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Per il centenario della morte del grande tenore Enrico Caruso. Dialogo con Marco Urraro
Nell’ambito della collaborazione della nostra rivista con «Spazi Culturali», il periodico di approfondimento culturale di Guida Editori di Napoli che nel numero di ottobre dedica alla Romania un ampio inserto a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone, segnaliamo un’importante ricorrenza di quest’anno: il centenario della morte di Enrico Caruso (1873-1921), tenore napoletano di fama mondiale e uno dei pochi italiani che ha ricevuto l’onore di una stella a cinque punte infissa nel viale che celebra la gloria dell’arte lungo la Walk of Fame di Hollywood. Per l’occasione, Guida Editori gli ha dedicato un libro: Caruso di Marco Urraro.
Questa biografia romanzata vuole essere un tributo di ammirazione e di stima verso un uomo moderno, avanti coi tempi, che ha rappresentato un fulgido esempio non solo per la sua celebre e incantevole voce, ma soprattutto per la sua gentilezza d’animo, il suo altruismo e la sua prorompente voglia d’amare, perseguendo e indicando un traguardo d’immortalità non solo dell’arte ma anche dello spirito. «Quest’opera sulla figura di Enrico Caruso nasce da un vecchio progetto che finalmente si è realizzato. Scriverlo – confessa l’autore – è stato emotivamente molto impegnativo, per via di certi aspetti particolarmente dolorosi della vita del tenore».
Caruso non è un saggio biografico bensì una biografia romanzata. Per quale ragione ha preferito adottare questa specifica tipologia narrativa per esemplificare una figura tanto complessa, carismatica, prodigiosa di cui, ad oggi, non esiste una biografia perfettamente aderente alle peculiarità del genere?
La personalità di Caruso è stata talmente poliedrica che lo vedeva sempre coinvolto in attività di diverso e numeroso genere; la mia biografia romanzata sicuramente ben si è adattata a narrare la storia di un uomo che è fin troppo specifica, tanto che spesso si avvertono non pochi chiaroscuri su numerose vicende che lo riguardano. A mio avviso oggi non c’è una particolare ricchezza di biografie del tenore in termini di precisione, gli autori tendono ognuno a dare un’interpretazione della vita di Caruso, perciò ho voluto personalmente compensare queste carenze proprio assumendo nel mio lavoro una linea narrativa in termini di biografia romanzata che tra fatti cronologicamente veri e altri maggiormente caratterizzati magari dall’invenzione ha lo scopo di raggiungere però un obiettivo preciso: introdurre il lettore alla personalità verace di Enrico Caruso, cosa nella quale credo di essere riuscito benissimo.
L’uso ‘anatomico’ del diaframma, dei polmoni, delle corde vocali fanno sì che Caruso continui a detenere il primato nell’ambito dell’evoluzione musicale. Produzione vocale eccezionale o addirittura «divina». Quali sono le specificità della voce di Caruso?
Proprio il 2 agosto scorso, in merito alle celebrazioni del centenario della morte del grande tenore, ho avuto modo di osservare diffusamente la definizione «divino» da parte di intellettuali, scrittori e ammiratori attuali verso la figura tenorile di Caruso. Io penso comunque che nell’essere considerato divino sia più la sua personalità umana che quella artistica, arte carusiana che mi permetto invece di definire «magica». A ogni modo che in Caruso si esplicasse una grande natura umana cristiana è doveroso da affermare già da queste righe; io stesso, rileggendo il finale del mio romanzo, mi sono reso conto della natura super umana del divo, uomo moderno che oggi potrebbe benissimo vivere senza problemi nella nostra epoca non solo cantando, ma anche parlandoci sicuramente del divario attuale tra la conoscenza dell’arte e la miseria umana, la quale soprattutto oggi ha portato la società alla volgarizzazione e al disinteresse per la cultura e la religione, e immobilizzando, cosa ancor più terribile, ogni tentativo di porvi rimedio. All’epoca di Caruso tutto ciò non esisteva: tutti, ricchi, poveri, emigranti, intellettuali e analfabeti erano uniti nella voce di Caruso, e mi domando a cosa si sarebbe giunti in termini di progetti se il giovane tenore non fosse stato stroncato dalla malattia.
Caruso divenne noto poiché era stato capace di condividere incessantemente con il prossimo anche la «natura intellettiva» della sua arte. Ebbene, si potrebbe asserire che la magiadi Caruso consista nel lasciare che ognuno senta come propria la sua voce?
Domanda importante questa, difatti la grande magia di Enrico si attua ancora oggi, attraverso soprattutto i suoi ricercatissimi dischi d’epoca, in una sorta di estasi repentina che porta l’ascoltatore a identificarsi subito col tenore e a sentire propria la sua voce: è in questo che si stabilisce la magia di Enrico Caruso. Lui comunque non condivise solo la natura intellettiva della sua arte, anzi non peculiarmente questo, ma innanzitutto la sua capacità di immedesimarsi nel prossimo, fosse un reduce dal fronte, un emigrante o un povero del suo tempo.
Caruso resta un filo conduttore tra due epoche, quella sua povera ma ricca di iniziative e quella attuale, moderna, benché sterile di progetti nei termini dell’Arte. A suo avviso, è collocabile nel tempo o travalica il tempo?
Come ho già accennato, l’epoca di Caruso era pervasa da iniziative di grandi mutamenti che però non si risolsero in un dato di fatto: la Prima guerra mondiale specialmente è da considerarsi come conflitto non intellettuale, come potrebbe diversamente sembrare, ma fisiologico nei termini del solo progresso umano scientifico. Ebbene, Caruso in pochissimo tempo da solo ebbe la forza di aiutare tutti nel superare i disastri della guerra e le sciagure morali e demografiche che si stavano attuando dopo il conflitto con la sua grande arte; cosicché lui è stato non solo un uomo di carisma eccezionale, ma anche un soggetto umano che ha vissuto incarnando un’epoca in tutta la sua sofferenza che tuttavia il famoso tenore ha saputo trasformare in pace e ottimismo, cose queste ultime che ci ritroviamo nelle nostre mani quale eredità nell’attuale e che quindi travalica appunto l’epoca otto-novecentesca.
Lo spirito libertario di Caruso si espresse attraverso l’incessante opera di carità verso gli ultimi e i più deboli. Caruso fu anche un generoso Mecenate: in nome di quali principi etici e morali?
Sempre cristiani, Caruso d’altronde fu uomo particolarmente devoto e religioso. Le sue opere assistenziali e di carità resteranno celebri per sempre: non dimentichiamo solo quello che fece per i reduci, gli invalidi, le famiglie dei caduti della Grande Guerra; un conflitto militare e politico questo che Enrico Caruso seppe riportare alla normalità sociale con la sua esemplare voglia di amare, ma anche col destino della sua morte dopo la quale, come spesso accade con gli uomini illustri, si sarebbero scatenate in Europa nuove tendenze antistoriche e quindi anticristiane, e varie forme di totalitarismi che avrebbero portato l’Occidente presto verso una nuova guerra, ma soprattutto verso la disincarnazione ultima del senso di pietà nell’uomo da cui è oggi afflitta particolarmente la nostra società. A ogni modo, ciò che mi colpisce molto è il prolungarsi fino a noi di tale mecenatismo: è ciò che vedo sprigionarsi in termini di gaiezza ed entusiasmo nelle persone nel solo sentire nominare Enrico Caruso; soprattutto gli uomini in quanto maschi esprimono una grande ammirazione verso il tenore in termini di virilità; tutto ciò nel complesso mi commuove e mi fa sentire, dopo aver scritto il mio romanzo, un vero, libero uomo.
A cura di Giusy Capone
(n. 10, ottobre 2021, anno XI)
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