vissuto e diventa pronta a esplodere. In Daniele Mencarelli, per esempio, il processo di scrittura si traduce in una costante battaglia per la scelta delle parole, gravide di ricordi e di emozioni.
La costruzione del romanzo, invece, tiene dell’architettura; essa deve sorreggere un insieme di emozioni che si manifesta nella lingua, indossando le parole più naturali possibili affinché non si tradisca l’artificio, l’architettura, appunto. Il processo della scrittura diventa spesso una battaglia volta a trovare lo sguardo con cui guardare nella memoria e trasformarla in un’emozione che possa essere colta dal lettore.

Dal punto di vista del talent scout, quali caratteristiche devono avere gli scrittori che segui?

Sono tutti adulti gli scrittori che seguo. Prima dei quarant’anni, a mio avviso, non si è maturi a sufficienza per avere un esordio. Certo, e per fortuna, esistono le eccezioni, ma per mia esperienza gli autori della maturità hanno una voce più convincente.

In quanto talent scout, che cosa cerchi in un romanzo?

L’anima. Quello che mi interessa è la parte più profonda, più viva che si annida in un romanzo. L’anima è il luogo profondo di un romanzo, è ciò che ti fa sentire di essere tornato a casa. Tutti gli esordi che ho deciso di portare avanti sono opere di cui mi sono innamorata e il parametro per comprendere se fossi innamorata, è stata la loro capacità di emozionarmi. Anzi, le lacrime sono state il parametro per comprendere l’innamoramento.

Oltre al talent scout, sei un editor che collabora con le più importanti case editrici italiane. Quali sono le difficoltà che si incontrano nel rapporto con gli scrittori?
 
Prima di tutto, per me, fare l’editor significa mettersi in ascolto, accogliere, attraverso la lettura, lo scrittore. Ho scoperto l’editoria nei miei anni milanesi, prima come redattrice in Bruno Mondadori, dove ho appreso la tecnica. Poi in Bompiani, seguivo i Tascabili Bompiani, un’esperienza a 360 gradi, è stata la mia formazione onnivora. Mi interessava tutto, imparavo a leggere i contratti, a fare il budget con la segretaria di redazione, a vistare le ciano, a intessere i rapporti con gli autori, a portare avanti la programmazione editoriale, ascoltavo persino i magazzinieri perché pensavo avessero qualche segreto da svelarmi. Volevo sapere tutto del mondo editoriale. Lavoravo ininterrottamente e mi piaceva, più sapevo e più volevo sapere. Poi sono approdata ai testi, e nemmeno credevo di esserci portata. Invece è stato come in un innamoramento, ci sono caduta dentro. Dicono che l’editor sia un lettore speciale, condivido pienamente, io divento le pagine del libro che leggo. Dopo quasi dieci anni di esperienza milanese, nel 2006, mi sono trasferita a Roma, ma ho continuato a lavorare in Rcs. Proprio nella Capitale, ho iniziato quello che sarebbe diventato il lavoro dei miei anni «maturi», la scout&editor free lance. Curo esordi di cui sono spesso sia la scout sia l’editor, (certe volte sono gli autori a scoprire me) e piano piano ho creato una mia squadra.
Il mio è un lavoro insolito nel panorama italiano dove ci sono o gli agenti o gli editor, ma io non ho scelto il mio lavoro per essere originale a ogni costo. In un momento di grande difficoltà lavorativa ho realizzato che gli autori sono sempre stati la mia forza, hanno sempre creduto in me e poi nessuno più curava gli esordi: troppo difficili, troppi rischi, pagati pure poco. E allora mi sono detta, «se non ci prova nessuno, ci provo io». Mi è capitato spesso di «vedere» un libro quando ancora non esisteva. Una specie di istinto da ostetrica dei libri che mi porta a scovare gli autori giusti.
A fare l’editor si finisce per fare anche un po’ lo psicologo e questo mi ha portato a non avere difficoltà nel rapporto con gli autori anche nel momento in cui ho dovuto far accogliere alcune mie perplessità o suggerimenti. L’editor non è un lettore che violenta l’autore, è l’altra voce dell’autore. E se l’editor resta in ascolto può dare solo i consigli giusti.
L’elemento essenziale perché questo rapporto funzioni è l’atteggiamento di totale fiducia che deve nascere tra queste due persone che si parlano, che agiscono nel bene del libro. Poi, come dico sempre agli scrittori che seguo, in un rapporto salutare, tra editor e autore, non possono mancare i momenti in cui gli autori devono difendere il proprio libro anche da me. 

Gli editori, invece, i grandi editori, che cosa cercano in un esordio?

Cercano esordi che contengano grandi emozioni. Cercano sentimenti veri, inclusa la sofferenza, che non è più considerata tabù, ma è diventata un’esigenza per capirsi. 

Potessi fare una riflessione legata al panorama editoriale italiano: qual è la realtà alla luce dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo?

Il fatto è che i librai, soprattutto quelli indipendenti, hanno lavorato creando un circuito virtuoso, organizzando le consegna dei libri, video presentazioni, dando vita a un passaparola che li ha premiati in termini di vendita. Librai che stavano scomparendo sono rinati, con un immenso lavoro di tenacia e creatività. I librai indipendenti sono un elemento molto importante, specie per gli esordienti. Il Covid19, in un certo senso, ha fatto bene ai libri. Quelle che hanno sofferto molto sono state le grandi librerie, il grande sistema è andato in crisi, mentre i piccoli sistemi si sono rafforzati.








A cura di Irina Turcanu Francesconi
(n. 12, dicembre 2020, anno X)