In dialogo con Davide Zaffi. Noica e il suo «Anti-Goethe» non conformista Nel ripercorrere i libri romeni usciti in traduzione italiana nel 2019, riproponiamo ai nostri lettori l'incontro con Davide Zaffi, studioso dello spazio culturale e politico dell’Europa centro-orientale, che ha conseguito la laurea in Lingue straniere a Venezia e in Scienze politiche a Urbino, usufruendo in seguito di borse studio presso la Central European University e Európa Intézet di Budapest. Congedo da Goethe di Constantin Noica, edito dall’editore Rubbettino (Soveria Mannelli (CZ), 2019, p. 312) e presentato all’ultimo Salone del libro di Torino, è una monografia su Goethe ma anche e soprattutto una personale incursione nel Faust dello scrittore tedesco. Perché ha scelto di tradurre un testo esegetico di tale spessore scritto da un autore di altrettanto spessore come Constantin Noica: l’hanno attratta l’argomento, affinità ideali e culturali, il suo contesto storico-letterario? Se Kant parla delle ‘avventure dello spirito’, si potrà forse parlare anche delle ‘passioni dell’intelligenza’. Il libro di Noica mi ha colpito prima di tutto per la passione dell’intelligenza che lo anima da cima a fondo. Per quattro lunghi capitoli (il quinto e ultimo ha un tono diverso) l’autore suona, se mi permette un’immagine, con le dita dell’intelligenza sulle corde della sterminata produzione goethiana. Ne ricava suoni che se non son canonici, quelli cioè prescritti dalle leggi dell’armonia (filologica), sono però quasi sempre inventivi, sorprendenti. E lo sono non per caso o per capriccio, come qualche volta in certi libri avviene, ma perché si muovono nel senso di un approfondimento del canone, alla moda della particella rumena ‘întru’. Si tratta di un’impresa non facile ma Noica se la assume e per molte e molte e pagine la svolge con successo. Il filosofo romeno attese a questo lavoro durante il domicilio forzato a Câmpulung-Muscel impostogli dal regime comunista negli anni ’50 del secolo scorso. Quanto ha influito ciò sull’opera? Noica direbbe che non ha influito per nulla. O, meglio, che quanto ha influito è irrilevante. Su questo punto Noica è in linea con molti letterati rumeni suoi contemporanei: quel che conta non sono i dati biografici, ma le idee che si riesce a mettere in circolo. Un autore vale o meno per le sue idee, su quelle esclusivamente va giudicato. Dal suo punto di vista, in quanto autore, può aver ragione, ma dal nostro punto di vista di lettori non si può trascurare la biografia. Credo dunque che il domicilio coatto abbia favorito il lavoro su Goethe, perché ha permesso a Noica di dedicarsi esclusivamente a esso. Certo, questa chance, per dir così, può essere sfruttata soltanto se, come fu il caso di Noica, si è assistiti da una straordinaria forza di volontà, perché è vero che a Câmpulung Noica fu esentato da molte futili incombenze sociali ma è altrettanto vero che lo costrinse a vivere in condizioni di povertà estrema, anzi, di gravi privazioni. Lui che fino ad allora era vissuto nell’agiatezza. Qual è stato il suo approccio nel lavoro di traduzione? Quali problemi o ostacoli legati alla resa del testo in italiano ha incontrato, e quali soluzioni ha trovato per superare, magari con qualche compromesso, le «sfide» del testo originale? Intanto va detto che c’è tanto non Noica nel libro. Vale a dire che le citazioni goethiane sono strabocchevoli. Per il Faust Noica usa la bella traduzione di Blaga, e sono centinaia di versi; per le altre opere goethiane traduce lui stesso. Non potevo lasciare le citazioni in originale e tanto meno tradurre Goethe… dal rumeno (in un unico caso l’ho fatto: Mefistofele-Goethe a un certo punto, ai versi 2038-9, contrappone all’albero d’oro della vita che «verdeggia» la teoria, da lui definita «grau», grigia. Blaga traduce «grau» con «seacă» e anch’io, seguendo Blaga, ho messo «secca» (pag. 217), sia perché meglio si staglia contro l’albero verdeggiante e sia perché è foneticamente più efficace). Avrei potuto prendere una delle traduzioni italiane pubblicate, ma nessun autore, per quanto ne so, ha tradotto da solo tutto, dico tutto, Goethe, e questo sarebbe servito perché Noica ha letto e usa per davvero tutto Goethe (poesie, romanzi, aforismi, teatro, lettere, studi scientifici…, Eckermann). Così ci ho pensato io, il che non è stato, credo, un guaio perché mi ha dato modo di intonare Goethe al lavoro di Noica, cioè di renderlo un po’ più impertinente e insofferente di quanto normalmente non venga reso in traduzione. Perché è stato utile proporre questo saggio di Noica in traduzione, che cosa le premeva far arrivare al lettore curioso o edotto? Francamente mi è difficile rispondere a questa domanda perché Congedo da Goethe è una porta sul mondo. Al lettore arriva di tutto. Noica, per fare una citazione dal libro, parla di Goethe osservandolo «da ogni parte: dalla scienza, dall’arte e dalla poesia, dalla comunità e dalla solitudine, dagli antichi e dai moderni, classicismo e romanticismo, sapienza e follia» (pag. 3). Noica parafrasa il famoso detto terenziano e sostiene con buon fondamento: nihil goethianum a me alienum puto. (pag. 4). Consultando il database di «Orizzonti culturali», si scopre che il suo volume si affianca ad altri testi significativi di Noica tradotti in italiano (L’amico lontano, il carteggio Cioran-Noica, Sei malattie dello spirito contemporaneo, entrambi usciti nel 1993; Pregate per il fratello Alessandro, 1994) – da segnalare anche la tesi di dottorato di Solange Daini, Il divenire entro l’essere di Constantin Noica, un’ontologia dopo il pensiero debole, Università di Torino, 2005), la quale ha poi curato anche il Trattato di ontologia e il Saggio sulla filosofia tradizionale, editi entrambi dalle Edizioni ETS nel 2007. Molto ha pubblicato Noica in vita, lasciando anche una discreta mole di scritti postumi. Ecco, ci sono altre opere di Noica le piacerebbe proporre in italiano, e perché? Credo che un libro pubblicato (sia pure solo in traduzione) sia come un bimbo messo al mondo. Non penso che tenendo in braccio il neonato la mamma già pensi a come sarà la prossima gravidanza. Io comunque non ho al momento in animo di tradurre altro, ma col medesimo respiro con cui dico questo aggiungo: Noica va letto tutto! Di Noica si può sostenere quel che si sostiene, con perfetta ragione, di Goethe: non è mai banale e quindi merita di essere letto. Si può ovviamente dissentire da lui, si può anche trovare esasperante la convivenza fra la sua rotonda scrittura e i suoi spigolosi pensieri, ma non si può sostenere che Noica si adagi mai anche solo per un attimo nel luogo comune, in quel che ci si aspetta, in una parola: nella pigrizia dell’intelligenza. E si può capire che per un autore così sarebbe sconfortante vedere quanto caso oggi si faccia del parlare e del pensare politically correct. Gli spazi della libertà di espressione e di pensiero si assottigliano sempre più, l’intolleranza degli autonominatisi ‘corretti’ che prescrivono con la forza dei media ciò che è lecito pensare, aumenta. Intervista realizzata da Mauro Barindi (n. 5, maggio 2019, anno IX) |