Cristiana Lardo su Italo Calvino: «Da non contemporaneo parla anche all’oggi»

«Calvino non è un nostro contemporaneo, anche se la scuola continua a considerarlo tale: è figlio del suo tempo con una lungimiranza incredibile che, di fatto, da non contemporaneo parla anche all’oggi».
Il 2023 appena concluso ha celebrato il centenario della nascita di Italo Calvino e la nostra rivista gli ha dedicato un ampio Speciale ora arricchito dal dialogo con Cristiana Lardo, professoressa associata di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Docente dal 1995, tiene corsi di Letteratura italiana e laboratori di scrittura. Ha pubblicato monografie (su Ariosto, Buzzati, Gadda e altri temi), saggi (su Buzzati, Marotta, Pascoli, su questioni di narratologia e molto altro), due romanzi e molti racconti, alcuni dei quali premiati (nel 2019 è stata vincitrice del Premio Teramo). È membro del Direttivo del Centro studi Dino Buzzati e della rivista «Studi buzzatiani».



L’opera e la personalità di Italo Calvino sovente appaiono
contraddittorie, considerata la grande varietà di atteggiamenti che, verosimilmente, riflette l’accadere delle poetiche e degli indirizzi culturali nel quarantennio fra il 1945 e il 1985. È possibile, tuttavia, rinvenire un’unità d’intenti?

Credo che sia possibile rintracciare una unità di intenti. Mi permetterei, tuttavia, di problematizzare la parola «intenti»: Calvino è stato un grande lettore delle epoche che ha vissuto: voleva raccontare storie interrogando sé stesso e i lettori. Mi spiego meglio: la sua opera è stata una lettura critica del presente, con frequenti incursioni nel passato (volte però sempre a interpretare il suo presente) e anche nel futuro (anch’esse una chiave di interpretazione del presente). Più che dettami o dichiarazioni di intenti, credo che l’opera calviniana proponga efficacemente una sorta di chiave interpretativa, che passa appunto attraverso le varie poetiche e i vasti indirizzi culturali. Del resto, la lettura del presente che Calvino propone in una delle sue ultime opere, Palomar, è significativa: un autore non deve spiegare nulla, ma semplicemente guardare. È il «fuori» che spiega il «dentro», come egli scrive a proposito di un giovane autore che gli aveva chiesto una recensione, Andrea De Carlo. Tutto il Calvino anticipatore del postmoderno nasce di lì.


Neorealismo, gioco combinatorio, letteratura popolare sono tra i numerosi campi d'interesse toccati dal percorso letterario di Calvino. Su quali aree si è concentrata la sua attenzione?

La mia prima esperienza letteraria è stata proprio su Calvino. Sono stata relatrice in un convegno a lui dedicato, organizzato dal relatore della mia tesi, il prof. Riccardo Scrivano, da neolaureata, e avevo scelto di parlare di Calvino lettore e riscrittore delle Fiabe italiane e di tutti gli altri saggi sulla fiaba (Sulla fiaba, Einaudi). Più avanti, diventata docente e ariostista, mi sono avvicinata alla sua bellissima lettura dell’Orlando Furioso. Sono da sempre stata convinta che quella frase che dice che «le fiabe sono vere: sono il catalogo dei destini possibili per un uomo o per una donna» (cito a memoria!) ha in sé l’essenza della letteratura stessa: anche Borges ha scritto che la letteratura è tutta fantastica!


«Nel Novecento è un uso intellettuale (e non più emozionale) del fantastico che s’impone: come gioco, ironia, ammicco, e anche come mediazione sugli incubi o i desideri nascosti dell’uomo contemporaneo». Così Calvino. In qual misura il «fantastico» calviniano si fa pioniere del contemporaneo?

Dipende cosa si intende per «contemporaneo». Se diamo alla parola un’accezione storica e intendiamo la nostra stretta contemporaneità letteraria, diciamo ponendo come terminus post quem il Duemila, direi che abbiamo e stiamo assistendo a una decisa inversione di rotta: il fantastico contemporaneo si è spostato su altri generi di narrazione, più visuali, come il cinema e le serie, ed è ridiventato emozionale (come del resto tutto, nella nostra contemporaneità!): ha in qualche modo abbandonato la letteratura, che, complice un’invasione della mimesi del reale, ha preferito contaminarsi con istanze diverse, come le problematiche sociali e la storia. Il fantastico calviniano in questo caso non può farsi pioniere del fantastico letterario contemporaneo perché tutto l’immaginario è diventato un déja vu e un déja lu: come se il materiale dell’immaginario fosse già una ripetizione, un eterno riuso. Attendiamo tempi migliori…


Il 2023 appena concluso ha celebrato il centenario della nascita di Italo Calvino. Qual è il suo lascito alla posterità letteraria?

Del lascito calviniano ho in qualche modo già parlato precedentemente. Calvino ha lasciato testi che offrono una riflessione su tutta la sua contemporaneità e attraversando tutti i generi letterari. Ha inoltre gettato le basi per una lettura postmoderna della letteratura italiana. Calvino non è un nostro contemporaneo, anche se la scuola continua a considerarlo tale: è figlio del suo tempo con una lungimiranza incredibile che, di fatto, da non contemporaneo parla anche all’oggi.


Quali sono, secondo lei, le sfide più ardue che la critica letteraria, ein particolare l’italianisticadeve affrontare al giorno d’oggi?

Credo che la sfida più ardua consista nel fatto che la critica letteraria propone una lettura ermeneutica in un periodo in cui la lettura è sempre meno considerata. Un’altra sfida, che vedo affrontata specialmente dagli studiosi più giovani o quantomeno più aperti, è la capacità di interagire con altri saperi. Ma anche questo ce l’aveva proposto proprio Calvino!


Romano Luperini sostiene che il saggio critico, così come ereditato dal secolo passato, non ha più futuro. Come vede lei la trasformabilità di questa forma che si è istituzionalizzata in un vero e proprio genere letterario, sul quale si sono cimentati filosofi e critici celebri, tra cui Adorno e Lukács?

A questa domanda non sono in grado di rispondere: anche a me piacerebbe saperlo.


L’edizione 2023 del Premio Strega ha segnato non solo la vittoria di una scrittrice, ma anche un record di donne: otto scrittrici nella dozzina e quattro nella cinquina. Come si configura l’attuale status della letteratura esperita da donne?

Le scrittrici ci sono sempre state. Più che parlare della «letteratura esperita da donne», forse si dovrebbe parlare della critica letteraria esperita da uomini (con poche donne) che abbia come oggetto la «letteratura esperita da donne». Ma è storia vecchia…


La letteratura romena è costantemente tradotta in italiano e la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2024. In che misura pensa sia conosciuta in Italia e quali scrittori romeni hanno attirato la sua attenzione?

Anche a questa domanda non so rispondere, per ora: studierò!




A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 1, gennaio 2024, anno XIV)