«La crisalide o il ritorno a casa». Dialogo con la scrittrice torinese Ioana Nan Classe 1977, l’autrice di origini romene Ioana Nan è nata a Bucarest. Arrivata in Italia nell’anno 1999 con una borsa Erasmus all’Università di Torino si è laureata in Scienze Politiche. Nella capitale sabauda conosce Cristian Vasilescu, che in seguito diventa sacerdote ortodosso. Si sposano e formano una bellissima famiglia con quattro figli. Insieme guidano la parrocchia Santa Paraschieva di Torino, una delle prime comunità romene a Torino. La crisalide o il ritorno a casa è il suo primo libro di narrativa, pubblicato nel 2020 con Edizioni Apostolia e stampato con la benedizione di Sua Eccellenza Monsignor Siluan, vescovo della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia. Il volume ha la copertina e le illustrazioni interne ad opera di Mauro Milanese. La versione italiana si fregia della traduzione di Francesco Paganelli, noto romenista dell’ambito culturale torinese. Mi ritrovo molto nel mio personaggio, anche se non è un romanzo autobiografico, ci tengo a sottolineare. Ci sono certi dettagli, per esempio l’arrivo di Adela a Torino – anch’io sono arrivata a Torino con una borsa Erasmus- , ma ci sono molte cose che io non ho vissuto. Penso che uno scrittore si ispira un po’ dalla propria vita e anche dalle altre persone che conosce, con le quali condivide esperienze. E’ successo così. Ad esempio, Adela si ritira a Zalău, dove sono nati i suoi nonni materni. Io non sono mai stata a Zalău, però mi sono informata, ho fato una ricerca e qualcuno mi ha detto che avevo descritto bene la zona, mi ha detto “non sapevo che sei da quelle parti”. Invece non lo sono. Abbiamo a portata di mano Internet che è una grande fonte. Tornando alla domanda, quanto c’è di Adela in me? Mi ritrovo molto nel personaggio, nel suo attaccamento ai valori tradizionali, nella sua costanza che diventa un po’ testardaggine, nella sua sensibilità. Invece il titolo, che significato ha il titolo? La Crisalide o il ritorno a casa. Incomincio con il ritorno a casa. Si tratta del ritorno di Adela, della protagonista, che, nonostante le possibilità economiche e i titoli accademici che ha, decide di ritirarsi in campagna, nella zona di Zalău, lontana dalla città. Poteva rimanere a Torino, poteva rimanere in Francia, dove ha viaggiato. Il richiamo della terra è più forte, il ritorno alle radici è la sua scelta. Per quanto riguarda la Crisalide, se leggete la prefazione di Lina Codreanu, capirete molto bene perché la Crisalide. E’ una metafora, del passaggio della vita alla morte, una spiegazione all’interno del libro per una ragazzo che chiede che cos’è la morte. Allora la protagonista usa questa nozione della crisalide per avvicinarlo all’immagine della morte senza traumi. E diversamente da questo frammento, c’è anche la metamorfosi del personaggio principale. Poi c’è l'immagine della farfalla, che si trova come un leitmotiv.
Il libro incomincia proprio con Adela che racconta la sua vita ai nipoti, ed è progettato nel futuro, un futuro lontano, tipo 2040, c’è molta più tecnologia e la vita e come la descrivono i film di fantascienza. Lei prova con il racconto a insegnare ai nipoti a rimanere attaccati alla terra, alla famiglia, alle origini culturali, di staccarsi dalla tecnologia. Anche oggi i nostri ragazzi sono collegati perennemente, come in una trappola della tecnologia. Io vorrei trasmettere questo – staccarsi – per non essere inghiottititi da un buco nero. Se noi dimentichiamo di vivere la nostra vita alla fine la viviamo solo attraverso la tecnologia . Ci dimentichiamo di andare nella natura, di ascoltare della buona musica, per esempio...
Ho scelto una storia di immigrazione al contrario. Di solito sentiamo la storia di belle ragazze che vengono in Italia e sposano i ragazzi italiani. Invece io ho scelto proprio il contrario di una ragazza romena che si innamora di un italiano, si sposano, ma vivono in Romania. E sembra un po’ una scelta insensata. Ma io ho scelto questo amore spinto un po’ all'estremo appunto perché, secondo me, dalle grandi prove si confermano i grandi amori. Lui cambia molto, perché all’inizio non era Alessandro, era piuttosto il figlio del professore Morelli, non era lui stesso, non faceva la vita che voleva, ma seguiva quella che gli altri si aspettavano da lui, sopratutto i genitori. Un altro consiglio che do ai ragazzi è di vivere le loro proprie vite, non fare scelte per accontentare i genitori. Lui sfida i genitori, prende una decisione diversa dalla strada spianata che aveva davanti a se. Suo padre era un grande professore, e Alessandro, che era già assistente universitario, avrebbe potuto prendere il suo posto, tanti facciamo proprio questo, seguiamo la strada del padre. Invece lui ha il coraggio di fare le proprie scelte, grazie all’incontro con la protagonista che lo sblocca. Con lei si sente a suo agio, “qualcosa in me ha iniziato cantare da quando ti ho conosciuta”, dice Alessandro ad Adela. Lui dimostra che non è solo un cognome, è un uomo gentile e pieno di talento. Segue la sua passione per la musica, fa carriera in Romania, cosa strana... Sembra un idealista, ma in realtà fa la scelta giusta.
Adela lo incoraggia a fare pace, anche se la loro relazione non era stata vista di buon occhio dai genitori di Alessandro. Lei non fa l’orgogliosa, lo spinge a riconciliarsi. I figli dovevano conoscere anche i nonni paterni, le origini italiane. Hanno fatto un lungo viaggio in Italia tutti insieme. Come un cerchio tutti personaggi partono e ritornano.
A proposito dei figli, quando Adela viene a sapere che i suoi figli volevano rimanere in Italia, lei capisce che li deve lasciar andare. Allora Alessandro le recita una poesia sottovoce, del poeta Khalil Gibran. Il nocciolo è che i figli non ci appartengono, dobbiamo lasciare i nostri figli a seguire il loro cuore e fare le loro scelte di vita, così come le facciamo anche noi, genitori.
Fotografie Diego Garassino |