Franco Manzoni: «L’ars poetica è probabilmente l’ultima medicina per l’uomo contemporaneo»

Continua la nostra inchiesta, a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone, nel campo della critica letteraria, con diversi argomenti di attualità e un'ampia indagine sulla ricezione della letteratura romena in Italia, un tema di particolare interesse per noi.
Ospite dei nostri Incontri critici è Franco Manzoni (Milano, 1957), insegnante, traduttore dal greco e dal latino, epigrafista, poeta, autore del testo di canzoni pop e rock, critico letterario, giornalista, drammaturgo, regista, docente di grammatica e letteratura dialettale milanese, paroliere, autore di programmi RAI, consulente della Triennale di Milano. Ha curato numerose antologie della poesia italiana contemporanea. Presente sulle più importanti riviste letterarie italiane e tradotto nelle principali lingue, è autore di numerose raccolte poetiche. In Romania gli è stata pubblicata l'antologia bilingue Angelo di sangue / Înger de sânge (Ed. Eikon, Bucarest, 2018), a cura di Eliza Macadan, con la prefazione di Carlo Alessandro Landini.


Lei è poliedrico e tentacolare nell’esternazione dei suoi interessi: quanto crede nel sincretismo culturale, nella contaminazione di mondi apparentemente da intendersi come monadi?

È la Natura stessa che indica a ogni essere umano la possibilità di esprimersi in modo eclettico, quando l’inconscio collettivo preme e fa scaturire in una singola persona altamente sensibile l’atto creativo, che può emergere in contemporanea nei diversi settori, in cui oggi noi moderni e contemporanei abbiamo voluto settorializzare la cultura. Negli antichi greci non vi era una divisione così netta e razionale tra poesia e musica, basti pensare agli aedi omerici.


Lei ha curato numerose antologie della poesia italiana contemporanea. In un tempo politico, sociale ed economico che grida l’impellente bisogno di tessere un dialogo con sé stessi, la conflittualità interiore può essere lenita dalla Poesia?

L’ars poetica è probabilmente l’ultima medicina per l’uomo contemporaneo, tesa ad alleviare la crudeltà dell’esistere, poiché gli permette di interiorizzare gli eventi quotidiani, scoprire la propria personalità autentica priva di maschere utilizzate per il mondo esterno, onde giungere a comprendere l’incomunicabile. Nell’apparente mancanza di valori e desideri metafisici tutto va a colludere in una zona del sacro, che guarisce la fobia dell’abisso e dello iato. Così si presenta la metamorfosi del logos, il canto di ogni parola, il principio della fine. In fondo il lampeggiamento della morte, che s’intravede, non è altro che un’esplicita e concreta ferita immedicabile della vita. Anzi, tutti i giorni la morte è la vita stessa, e non semplicemente la fine di un viaggio corporale!


Angelo di sangue/ Înger de sânge è in
edizione bilingue italo-romena, a cura di Eliza Macadan. L’occasione della traduzione in lingua romena di una scelta delle sue poesie a quale personale istanza ha risposto?

Mi è stato chiesto dalla poetessa Eliza Macadan, come è successo per altre lingue neolatine quali spagnolo e francese, di far conoscere in Romania i miei testi poetici sempre con l’originale a fronte. Mi è sembrata un’ottima occasione di affidare a una notevole traduttrice assai poliedrica il compito di trasmettere i temi delle mie poesie verso un popolo che amo per cultura e valori, che provengono da una medesima origine.


Il registro stilistico che adotta pare risentire di molteplici influenze. Nello specifico, pare di udire echi greci. Quanto la sua formazione classica influenza forme e modi della sua produzione?

Domanda non semplice analizzare il proprio stile. In ogni caso, da sempre sono confluiti nel mio percepire alcune influenze apparentemente contrapposte: il saper parlare abitualmente in lingua milanese con autori di riferimento come Carlo Porta e Delio Tessa, lo studio e la traduzione degli autori greci classici, dai lirici ai tragediografi, l’innamoramento fin da ragazzino per autori della letteratura italiana quali Dante, Foscolo, Leopardi, Pascoli, D’Annunzio, Rebora, Campana, Ungaretti, Montale, e poi il Pasolini dialettale, Mario Luzi, Caproni, Bigongiari.


La sua versificazione, che secondo Landini è animata da una «laica ed ebbra inquietudine», appare sensibilmente refrattaria al rispetto ovvio e ossequioso delle norme. Qual è la chiave d’accesso per discriminare i suoi intenti creativi e comunicativi?

Oggi il poeta non riesce più a mantenersi a metà fra gli dèi e gli uomini, non è più il loro intermediario. Per questo ho sempre cercato di inserirmi in quel vuoto per costituire il rapporto essenziale fra il realismo e il metafisico. Mentre la divinità sparisce, sorge nell’intimità della lacerazione la figura del Cristo crocifisso, la metamorfosi divina dell’uomo che soffre e perciò si eterna. È ovvio che, seguendo numerosi autori novecenteschi, abbia deciso di abolire segni d’interpunzione, a volte maiuscole, cercando di far comprendere che pure uno spazio bianco è un atto poetico. Probabilmente il silenzio a volte è l’atto poetico più alto e significativo!


Lei ci ha raccontato che negli anni ’80 presentò al circolo culturale romeno di Milano sue traduzioni da Eminescu, realizzate a quattro mani con la prof.ssa Stefanescu della Statale. Come è stata per lei quella esperienza e quali le sue considerazioni sull’opera del poeta nazionale romeno?

È stata un’esperienza insolita ed eccitante. Logicamente si entra nelle liriche di Eminescu con la stessa soggezione di quando si legge Leopardi. Tuttavia, tradurre significa necessariamente tradire l’originale, essere infedeli e cercare di offrire al pubblico un testo «forte» da un punto di vista del lessico contemporaneo, tentando di non violentare la musicalità dell’originale. Inoltre, come per noi Dante, la difficoltà consisteva proprio nel fatto che Eminescu è il padre fondatore della moderna lingua romena. Massima considerazione per me verso Eminescu e i suoi poemi. Lo stesso direbbe un traduttore romeno nel momento di affrontare la versione dei testi di Leopardi oppure Dante.


La letteratura romena si fregia di una robusta altresì varia produzione. Essa è costantemente tradotta in lingua italiana, con nomi di punta quali Ana Blandiana, Herta Müller, Norman Manea, Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, Mircea Eliade, e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2022. In che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?

Purtroppo in Italia, diversamente da altri Paesi, la poesia in generale non è letta e di conseguenza le sillogi vengono comperate da un pubblico sempre molto esiguo. Pur tradotti in lingua italiana questi grandi autori romeni dal Novecento a oggi non sono perlopiù conosciuti se non in una percentuale assai minima. Meritoria l’attività del sito succitato, che permette agli appassionati di attingere a questi autori in traduzione italiana. Personalmente sono stato impressionato dall’intensità e della forza del linguaggio di Emil Cioran, che non a caso si definiva fratello di Leopardi.


Idea ormai radicata è che l’Arte e la Letteratura nello specifico debbano uscire dai cenacoli accademici per essere vissuti nella pratica quotidiana, così da produrre un’eredità concreta e tradursi in un’azione culturale efficace. Quanto la sua opera integra la tradizione a ricerche espressive innovative?

È ormai tramontata l’idea di uscire dalle accademie per fare in modo che tutti possano scrivere poesie – è un’utopia erede del Sessantotto. Ho seguito performance, dove anche lavorare all’uncinetto, ascoltando musica rock, oppure emettere vagiti o rantoli venivano considerate azioni poetiche. Penso che oggi si debba mediare tra ricerche espressive a tutti i costi innovative, quali distruggere o cancellare un testo poetico oppure farne comicamente una satira, e la tradizione aulica. Occorre forse annullare l’abisso che s’instaura tra forma e contenuto, annullando la distinzione tra essere ed esistere. La poesia deve essere sempre di più una forma musicale del pensiero.


A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 5, maggio 2022, anno XII)