George Teseleanu: «Romeni in Italia, basta individualismo! Uniti per promuovere i nostri valori» La condizione attuale della comunità romena in Italia è il tema del nostro dialogo con il professor George Teseleanu, già Console Onorario della Romania ad Ancona. Trasferitosi in Italia nel 1991, un anno dopo aver conseguito la laurea presso la Facoltà di Ingegneria di Petroşani, Teseleanu ha studiato anche a Roma, alla Pontificia Università Gregoriana. Attualmente lavoro nell’ambito della ricerca presso l’Università LUMSA, dopo aver collaborato in passato con l’Università di Macerata come docente di Relazioni Economiche Internazionali. Sono membro di diverse Accademie scientifiche, ho pubblicato, sia in Italia che in Romania, numerosi articoli e studi scientifici, e sono attivo anche in ambito sociale come presidente dell’Associazione «Democrazie e Libertà» di Roma, nonché come presidente di uno studio di consulenza internazionale per imprese italiane che hanno investito in Romania. Siamo riusciti a creare oltre 4.000 posti di lavoro in città come Deva, Petroşani, Sibiu, Baia Mare, Oradea, Cluj e Bucarest. I confini oggi non sono più una struttura rigida all’interno dell’Unione Europea ed è per questo che la mia attività non si limita all’Italia. La ricetta per un’attività di successo è rappresentata dalla giusta fusione tra le opportunità disponibili e la fiducia nel sistema in cui ci si vuole inserire. Cosa le piace e cosa non le piace dell’Italia di oggi? Mi piace il Paese nel suo complesso – non dobbiamo dimenticare che in Italia ho completato i miei studi universitari, mi sono realizzato professionalmente e svolgo le mie attività; è questo il Paese che, ora, io chiamo «casa». Tuttavia, se devo trovare un aspetto non del tutto positivo, questo è rappresentato dalla comunità romena qui presente, una comunità che sta affrontando la perdita della propria identità culturale, spirituale e linguistica. Oltre a ciò, ho capito che la propensione all'individualismo tipica del popolo romeno è difficile da sradicare. Parliamo allora dei romeni presenti in Italia: qual è l'attuale condizione della comunità? Prima ho citato la propensione all'individualismo come caratteristica del popolo romeno, ma non dobbiamo dimenticare che il nostro popolo ha anche numerose qualità. Una di queste è da identificarsi nella capacità di integrarsi facilmente nel nuovo tessuto socio-economico e culturale. E, in un periodo storico come quello che stiamo attraversando, il problema principale non è rappresentato dall'integrazione, quanto dalla capacità di mantenere e rafforzare il concetto di dignità, di consolidare l'immagine del cittadino romeno buono, serio, onesto e laborioso.
Fortunatamente, gli spiacevoli eventi in cui sono coinvolti i romeni in Italia non hanno influenzato negativamente l'opinione che la maggior parte degli italiani ha di noi – in generale possiamo dire che l'effetto negativo è inversamente proporzionale alla durata della permanenza in Italia; chi si è trasferito da poco tempo qui deve fare i conti con una minore fiducia e una minore probabilità di vedere realizzate le proprie aspettative.
Credo che si possa affermare che i romeni non rappresentano più un problema d'immagine qui in Italia. È vero, però, che dobbiamo continuare a lavorare per spazzare via anche quegli eventi isolati che ancora macchiano la nostra immagine. Qual è la realtà dell'imprenditoria romena nella Penisola? In quali settori i romeni sono più attivi e quale è il loro contributo all'economia italiana? Ai registri delle Camere di Commercio sono iscritte più di 40.000 aziende con titolari romeni, una comunità con oltre 1.000.000 di connazionali che rappresenta il 21% del totale di stranieri residenti in Italia; una comunità che nel 2007 registrava 500.000 cittadini. Un altro elemento di rilievo è dato dai 700.000 romeni registrati all'Inail che rappresentano il 22,5% dei lavoratori stranieri. Il 10% circa lavora nel settore edile, il 26% lavora come «babysitter». È importante sottolineare che l’apporto dei romeni all'economia Italiana è pari al 1,2% del Pil. Quale influsso ha la crisi dei nostri giorni sulla comunità romena? Non credo che esistano gruppi etnici, anche quelli con un’imponente presenza in Italia, che non siano stati danneggiati in modo notevole. E gli effetti sono abbastanza gravi. I posti di lavoro disponibili si sono dimezzati o addirittura sono spariti, e coloro che hanno la fortuna di lavorare sono disposti a fare maggiori sacrifici per mantenere il proprio impiego. Spesso, è il pensiero che la crisi ha un inizio ma anche una fine a spingerli ad andare avanti e le loro speranze e la loro fiducia sono ancora grandi. A questo proposito, la "Madre Patria" deve assumersi una certa responsabilità. Permettetemi di spiegarvi come funziona. Molti dei nostri connazionali hanno lasciato la Romania partendo dal nulla e andando verso l’ignoto e ora si profila la possibilità di ritornare a quel nulla. Per questo motivo le istituzioni romene dovrebbero prendere in considerazione la possibilità che questo ritorno avverrà concretamente e dovrebbero comprendere fino in fondo che chi è partito dal nulla ritornerà e che il periodo di tregua finirà. Dovrebbero, dunque, le istituzioni governative, provvedere alla formazione delle amministrazioni locali affinché sappiano come sfruttare al meglio i programmi europei e i sostegni finanziari di cui dispongono. Cosa si può fare, sia da parte italiana che romena, per facilitare l’integrazione e, allo stesso tempo, migliorare l’immagine dei romeni in Italia? Pensiamo, ad esempio, alle varie comunità romene sul territorio. Io mi auguro che si uniscano e diano vita a numerose iniziative volte al miglioramento dell’immagine della nostra comunità. Su tutto il territorio sono presenti romeni con ottime qualità, grandi professionisti e persone con una rispettabile carriera. Come si potrebbe dar vita ad un’alleanza solida tra cultura e business, due realtà che oggi, pur con qualche eccezione, viaggiano su due binari diversi? Cosa potrebbe indurre un imprenditore ad avvicinarsi alla cultura e sostenere importanti progetti in questo settore? Oggi le cose sono cambiate e la cultura e la sua diffusione hanno bisogno di fondi. Questo è un aspetto fondamentale, soprattutto, quando si tratta di presentarci in qualità di comunità. Nel mondo in cui ci vogliamo inserire, quando ci troveremo di fronte a un professionista ben preparato, prima di mettere alla prova le sue qualità avremo bisogno di un biglietto da visita che attesti che la persona con la quale vogliamo collaborare abbia alle spalle un universo complesso, in cui la cultura del suo popolo è essenziale. E non dimentichiamo che chi è attivo nel settore imprenditoriale non è necessariamente una persona colta, al contrario. Attraverso la comunicazione culturale si può dare vita a una collaborazione che abbracci anche altri settori.
Intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin
Traduzione dal romeno di Elena Levarda (n. 6, giugno 2013, anno III) |