Intervista allo scrittore e fotografo Flavio Gioia, a cura Maurizio Vitiello Flavio Gioia (Napoli, 1957) ha vinto ad agosto 2022 il primo premio per la sezione fotografia alla BeneBiennale di Benevento. Ecco un suo scritto che ci permette di intendere i suoi propositi: Reperti contemporanei Suddividere la conoscenza tra passato, presente e futuro non rende onore alla cosa da conoscere. Puoi segnalare tutto il tuo percorso di studi? Puoi definire e sintetizzare i desideri iniziali? Da giovane mi sono dedicato all’attività fotografica con piglio professionale. Ho avuto passione per le culture del Mediterraneo e per la filosofia. Il mio desiderio giovanile era quello di fare fotografia in campo archeologico. Puoi segnalare i sentieri operativi che avevi intenzione di seguire e quelli, effettivamente, seguiti? Di pari passo con la carriera bancaria, non ho mai smesso di coltivare l’attività fotografica e anche quella televisiva, nonché i miei studi filosofici e di filosofia del cinema, in particolare. Quando è iniziata la voglia di affrontare l’ambiente fotografico-artistico e quando la voglia di ‘produrre fotografia’? Da giovanissimo, quindicenne, avevo già la mia ‘camera oscura’ e la mia reflex con la quale già mi accingevo a scattare fotografie ‘strane’. Ho lavorato, sempre giovanissimo, a stretto contatto con artisti che seguivano la corrente artistica dell’Ottocento napoletano. Fotografavo, in giro per la Campania, scorci da riproporre alla loro attenzione. Mi puoi indicare i fotografi bravi che hai conosciuto. Il più importante per me è stato Vincenzo Esse, fotografo della Soprintendenza ai Monumenti di Napoli. Hai operato, eventualmente ‘a quattro mani’ con qualcuno? Con il figlio Francesco Esse nel settore della fotografia di architettura e pubblicitaria. Ho adoperato macchine a ‘banco ottico’, già alle mie prime armi. Poi, con il fotografo Claudio Vannucci in Toscana, a Lucca, nel campo della produzione e post-produzione televisiva. Quali piste e tracce di maestri della fotografia hai seguito? Ho seguito più i maestri della fotografia cinematografica che fotografi veri e propri. La fotografia cinematografica richiede una meticolosa qualificazione del mezzo da utilizzare. La ‘inquadratura’ nel cinema è un’attività maniacale. Mentre un fotografo gestisce tutto da sé, nel cinema esistono le professionalità. Il direttore delle luci è un vero e proprio artista, il direttore della fotografia è uno scientifico, ma creativo compositore. Il direttore della fotografia, nel cinema, richiede professionalità inusitate. Quali sono le tue partecipazioni da ricordare? Più che partecipato, ho lavorato con lo studio Esse e in emittenti televisive private in Campania e in Toscana. Prima ancora con il gallerista napoletano Giuseppe Morra ho condiviso periodi fecondi ed entusiasmanti di vita nel mondo dell’arte. Puoi definire i temi che hai trattato in fotografia? Ma dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché? La mia ricerca ha comunque seguito un filone sperimentale di traccia metafisica. La mia lettura filosofico-orientale del mondo imprime l’ottica del mio sguardo fotografico. Il mio si può definire un «neorealismo onirico» (Tjuna Notarbartolo). Una realtà evaporata. L’Europa è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? La ‘vetrina ombelicale’ londinese e quella milanese cosa offrono adesso? Di certo, sono ‘mercati’ stimolanti anche se nuove realtà culturali (vedi la Cina) possono offrire partnership culturali abbastanza allettanti. Le capitali finanziarie sono anche capitali culturali e viceversa. Londra è senza dubbio la ‘vetrina ombelicale’ dell’occidente continentale. Le ‘intelligenze’ sono quasi tutte lì. Pensi di avere una visibilità congrua? Su «Flickr» attualmente godo di più di 20.000 visualizzazioni al mese. Quanti ‘addetti ai lavori’ ti seguono come fotografo-artista? Al momento, condivido progetti con il wedding photographer Pierluigi Sperindeo, con la cara amica Tjuna Notarbartolo (premio Elsa Morante) intrattengo una ottima e feconda relazione artistica. Con il fotografo Sperindeo, in particolare, sto mettendo in piedi una nuova attività di fotografia che scompaginerà il settore del wedding… Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro nel campo della fotografia? Una ricerca spasmodica per una mia «semiotica della immagine» che tocchi sempre di più le corde della coscienza umana. La mia è una febbre per raggiungere la massima espressività fotografica. Vuol dire raggiungere il limite massimo della stessa fotografia. Le massime conferme sono in realtà delle clamorose smentite. Smentire la fotografia per affermare la fotografia. Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere della fotografia? Quanti, secondo te, riescono a saper ‘leggere’ l’arte fotografica contemporanea e a districarsi tra le ‘mistificazioni’ e le ‘provocazioni’? Il mondo dell’arte, in genere, è sempre stato abbastanza eterogeneo. Quello della fotografia è stato sovente tacciato di ‘mimesis’ con scarsa valenza artistica. L’occhio del fotografo, forse, ha maggiori responsabilità di un artista in genere. I social t’appoggiano, ne fai uso? Come già detto, faccio parte della comunità di «Flickr» con discreto piacere personale condiviso con il gruppo. Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, gallerista, art-promoter per metter su una mostra? Un nome preciso, oltre agli amici già citati, con chiunque dimostri una sincera passione per le arti visive in genere e per la fotografia in particolare. Per un artista è importate contornarsi di persone che vivono il medesimo ‘sentiment’. Hai mai pensato di metter su una rassegna estesa di fotografi collimanti con la tua ultima produzione? Far collimare il mio linguaggio artistico con altri sarebbe difficile, ma non impossibile. Sono un individualista dell’immagine, troppo concentrato nel far uscire il mio linguaggio da essa immagine. Ma scambiare esperienze rientra, comunque, nel mio DNA. Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi diversi impegni? Tutte le attività culturali che ho realizzato hanno sempre ricevuto una certa corrispondenza positiva di pubblico. Ricordo il mio «cineconvivium», un cineforum gestito con le amiche di «Artgarage» a Pozzuoli. Film ‘tosti’ ma che godevano di una platea molto qualificata e appassionata. Quando ho realizzato il mio «booktrailer», ero primo in Italia nel produrre tale innovativo linguaggio mediale. Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari? Le arti dell’immagine sono quelle più idonee onde avere un approccio fecondo con il pubblico giovanile. L’immagine regna tra i giovani. Prossime mosse, Roma, Milano, Firenze, Londra, Parigi, NY...? Nella vita non mi sono mai dato un limite, ma sempre un metodo per raggiungere quel limite massimo e oltrepassarlo con successo. Credo nel successo della meritocrazia e in arte come non mai. Che futuro prevedi nell’immediato post-Covid-19 e nel post-conflitto Russia-Ucraina? Il mondo girerà intorno al Sole come sempre. Gli esseri umani, già da tempo immemorabile, si sono fatti conoscere per quel che sono. Tutto ciò che accade è solo una fotografia di immagini già, ahi noi!, troppe volte viste. Per quanto concerne il discorso artistico, tali ‘calamità’ verranno contestualizzate nelle varie tecniche da parte degli artisti.
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