Centenario Calvino. In dialogo con Manuela Ormea

A ottobre ricorre il centenario della nascita di Italo Calvino. La nostra rivista gli dedica uno speciale che si apre con l’intervista a Manuela Ormea, autrice di Il mondo che verrà. Incontri con l’Altrove di Italo Calvino (Lo Studiolo, 2022). Il libro è un viaggio nel ‘corpus’ dell’opera calviniana attraverso confronti e relazioni che mostrano come il noto scrittore sia stato capace di anticipare temi di grande attualità. Il saggio si sofferma sui ‘motivi’ che ritornano nelle opere di Calvino: il fantastico, l’esperienza partigiana, il rapporto con l’altro e così via.

L’opera e la personalità di Italo Calvino sovente appaiono contraddittorie, considerata la grande varietà di atteggiamenti che, verosimilmente, riflette l’accadere delle poetiche e degli indirizzi culturali nel quarantennio fra il 1945 e il 1985. È possibile, tuttavia, rinvenire un’unità d’intenti?

Credo sia legittimo rinvenire una sorta di pulsione etica nell’intera opera calviniana. Lo stesso Calvino ha sempre affermato che ciò che ha scritto e pensato è partito dall’esperienza della Resistenza, che lo ha letteralmente messo al mondo come scrittore.  Inoltre, nel saggio Una pietra sopra, ha scritto che l’operazione di uno scrittore è tanto più importante quanto più lo scaffale ideale in cui vorrebbe collocarsi è pieno di libri che non si è abituati a mettere uno a fianco dell'altro e il cui accostamento può produrre scosse elettriche e corto circuiti. Fuor di metafora, è possibile affermare che la scelta di campo sia il bisogno di resistere all'ingiustizia, ai luoghi comuni e alla genericità del linguaggio.
Calvino, grazie all’incessante sperimentalismo ha anticipato temi di grande attualità, che sono collegabili alla visione postumana ed ecologica, come cerco di proporre laddove suggerisco approcci con filosofe come Donna Haraway, Rosi Braidotti e Tiziana Villani o prossimità ad autrici come Aimée Bender, Olga Tokarczuk e Wisława Szymborska.


Neorealismo, gioco combinatorio, letteratura popolare sono tra i numerosi campi d’interesse toccati dal percorso letterario di Calvino. Su quali aree si è concentrata la sua attenzione?

Sono partita cercando di collegare la narrativa dell'ultimo Calvino con la teoria critica postumana, ma ‘strada leggendo’ sono tornata alle prime opere comprendendo che in tutto il corpus calviniano è possibile rinvenire il ‘fantastico’ come presa di distanza o levitazione che consente di essere all’altezza dei tempi perché stabilisce connessioni e incontri con l’altro-ve e con tutte le specie presenti sul Pianeta. Il soggetto umano non è più antropocentrico e violento bensì depotenziato e indebolito, alla ricerca di una completezza umana, di un'integrazione da raggiungere attraverso prove pratiche e morali insieme, al di là, come suggerisce lo stesso Calvino, dei dimidiamenti che vengono imposti all'uomo contemporaneo. 
Si pensi soltanto al Barone rampante. Questo romanzo esprime un movimento in atto nel mondo reale, la continuità e continua diversità del reale; è storia emblematica di incontri e metamorfosi come può esserlo la narrazione di un'educazione e una tensione morale. D’altra parte anche lo sguardo di scorcio di Pin, il monello protagonista del primo romanzo sulla resistenza non può essere collocato esclusivamente in una poetica neorealista.
Non so se sono riuscita a rispondere efficacemente alla domanda, ma in poche parole ho fatto un viaggio zigzagante nell’opera dello scrittore mappando dei percorsi di orientamento nel mondo di Calvino e trovando poco interessante dividere il corpus calviniano in aree o generi letterari differenti. Come ho già detto, si possono rinvenire tratti coesivi nei diversi campi esplorati dallo scrittore.
Su alcune opere ho costruito dei ‘viaggi di lettrice’ in cui sottolineo lo stretto legame che intercorre tra scrittore e lettore in tutta l'opera calviniana.


«Nel Novecento è un uso intellettuale (e non più emozionale) del fantastico che s’impone: come gioco, ironia, ammicco, e anche come mediazione sugli incubi o i desideri nascosti dell’uomo contemporaneo». Così Calvino. In qual misura il «fantastico» calviniano si fa pioniere del contemporaneo?

Il fantastico calviniano prende le mosse proprio dal rapporto, strenuo e stretto, che intercorre tra la realtà del mondo in cui viviamo e la realtà del pensiero che avvertiamo in noi. Per Calvino realismo e gusto dell'inverosimile sono due facce dello stesso atteggiamento razionale. Il fantastico diviene il genere letterario progettuale per eccellenza, un genere razionale, critico che consente lo sguardo utopistico calviniano. Lo sguardo di chi non accetta il mondo così com'è, ma desidera cambiarlo.


Tra le relazioni e i confronti che tesse, Professoressa Ormea, c’è anche la filosofia di Gianni Vattimo, recentemente scomparso. Qual è il nesso logico ed emozionale tra Vattimo e Calvino?

Molti sono i legami di Calvino con la filosofia ermeneutica di Vattimo, a partire dalla nozione di debolezza dei personaggi. Un nesso che mi pare certo è la negazione di strutture stabili dell’essere alle quali il pensiero dovrebbe rivolgersi per ‘fondarsi’ in certezze non precarie. Il modo cosiddetto ‘debole’ di fare esperienza della verità di Vattimo, non come oggetto di cui ci si appropria e che si trasmette, ma come orizzonte e sfondo entro il quale, discretamente, ci si muove è lo stesso che riconosco nella letteratura filosofica di Calvino. Entrambi sono riluttanti ad adottare un metodo onnicomprensivo; limitano la conoscenza a ‘grumi di senso’ e frammenti d’esperienza; rispettano la pluralità delle visioni del mondo e riconsiderano la potenza metaforica dei miti. Certamente in ambiti diversi, ma non troppo! Se è vero che nella letteratura italiana, da Dante a Galilei, da Leopardi a Pirandello la filosofia ha un luogo privilegiato.
Il nesso emozionale lo trovo tra me e questi ‘padri’. L’uno è stato il mio maestro all'università e nella vita, l’altro mi ha permesso di far pace con le mie radici e mi ha offerto un orientamento, non solo spaziale.


Il 2023 celebra il centenario della nascita di Italo Calvino. Qual è il suo lascito alla posterità letteraria?

Direi le Lezioni americane postume, ancora tutte da rivitalizzare. Secondo la presentazione della moglie Esther Singer, il contenuto delle sei conferenze che lo scrittore italiano avrebbe dovuto tenere all'università Harvard del Massachusetts, nell'anno accademico 1985-86, diventarono per Calvino una vera e propria ossessione for the next millennium. Dunque lo scrittore sanremese era perfettamente consapevole di come la ‘leggerezza’, la ‘rapidità’, l’esattezza, la ‘visibilità’, la ‘molteplicità’ e la consistenza (di cui purtroppo non abbiamo la descrizione ma solo l’espressione di un intento) avrebbero dovuto informare l’attività degli scrittori e non solo. Riflettendo su questo catalogo e sui talismani per le giovani generazioni, di cui parlo in un capitolo del libro, ho maturato l’idea che qui vi siano le idee guida per affermare che la letteratura è la forma di conoscenza più utile a pensare il mondo in divenire, ad anticipare i tempi. Come Calvino afferma in un'intervista di Sono nato in America...* «le cose dette indirettamente, simbolicamente, non smettono (...) di essere attuali e possono trovare nuove applicazioni».


Quali sono, secondo lei, le sfide più ardue che la critica letteraria, ein particolare l’italianistica, deve affrontare al giorno d’oggi?

In termini sintetici mi verrebbe da sostenere che sono l’uscita da un realismo serioso e obsoleto e la rivendicazione dell’elemento marginale, fantastico, surreale che rende maggiormente operante nella cultura contemporanea, italiana e no, la critica allo status quo.


Romano Luperini sostiene che il saggio critico, così come ereditato dal secolo passato, non ha più futuro. Come vede lei la trasformabilità di questa forma che si è istituzionalizzata in un vero e proprio genere letterario, sul quale si sono cimentati filosofi e critici celebri, tra cui Adorno e Lukács?

Questa domanda apre alle grandi questioni generali di fronte alle quali si trovano autori di letteratura e critici, nella nostra società a capitalismo finanziario avanzato.
Di quale saggio critico Luperini vede la fine storica? Quello della politicizzazione dell’arte? Se la letteratura non è più la rappresentazione realistica della realtà storico-sociale cosa può diventare? Una forma distopica di romanzo? E il saggio critico? Una biofiction in cui la teoria critica è al contempo narrazione mista dell'esperienza del lettore/scrittore?
Come si evince, so formulare soltanto alcuni quesiti...


L’edizione 2023 del Premio Strega ha segnato non solo la vittoria di una scrittrice, ma anche un record di donne: otto scrittrici nella dozzina e quattro nella cinquina. Come si configura l’attuale status della letteratura esperita da donne?

È proprio di questi giorni la notizia che il premio Campiello è stato assegnato a Benedetta Tobagi con il suo La resistenza delle donne.
C’è una parola chiave che forse consente una risposta: le donne sono attualmente delle lettrici instancabili e bulimiche di libri ‘imperdibili’ scritti da donne. Diceva Virginia Woolf: «Penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine». Ecco perché vediamo tante donne scrivere ed essere premiate; esse osano e non hanno più paura a raccogliere il testimone della scrittura dalle sorelle più grandi e/o dai grandi autori.


La letteratura romena è costantemente tradotta in italiano, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Norman Manea, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, Mircea Eliade, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2023. In che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?


Ritengo che Herta Müller, Emil Cioran e Mircea Eliade siano abbastanza conosciuti.
Io ho amato molto L’altalena del respiro di Herta Müller. Trovo che sia un romanzo prezioso, in cui il tema del Lager è raccontato attraverso l’ossessione per dettagli che riguardano tutti e cinque i sensi e la materialità del corpo e delle sue passioni ed eccitazioni. È un libro straordinario, scritto con una freschezza di stile prodigiosa.
Credo che grazie a queste sollecitazioni e ai consigli ricevuti, leggerò altri libri di autori/autrici tradotti in italiano dal romeno.





Manuela Ormea è nata a Sanremo dove attualmente risiede e lavora come docente di Lettere. Ha vissuto e operato a Torino, Losanna, Atene e Malta. Ha un figlio. È autrice del romanzo Ci vorrà del tempo (Manni, 2005), del volume di racconti Il cappottino rosso (redazione, 2013), di due sceneggiature originali Guardami…esisto! (2008) e La moglie afghana (2010), entrambe portate in scena dal Teatro dell’Albero di San Lorenzo al Mare (IM). Ha realizzato il reading teatrale Mediterraneo sotto la lingua (2010), viaggio tra letteratura, musica, immagini e cucina, ispirato alle opere di Jean-Claude Izzo. Ha collaborato con la rivista torinese «Interdependence», con recensioni letterarie. Collabora con la rivista trimestrale femminista «Marea», diretta da Monica Lanfranco.



A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 10, ottobre 2023, anno XIII)