Letteria Giuffrè Pagano: Identità e ricerca di senso, un bilancio sul festival «teatROmania» di Roma Si è da poco conclusa la quinta edizione del Festival «teatROmania_emersioni sceniche» di Roma, di cui la nostra rivista è media partner. Echi di notevole interesse ci giungono dall’intervista a Letteria Giuffrè Pagano, direttore artistico della manifestazione. Il programma di «teatRomania» 2015 colpisce per la varietà dei temi dei lavori teatrali andati in scena e anche per gli eventi – laboratorio e dialogo con gli artisti – che ne hanno fatto da cornice. Come si è riusciti a mettere insieme tale effervescenza di idee con le loro particolarità sceniche? Apparentemente, nessuno. Tuttavia, nel lavoro di Caramitru, che si basa su una scelta precisa di certi testi di Eminescu, il tema è la riflessione filosofica sul senso dell’esistenza individuale e collettiva, riscontrabile in tutti gli altri spettacoli andati in scena nei giorni precedenti. Potremmo dire che il filo conduttore, il nesso che lega le rappresentazioni di questa edizione, sia quello della identità. Lo stesso Caramitru, dopo lo spettacolo, ha tenuto a precisare che il suo Eminescu non è il poeta sdolcinato che presentano i manuali scolastici, bensì un autore complesso, molto dotato sul piano filosofico e scientifico, che è anche all’origine della lingua romena di oggi. Tutti gli altri spettacoli, pur nella loro diversità tematica e poetica, ruotano attorno al tema della identità e della dignità umana. L’incursione in questioni di viva attualità, come quelle riferite all’identità di genere, che s’incuneano e s’intrecciano sorprendentemente con il tema dello spettacolo «Burrnesha» sembrerebbe il momento più caratterizzante, di maggior attrattiva di teatRomania 2015. Il pubblico del festival si dimostra sempre attento ed esigente, e noi siamo soddisfatti di questo. Ciò ci permette di migliorare ma anche di avere la certezza che queste serate non sono solo un mero svago. «teaROmania» è anche condivisione e riflessione, in cui i diversi linguaggi della scena fanno da tramite tra ciò che l’artista ha da dire e ciò che il pubblico ha volontà di accogliere. Un’alchimia che solitamente riesce, ne abbiamo certezza grazie ai feedback del pubblico che con generosità non solo applaude ma si intrattiene con noi dopo gli spettacoli, e in maniera informale anche al termine delle «emersioni critiche», dando maggiore riverbero alla comunicazione. Il nostro è un appuntamento ormai annuale per il pubblico romano ma anche per la comunità romena, arricchito di volta in volta da spettatori nuovi. Difficile fare delle differenze sotto quest’ultimo profilo. Siamo contenti di essere riusciti, comunque, ad avere per lo spettacolo con Ion Caramitru e Aurelian-Octav Popa – molto apprezzato anche dagli italiani presenti – una buona presenza di pubblico romeno, in questo caso maggioritario. Il modo di fare teatro, con tutte le sue componenti e implicazioni, in Italia e in Romania: alla luce della sua esperienza, quali sono secondo lei le peculiarità, i punti di contatto, le differenze, il tipo di approccio fra i due Paesi in questo ambito? Le differenze sono tante, nel mondo del teatro, a partire dal modo di funzionamento delle istituzioni e delle compagnie, che in Romania risente di una organizzazione impostata prima del 1989, anche se è in rapida evoluzione, specialmente sul piano delle realtà indipendenti, ancora marginali e poco valorizzate. Ma anche sul piano della formazione professionale degli attori, per esempio. In Romania, un attore dipendente di una compagnia stabile deve aver fatto determinati studi. In Italia, la formazione avviene in un modo diverso. A parte questo, è chiaro che anche le tradizioni drammaturgiche, i temi di maggiore attualità sono diversi non solo tra i due Paesi, ma anche a seconda della direzione artistica e del pubblico di ogni compagnia. Inoltre, la Romania appare più centralizzata, per via della posizione dominante della capitale, mentre in Italia la situazione cambia da regione a regione, ed è molto più diversificata. A ogni modo, con il nostro Festival di Roma e gli altri progetti che Telluris porta avanti negli ultimi anni, cerchiamo di rafforzare la conoscenza e la collaborazione artistica tra questi due Paesi, cercando di superare le frontiere amministrative per aprirci a un approccio aperto e «cosmopolita» ma rispettoso della specificità «locale» di ogni espressione artistica di qualità.
Intervista realizzata da Mauro Barindi (n. 7-8, luglio-agosto 2015, anno V) |