«Italo Calvino. Lo scoiattolo della penna». Dialogo con Giorgio Biferali

«Raccontare uno scrittore come Calvino è capire che se da una parte ci sentiamo vivi solo quando scriviamo, dall’altra la scrittura verrà sempre dopo la vita», sostiene Giorgio Biferali nella sua nota introduttiva al volume Italo Calvino. Lo scoiattolo della penna (La Nuova Frontiera, 2017): un vero e proprio omaggio a un autore i cui libri sono stati una presenza costante nella sua vita.
Italo Calvino è sicuramente uno degli autori italiani più conosciuti e tradotti al mondo, tuttavia spesso le numerose citazioni nascondono una conoscenza superficiale e approssimativa delle sue variegate opere. Seguendo il filo della sua biografia, Biferali racconta l’uomo e lo scrittore, e con l’ardore di un lettore appassionato, sceglie dove soffermarsi e lasciar parlare i testi.
Giorgio Biferali è scrittore, docente dell’accademia Molly Bloom e insegnante di italiano in un liceo. Collabora con quotidiani e riviste culturali, dove si occupa principalmente di cultura pop. Ha pubblicato, tra gli altri, L’amore a vent’anni, romanzo d’esordio presentato al Premio Strega 2018, A Roma con Nanni Moretti (Bompiani), Il romanzo dell’anno (La nave di Teseo), Cose dell’altro mondo e Guida tascabile per maniaci delle serie tv (entrambi editi da Clichy).


Il 2023 celebra il centenario della nascita di Italo Calvino.
Qual è il suo lascito alla posterità letteraria?

I centenari sono un’occasione per leggere o rileggere libri belli. Potremmo partire da qui, da quell’articolo sui classici che Calvino ha pubblicato sull’Espresso nel 1981: Leggere i classici e meglio che non leggerli.


Cesare Pavese definì Italo Calvino uno
«scoiattolo della penna». Quali sono le ragioni sottese a tale appellativo?

Pensando al Sentiero dei nidi di ragno, il romanzo d’esordio di Italo Calvino, nato proprio dall’incoraggiamento e dallo sguardo del suo amico (e primo lettore) Cesare Pavese, Calvino riesce a raccontare la Resistenza attraverso gli occhi di un bambino. Con leggerezza, quindi, come quella di uno scoiattolo che è sempre sospeso a metà tra cielo e terra.


L’opera e la personalità di Italo Calvino soventemente appaiono
contraddittorie, considerati grande la varietà di atteggiamenti che, verosimilmente, riflette l’accadere delle poetiche e degli indirizzi culturali nel quarantennio fra il 1945 e il 1985. È possibile, tuttavia, rinvenire un’ unità d’intenti?

Sicuramente, come dicevo, la leggerezza, intesa come cifra stilistica e sentimentale, e anche lo sguardo, il guardare, da Pin, il protagonista del Sentiero, a Palomar, che appunto osserva il mondo in tutte le sue forme e cerca di capire come farsi da parte.


Neorealismo, gioco combinatorio, letteratura popolare sono tra i numerosi campi d'interesse toccati dal percorso letterario di Calvino.
Su quali aree si è concentrata la sua attenzione?

Ho cercato di mostrare, dall’inizio alla fine, quel filo sottile, a volte invisibile, che lega il percorso di vita di Calvino alle sue opere, e non solo perché si tratta di un testo rivolto ai ragazzi. Credo che spesso le scuole e le accademie dimentichino che dietro alle opere si nascondono sempre degli esseri umani.


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Nel Novecento è un uso intellettuale (e non più emozionale) del fantastico che s’impone: come gioco, ironia, ammicco, e anche come mediazione sugli incubi o i desideri nascosti dell’uomo contemporaneo». Così Calvino. In qual misura il ‘fantastico’ calviniano si fa pioniere del contemporaneo?

La più grande paura di Calvino, pensando al nostro millennio, era che non fossimo più capaci di immaginare, di pensare a occhi chiusi. Basterebbe conservare quella forza, quella capacità, quell’attitudine, per portare avanti il suo messaggio.


La Resistenza
è un elemento ineludibile della biografia di Italo Calvino. In qual misura essa segna anche la sua opera narrativa?

«La Resistenza mi ha messo al mondo», ha confessato una volta. Quell’esperienza, per lui, è stata una sorta di spartiacque, è stata quella che l’ha spinto, insieme agli inviti di Cesare Pavese, a scrivere il suo primo romanzo, e quindi, in effetti, a diventare uno scrittore.


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L’arte di scrivere storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita, tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla». Questa è una delle citazioni che arricchiscono il suo testo. Perché l’ha scelta?

Per quello che dicevo, la corrispondenza continua tra la vita e le opere, che sembrano annullarsi, e invece non fanno altro che alimentarsi a vicenda, continuamente.


Il libro è corredato dalle illustrazioni di Giulia Rossi.
Quali sono le ragioni sottese alla scelta d’una narrazione illustrata?

È un racconto rivolto ai ragazzi, le illustrazioni, bellissime, aiutano a mettere a fuoco le parole, e magari portano i ragazzi a confrontare i loro pensieri con quelli che ha avuto Giulia Rossi leggendomi.


Quali sono, secondo lei, le sfide più ardue che la critica letteraria, ein particolare l’italianisticadeve affrontare al giorno d’oggi?

Il fatto che la critica, come aveva già anticipato Harold Bloom, abbia perso la cosiddetta aureola, la sua centralità nell’universo editoriale e culturale. Quelli che scrivono di libri sui giornali, soprattutto di libri di cui si parlerà molto, sembrano un po’ degli uffici stampa, dovrebbero essere pagati dalle case editrici, più che dai giornali. Leggevo una stroncatura sull’opera di Paul Auster in un libro di James Wood (appena pubblicato da minimum fax), e stiamo parlando di Paul Auster, un gigante. Ecco, una cosa del genere, qui, sembra davvero impossibile.


Romano Luperini sostiene che il saggio critico, così come ereditato dal secolo passato, non ha più futuro. Come vede lei la trasformabilità di questa forma che si è istituzionalizzata in un vero e proprio genere letterario, sul quale si sono cimentati filosofi e critici celebri, tra cui Adorno e Lukács?

Il saggio, com’è giusto che sia, ha cambiato forma, ed è destinato a cambiare ancora. Pur non credendo molto nei generi, mi piace molto quando leggo un libro che è a metà tra un saggio e un romanzo, o che magari è tante cose insieme.


L’edizione 2023 del Premio Strega ha segnato non solo la vittoria di una scrittrice, ma anche un record di donne: otto scrittrici nella dozzina e quattro nella cinquina.
Come si configura l’attuale status della letteratura esperita da donne?

Per me ci sono libri belli e libri meno belli, non sono più felice se quelli vengano scritti dalle donne e quelli meno belli dai maschi, e viceversa.


La letteratura romena è costantemente tradotta in italiano, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Norman Manea, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, Mircea Eliade, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2023
In che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?

Ho amato molto Cioran, soprattutto nel periodo dell’università, mi ha aiutato a decifrare alcuni autori che non riuscivo a capire, e soprattutto a conoscere meglio i miei sentimenti. Appena potrò, voglio scoprire l’opera di Mircea Cărtărescu, ho tanti amici che l’hanno letto e sono rimasti folgorati.







A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 10, ottobre 2023, anno XIII)