Con Elena Vesnaver su «Le irriverenti. I volti femminili delle grandi rivoluzioni»

È da poco uscito il libro Le irriverenti. I volti femminili delle grandi rivoluzioni della scrittrice e regista teatrale Elena Vesnaver, con le illustrazioni curate da Francesco Colafella (Liscianilibri, 2021). Trentadue donne che si sono create ascoltando soltanto la loro testa. Trentadue donne con tante sfumature e una sola certezza, figure scomode, irriverenti, ognuna a modo suo. Trentadue, ma chissà quante altre in giro per il mondo.
L’intervista a Elena Vesnaver realizzata da Giusy Capone ci svela i vari risvolti di questo caleidoscopio di universi femminili.


Trentadue donne dissimili quanto a età, condizione, ruolo sociale, esperienza esistenziale. Quale tratto le accomuna?

La libertà. Il bisogno di vivere libere, di non adattarsi a stereotipi, di essere quello che si vuole essere, di fare quello che si vuole fare. Essere donne che decidono in prima persona della loro vita, senza dipendere da nessuno.

I suoi ritratti muliebri spaziano su un asse diacronico. Quale criterio di scelta ha adottato per navigare attraverso il tempo?

Ho semplicemente voluto raccontare di donne che hanno combattuto, che hanno fatto una rivoluzione. Non ho voluto seguire un ordine cronologico volutamente, non me lo sono posto come filo conduttore, poteva sembrare un po’ un’enciclopedia, no?

Donne emblematiche con passioni ardimentose, scelte intrepide, la debolezza e l’impeto del loro essere, ma anche l'inarrendevolezza, il genio e la forza di volontà che le hanno connotate. Quale messaggio ci offrono?

Che non bisogna mai smettere di lottare. Che i traguardi raggiunti non sono mai conquistati per sempre. Che ogni giorno possiamo e dobbiamo impegnarci per la nostra rivoluzione.

Le donne sono riuscite ad abbattere con fiera determinazione le gabbie concettuali in cui abbiamo abitato per lungo tempo. Ebbene, in cosa si diversifica il punto di vista muliebre?

Purtroppo, non ci siamo ancora riuscite, questo è il problema. C’è ancora molto da fare per cambiare una società che non ci vede in maniera paritaria, c’è molto da fare e molto da combattere, come dicevo prima i diritti conquistati devono essere difesi. Il punto di vista femminile? Il giorno in cui ci vedremo tutti come persone e il genere di appartenenza non sarà importante sarà un bel giorno.

Le sue pagine quanto si discostano dal femminismo nelle sue plurime e molteplici declinazioni?

Non si discostano. Femminismo non è una brutta parola.

Perché il patriarcato è tutt’altro che scomparso dalla nostra società e quale significato assume, oggi, il termine «femminismo»?

Perché dobbiamo crescere, cambiare. Finché si penserà a una famiglia con necessariamente una mamma e un papà cristallizzati nei loro ruoli (che poi, quali sono?), dove vogliamo andare a parare? Finché una donna, a pari mansioni, ha uno stipendio più basso di un collega maschio, come possiamo uscirne? Ci sono dei segnali, ma sono ancora troppo rari e deboli. Il termine femminismo ha lo stesso significato da sempre e ripeto, non è una brutta parola.

Le norme religiose, a cui sono poi seguite le leggi civili, hanno acuito le disparità e le differenze tra maschi e femmine. Qual è a oggi lo status delle discriminazioni di genere?

Tragico. Anche per colpa nostra, che abbiamo abbassato la guardia e per colpa di una società che non ha saputo crescere insieme alle donne. Si può ricuperare, però.

Oggidì il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello muliebre. Quali forze diverse e in contrapposizione si combattono su questo campo?

Il corpo delle donne è sempre stato terreno di conquista. O averlo o sfregiarlo. O sante o puttane. O con me o con nessuno. Non mi interessa discutere su chi o cosa si combatte, ma penso che sia ora di finirla una volta per tutte e dobbiamo essere soprattutto noi a deciderlo.






A cura di Giusy Capone
(n. 3, marzo 2021, anno XI)






Profilo bio-bibliografico

Elena Vesnaver si diploma all'Istituto d'Arte Drammatica a Trieste nel 1983. Nel 1982 inizia la sua collaborazione, che durerà fino agli anni '90, con la sede Rai di Trieste, prendendo parte a diversi sceneggiati radiofonici trasmessi sul territorio nazionale. Nel 1986 lavora con la Compagnia teatrale La Contrada e prende parte allo spettacolo Bandiera con la regia di Francesco Macedonio. Nel 1988 è tra i fondatori della Compagnia Teatrodellaluna che si occupa per diversi anni di teatro ragazzi e teatro di servizio. Nello stesso periodo si avvicina alla scrittura, redigendo i testi dei suoi spettacoli. Nel 2008 scrive e rappresenta Tutti mi chiamano bionda sulla vita delle operaie in filanda. Le sue prime pubblicazioni sono libri per ragazzi, in seguito scrive noir e thriller: nel 2005 è terza classificata al concorso Profondo Giallo con La faccia nera della luna, che poco dopo pubblica a sé stante. A fine maggio 2007, con la Magnetica Edizioni, esce il suo libro Sixta pixta rixa xista, una storia di stregoneria ambientata nella Cormòns del Seicento. Nel 2008 il suo minilibro Flor viene presentato al Pisa Book Festival. Le ragioni dell'inverno, un giallo dalle sfumature fosche, esce nel giugno 2009 e nello stesso periodo la casa editrice Lineadaria pubblica Cime Tempestose (odio i fantasmi) con le illustrazioni di Sandro Natalini. Il monologo Un problema delicato è tra i vincitori del concorso per corti teatrali Mai detto, m'hai detto nel 2009 ed è a Porto Sant’Elpidio il 29 maggio durante il Festival di Microdrammaturgia. Il monologo Un bel posto tranquillo ha avuto la menzione speciale dell'Istituto di Storia della Resistenza di Cuneo per il miglior testo a contenuto politico sociale, all'interno del concorso Per Voce Sola 2009. Vesnaver collabora con il settimanale «Confidenze», per il quale ha scritto diversi romanzi a episodi e romanzi brevi. Dal 2000 tiene corsi di lettura critica e ad alta voce e di scrittura creativa sia per adulti che per ragazzi. Nel 2010 il progetto Notte di pioggia vince il primo concorso per cene con delitto, indetto dalla Compagnia Studionovecento. Continua la progettazione di cene con delitto con La colpa è del cinese, rappresentato dalla Compagnia Teatrale Proscenium nel Triveneto. Nel settembre 2011 è stata presente al Festival del Gotico a Roma con un nuovo murder game scritto per l'occasione. Insieme a Giuseppe Mariuz, l'autrice firma per la sede RAI del Friuli Venezia Giulia lo sceneggiato radiofonico in quattro puntate Pantera il ribelle tratto dall'omonimo libro che racconta la vita del giovane partigiano di San Vito al Tagliamento Giuseppe Del Mei. Collabora in qualità di regista e autore con la Compagnia Teatrale Proscenium, presso la quale tiene corsi di tecnica teatrale. Nel 2012 partecipa con un racconto a Sherlock Holmes in Italia (Delos), del quale una parziale ristampa è uscita su Il Giallo Mondadori Sherlock nel 2016. Nel 2015 vince il Premio Scerbanenco@Lignano con il racconto giallo La ragazza di via Settefontane e il Premio Letterario Città di Verbania for Women con il racconto Tutti mi chiamano bionda.