Intervista all’artista Giovanna Savona, a cura di Maurizio Vitiello Giovanna Savona è nata a Napoli il 19 giugno 1972. Si è diplomata al Liceo Artistico Statale di Napoli. Dal 1990 ha iniziato ad affinare la sua tecnica tesa alla ricerca di un’armonia nei colori di stampo espressionista. Nel 1994 ha conseguito la laurea in Discipline Pittoriche all’Accademia di Belle Arti di Napoli, con il massimo dei voti. Puoi segnalare tutto il tuo percorso di studi? Ho studiato al Liceo Artistico Statale e all’Accademia di Belle Arti di Napoli. All’inizio della mia attività artistica ero affascinata dallo studio delle figure. Numerosi i ritratti eseguiti, poi iniziai a «studiare» la figura umana in tutte le sue caratteristiche. Pian piano, poi, queste figure hanno assunto la caratteristica di alcuni miei dipinti. Puoi definire e sintetizzare i desideri iniziali? All’inizio della mia «carriera artistica» ero proiettata a dipingere figure umanoidi che rappresentavano, però, i miei stati d’animo, che volevo a tutti i costi esprimere e farmi, così, apprezzare per quello che sono interiormente. Volevo mostrare al mondo la mia arte e quello che esprimevo. Puoi segnalare i sentieri operativi che avevi intenzione di percorrere e che hai, effettivamente, seguito? Indubbiamente, volevo esprimere una pittura intimista, con colori molto forti e con pennellate movimentate di stampo espressionista; a tutt’oggi la mia pittura si presenta così. Quando è iniziata la voglia di affrontare l’ambiente artistico e quando la voglia di «produrre arte»? La mia voglia di affrontare e produrre arte è nata con me da sempre, fin da quando ero bambina sentivo in me il desiderio irrefrenabile di esternare attraverso il disegno le mie più profonde emozioni. Avevo chiaro fin dall’inizio che avrei fatto arte. Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto e con cui hai operato, eventualmente, «a quattro mani»? Per un periodo della mia vita ho avuto la fortuna di operare insieme a degli artisti con cui, poi, ho stretto amicizie durature. Ne cito alcuni: Silia Pellegrino, Antonio Ianuario e Salvatore Benincasa (entrambi, purtroppo, non più in vita). Quali piste e tracce di maestri della pittura hai seguito? Di sicuro, quello che mi ha più ispirato è stato Vincent Van Gogh. Quali sono le tue personali da ricordare? Una delle personali più suggestiva è stata senza dubbio, quella al Museo di San Martino di Napoli nel 1999, dove c’era un percorso di «rinascita»; la mostra, infatti, si chiamava Fuori dal guscio. Ora, puoi specificare, segnalare e motivare la gestazione e l’esito delle esposizioni tra collettive e rassegne importanti a cui hai partecipato? Tutte le esposizioni e rassegne in cui ho partecipato mi hanno portato sempre molti riscontri, articoli di giornali come il «Roma», «Il Mattino» avevano preso come immagini i miei dipinti. Puoi definire i temi che hai trattato in pittura? Ma dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché? I temi che ho trattato nei miei dipinti sono le emozioni interiori, la mia percezione del mondo sicuramente, il mio modo di vivere e di rapportarmi al mondo esterno. L’Europa è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? Le «vetrine ombelicali» parigine, londinesi e milanesi cosa offrono adesso? Penso che nell’epoca attuale l’arte abbia una visibilità un attimo ridotta, ma pur sempre una parte importante. Nei luoghi di Parigi, Londra e Milano l’arte ha una visione diversa, molto più ampia e fruibile. Pensi di avere una visibilità congrua, adesso? Lo spero… Quanti «addetti ai lavori» ti seguono come artista? Attualmente, spero di farmi notare sempre di più. Qualcuno ha scritto di me, Domenico Raio, Piera Arezzi, Carmine Zamprotta, giornalista. E scrisse di me Antonio Ianuario. Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro nel campo della pittura? Certamente, sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli creativi. Penso di studiare, approfondire ancora l’uso del colore e delle pennellate, magari sperimentando nuovi colori e nuove forme. Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? Quanti, secondo te, riescono a saper «leggere» l’arte contemporanea e a districarsi tra le «mistificazioni» e le «provocazioni»? L’arte non è guardare con gli occhi, ma deve essere sentita, l’arte contemporanea dà spunti in tal senso. Molte persone si avvicinano, a saper leggere basta avere un poco di sensibilità. I «social» t’appoggiano, ne fai uso? Sì, certamente, oggi i social, se usati in modo «corretto» possono aiutare. Io uso Facebook e Instagram. Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, gallerista, art-promoter per metter su una mostra? Attualmente non ho preferenze, mi piacerebbe comunque «rientrare» nel campo dell’arte. Hai mai pensato di metter su una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione? In passato eravamo un gruppo di artisti; collaboravamo. Attualmente, mi piacerebbe sempre attivarmi con Silia Pellegrino. Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi diversi impegni? Perché la mia è una pittura che non passa inosservata. Resta dentro. Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari? Assolutamente, sì, magari con dei corsi di pittura, disegno, trovo che l’arte possa aiutare chiunque a esprimersi e a esorcizzare paure, confronti disagi. Prossime mosse, a Napoli, Roma, Milano, Londra, Parigi, NY ...? Prossime mosse ovunque mi invitino a esporre, ma nel futuro prossimo c’è Roma e Alicante (Spagna). Che futuro prevedi nell’immediato post-Covid-19 e nel post-conflitto Russia-Ucraina? Spero che dopo questo virus, che ci ha messo duramente alla prova, riparta tutto in modo più consapevole.
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