Giusy Staropoli Calafati: «Scrivere oggi vuol dire salvare il domani»

Nella sezione Scrittori per lo Strega della nostra rivista, a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone, vi proponiamo una nuova serie di 10 interviste con gli scrittori segnalati all’edizione n. 76 del Premio, e con i loro libri, allargando ovviamente lo sguardo ad altri argomenti di attualità.
Giusy Staropoli Calafati, nata a Vibo Valentia nel 1978, è segnalata per il romanzo Terra santissima (Laruffa, 2021), vincitore del  Letterario Nazionale «Troccoli Magna Grecia» 2022 e «Miglior libro Calabria 2021». Corrado Calabrò lo presenta così: «Con un linguaggio incalzante, insaporito da espressioni dialettali, talvolta decantate poeticamente, Giusy Staropoli ci rivela un mondo vero, non omologato con gli stereotipi dei resoconti di chi non lo sente dentro come parte inscindibile di sé. Un amore appassionato per la sua terra [...], restituendoci in modo palpitante l’attrazione fatale nella bellezza e nella perdizione di una Terra Santissima, nella quale tanti uomini e donne sanno resistere quotidianamente “al dubbio che vivere rettamente sia una cosa inutile”».


Terra santissima punta il focus attentivo sulla ‘ndrangheta, la «Santa», forte ed efferata. Quali sono le ragioni in cui risiede la sua scelta di contestualizzazione?

Passare dallo stato di adorazione delle ceneri, a quello di conservazione del fuoco, non è mai facile. In terre dure, dove prolifica la 'ndrangheta, quasi impossibile. Ho detto quasi, però. La scelta di contestualizzazione, infatti, risiede esclusivamente nel voler garantire ai personaggi la forza e il coraggio che è tipica della gente del Sud, degli aspromontani. Il focus non è attentivo propriamente sulla ’ndrangheta, ma sull’inquietudine di una terra che solo una volta preso il largo, scopre di poter restituire certezze. Garantendosi il coraggio come antidoto alla paura, la conoscenza e la cultura come contrasto alla sottomissione. Terra Santissima non è un romanzo di ’ndrangheta, non mi piace che lo si dica. Ne parla, è vero, ma non la tocca, ne traccia le linee guida, ma non la ritrae in viso. La usa invece, e per esplicitarne le bruttere ed evidenziare le bellezze e le virtù dei luoghi, degli uomini e delle donne che li abitano. L’Aspromonte non come covo di ’ndrine, ma come montagna madre. La Calabria non come terra di ’ndangheta, ma patria di grandi scrittori. Il viaggio della protagonista si snoda, infatti, nei luoghi di Corrado Alvaro (Premio Strega nel 1951). A San Luca, a Polsi, fino a Pietra Cappa, il monolite più altro d’Europa di cui ne narrò egregiamente la leggenda il grande Francesco Perri, lo scrittore di Careri. La ragione, dunque, di contestualizzare la storia, riguardo i fatti e i misfatti della ’ndrangheta, è qui che risiede. Nello scrollo del male, dal dorso di una terra che non può essere inferno se è bella come il paradiso.


La redazione del romanzo mescola dialetto calabrese e italiano regionale nonché sfumature vernacolari della lingua. Per quale ragione ha adottato siffatta soluzione stilistica?

Quella adottata in Terra Santissima non è esattamente una soluzione stilistica, ma lo stile naturale verso cui irrimediabilmente virano, da sempre, la mia penna e la mia narrazione. L’aderenza alle verità e alle realtà che si vogliono raccontare sta tutta nel linguaggio. In quasi tutti i miei romanzi, il dialetto ha una forza predominante sulla lingua italiana. Nel senso che le sfumature vernacolari vengono considerate segni particolari di riconoscimento.


Tanti uomini e donne sanno resistere quotidianamente «al dubbio che vivere rettamente sia una cosa inutile». Si è prefissa scopi morali nel suo scritto così aderente ai tempi?

Il calabrese «aspromontano» Corrado Alvaro, uomo mediterraneo e scrittore europeo, di cui Terra Santissima recupera i luoghi, ma anche il genio, scriveva che: «LA DISPERAZIONE PIÙ GRAVE CHE POSSA IMPADRONIRSI DI UNA SOCIETÀ È IL DUBBIO CHE VIVERE ONESTAMENTE SIA INUTILE».
Ecco, questo romanzo ha un forte scopo morale e civile. Uno scopo che diventa valore. C’è una terra che va salvata dalle malefatte altrui. Il prezzo da pagare per il riscatto potrebbe essere altissimo. Ma vale la pena di rischiare. Solo la conoscenza, la cultura e il sapere rendono liberi di scegliere, ammoniscono ogni genere di dubbio. Terra Santissima presenta alla legge dei malvagi, l’altra legge. Quella dell’amore onesto e leale.


Il testo evoca e richiama fortemente il profumo della narrazione aedica. Quanto ha inciso la sua origine, impastata anche di storie sussurrate?

È la mia origine che mi ha permesso di narrare questa storia. I racconti sussurrati sin da quando ero bambina sono tutti dentro, qui. In queste pagine. Non so se il senso di appartenenza che mi contraddistingue sia il mio pezzo forte, tanti dicono di sì. Ma ciò che è certo è che vado fiera e orgogliosa della mia calabresità. Tanti uomini e tante donne hanno spesso dovuto omettere le proprie origini, spostandosi altrove. Un torto che subisce anche Simona Giunta. E al quale, a soli nove anni, ci saranno giorni in cui preferirà addirittura la morte. Il giorno in cui in un mio libro non verrà trovata traccia delle mie origini, bruciatelo vivo.


Francesco De Sanctis scrisse che la letteratura di una nazione costituisce una «sintesi organica dell'anima e del pensiero d'un popolo». Posto che la letteratura siauno specchio della rispettiva società in un tempo definito e che varia di opera in opera, quali potrebbero essere il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?

Ciò che stiamo vivendo, forse, è più di un frangente storico. È un tempo che non ha una collocazione precisa nella storia che accompagna l’uomo sin dalla Creazione. E forse è proprio per questo che la scrittura diventa una sorta di necessità, alla quale, se solo rinunciassimo, smetteremmo definitivamente di vivere. Scrivere oggi vuol dire salvare il domani. Serve lasciare tutto scritto. Ovunque. Anche sull’acqua, non si sa mai che le parole risucchiate da una bottiglia possano arrivare dall’altra parte della riva ed essere utili a qualcheduno. In quanto al De Sanctis, la sua affermazione, riferendomi all’Italia, credo potrebbe davvero dar vita all’articolo 140 della Costituzione: «la letteratura costituisce una sintesi organica dell'anima e del pensiero d’un popolo».


La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?

Non ho mai avuto la necessità di fare differenze di genere, in letteratura soprattutto. Essa non ha sesso ed è un non luogo in cui tutti si riconoscono, uomini e donne. Anche se ad oggi, proprio queste ultime, è proprio vero hanno dato alla letteratura un impulso davvero importante. In Italia, in Europa, in tutto il mondo. E sono tante le «donne di carta» a cui si può fare riferimento. C’è, infatti, un fermento culturale al femminile che fa luce sul grigiore dell’umanità. Un nuovo tracciato letterario la cui potenza stravolge finanche le vecchie stagioni del pensiero.


Bachtin asserisce che il romanzo sia un «genere aperto», destinato non a morire bensì a trasformarsi.  Oggi, si notano forme «ibride». Quali tendenze di sviluppo ravvede di un genere che continua a sfuggire a ogni codice?

Il romanzo ritengo sia l’espressione più diretta e inequivocabile di un pensiero, un’idea, un tempo precisi, che prendono forma attraverso le parole di un breve o lungo racconto. Mi trovo in perfetta sintonia con il pensiero di Bachtin. Credo anch’io che il romanzo sia effettivamente un genere aperto, impossibile a morire ma destinato, invece, a trasformarsi. Esso, infatti, risente continuamente dell’influenza dell’epoca in cui viene concepito, riflette i tempi a cui si riferisce e, dunque, si modifica, ma senza mai distrarsi, o ancora meglio allontanarsi, dalla forma classica da cui nasce.


La letteratura romena si fregia di una robusta altresì varia produzione. Essa è costantemente tradotta in lingua italiana, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2021. Quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?

In Italia, credo che la letteratura straniera in genere sia più conosciuta rispetto a quella italiana all’estero. In quanto alla letteratura romena in Italia, ritengo abbia il suo spazio, ma tanto altro ancora gliene dovrebbe essere riconosciuto. A partire dalla scuola, dove il confronto tra le diverse forme letterarie è quanto mai ridotto, se non addirittura assente. Da bambina ascoltavo i racconti del mio maestro di danza. Marius veniva dalla Romania. Citava spesso Marin Preda che, non capii mai perché, ma associava alla sua vita.
Personalmente ammetto di non avere, ad oggi, approfondito particolarmente gli scrittori romeni. Ed è un vuoto che mi sono ripromessa di dover colmare prestissimo. Partendo da Ana Blandiana, che con Applausi nel cassetto, lo scorso anno è stata finalista del Premio Strega Europeo.








A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone

(n. 4, aprile 2022, anno XII)