Francesca Innocenzi: «L’immaginazione fa da ponte verso la realtà»

«Personalmente apprezzo in particolare il simbolismo di George Bacovia e l’opera di Nichita Stǎnescu e di Nina Cassian». Così Francesca Innocenzi, le cui poesie sono state pubblicate anche in traduzione romena, nella raccolta bilingue Halou de toamnă / Alone d’autunno (Cosmopoli, Bacău, 2023), nella traduzione di Alexandru Macadan.
Francesca Innocenzi è nata
a Jesi (Ancona) nel 1980. È dottoressa di ricerca in poesia e cultura greca e latina di età tardoantica. Ha pubblicato numerose opere letterarie fra cui la raccolta di prose liriche Il viaggio dello scorpione (2005); la raccolta di racconti Un applauso per l’attore (2007); le sillogi poetiche Giocosamente il nulla (2007), Cerimonia del commiato (2012), Non chiedere parola (2019); il saggio Il daimon in Giamblico e la demonologia greco-romana (2011); il romanzo Sole di stagione (2018). Ha diretto collane di poesia e curato alcune pubblicazioni antologiche, tra cui Versi dal silenzio. La poesia dei Rom (2007); L’identità sommersa. Antologia di poeti Rom (2010); Il rifugio dell’aria. Poeti delle Marche (2010). È redattrice del trimestrale di poesia «Il Mangiaparole».  Ha ideato e dirige il Premio letterario Paesaggio interiore.

Lo schema dell’haiku e delle sue varianti, doppio haiku e tanka: il suo ‘viaggio’ poetico è faticoso, scosceso, una scalata a mani nude. La ricerca d’equilibrio come condizione ontologica?

Lo schema delle varianti dello haiku appartiene alla fase di ricerca di Canto del vuoto cavo (2021), dove la tensione verso una forma di equilibrio porta all’adozione di un contenitore che è la metrica. In generale, ‘ricerca di equilibrio’ può suonare come ossimoro, in quanto rinvia a una polarità movimento/stasi incline a reiterarsi. Ma proprio in questa polarità, e in altre similari, risiede la forza della parola poetica.

Lei scrive versi che narrano una quotidianità quasi atemporale, in cui, eppure, non si stenta a non riconoscere il contesto storico in cui la vita si svolge. La vita umana vive una costante condizione di anonimato?

La poesia dà un nome alle cose, contribuisce alla ridefinizione di sé e del mondo. Paradossalmente oggi l’iper-mediatizzazione favorisce l’anonimato: la facile esposizione sui social dà a chiunque l’illusione di poter essere qualcuno, mentre siamo sempre più gocce nell’oceano.

Il Dottorato, le aule universitarie l’hanno condotta e la conducono a incontrare un cospicuo numero di persone quotidianamente: qual è il ruolo dell’immaginazione nel percepire chi è ignoto e vestirlo di realtà?

In realtà io sono piuttosto isolata e solitaria. Insegnando nella scuola superiore, le persone che più incontro quotidianamente al di fuori dell’ambito familiare sono i miei studenti. Non è scontato conoscere ognuno e ognuna di loro, neppure dopo anni. Questo è un esempio per affermare che l’immaginazione gioca sempre un ruolo importante e, al contrario di quanto si è portati a pensare, fa da ponte verso la realtà: solo se e quando l’immaginazione si accende ci sono le condizioni per l’avvio di un rapporto.

Le donne sono state costantemente presenti da quando esiste l’Arte stessa, intesa in tutte le sue sfumature; tuttavia, il loro tributo documentato rimane comunque scarsamente visibile. Quali sono, a suo avviso, le ragioni per le quali è stato così arduo sottrarsi all’invisibilità e come vede oggi la condizione della letterata in Italia?

Chiaramente non è stato possibile che le donne si scrollassero di dosso questa invisibilità fino a che il processo di emancipazione non è arrivato a buon punto. Da qualche anno è in atto una rivisitazione del canone letterario, per cui scrittrici e poete in precedenza poco note stanno ottenendo il giusto riconoscimento; ed è bene si continui su questa strada. Vedo che oggi molte autrici, giovani e meno giovani, si prendono giustamente i loro spazi nella militanza poetica, nella promozione di iniziative ed eventi. Ciò implica capacità di agire nel contesto sociale di riferimento e aiuta a sgomberare il campo dallo stereotipo della scrittrice ripiegata su di sé.

La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?

Di questi tempi i poeti intrattengono un rapporto abbastanza complesso con la tradizione. Talvolta vi è una propensione all’epigonismo, per lo più inconsapevole, altre volte prevale il rifiuto verso quanto è riferibile a una tradizione. In generale credo che, eccezioni a parte, la poesia femminile sia la più capace di affermare una propria cifra personale e originale senza opporsi aprioristicamente a paradigmi acquisiti. Del resto l’ereditare è esperienza umanamente necessaria e ineludibile. Poi ognuno può discernere liberamente, scegliere di cosa appropriarsi e come dotare il lascito di una forma e di un senso rinnovati.

Lei ha ideato e dirige il Premio di poesia Paesaggio interiore. A chi si rivolge e quali sono gli obiettivi?

Il Premio Paesaggio Interiore, giunto quest’anno alla terza edizione, nasce da un’idea di poesia come mediazione tra universo interiore ed esteriore. Oltre che poesie singole inedite e sillogi edite, comprende anche una sezione dedicata ai saggi brevi sulla cultura letteraria greco-romana. Sono convinta che lo studio dei classici sia in grado di ampliare gli orizzonti, aprire prospettive inedite, fornire imprescindibili strumenti di decifrazione di noi stessi e della realtà in cui viviamo. Da quest’anno la premiazione si terrà nel contesto dell’omonimo festival di poesia, a Cerreto d’Esi (An) negli ultimi giorni di settembre. Far nascere il festival in un piccolo centro dell’Appennino significa scoprire e valorizzare identità e risorse di luoghi marginalizzati, anche puntando su forti sinergie tra eventi e territorio, mentre nei grandi centri l’offerta culturale è spesso tanto vasta quanto frammentata e dispersiva.

Le sue poesie sono pubblicate anche in traduzione romena. In un tempo politico, sociale ed economico che grida l’impellente bisogno di tessere un dialogo con sé stessi, la conflittualità interiore può essere lenita dalla Poesia?

Ritengo che la poesia sia un veicolo di chiarificazione. Può e deve favorire una presa di coscienza, ma da sola non lenisce né cura, almeno non credo.

Riguardo alla poesia romena, in che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali poeti romeni hanno attirato la sua attenzione?

La conoscenza della poesia romena in Italia mi sembra abbastanza circoscritta. Meriterebbe sicuramente una diffusione maggiore, considerato il notevole rilievo di poeti e scrittori romeni nel quadro della letteratura europea. Va comunque segnalato l’apprezzabile lavoro di editori, anche piccoli o medi, che negli ultimi anni si sono impegnati nella divulgazione di poeti romeni. Personalmente apprezzo in particolare il simbolismo di George Bacovia e l’opera di Nichita Stǎnescu e di Nina Cassian.









A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 5, maggio 2023, anno XIII)