Con Claudia Calabrese su Pasolini e la musica

Ospite questo mese dei nostri Incontri critici è Claudia Calabrese, dottoressa di ricerca in Storia e analisi delle culture musicali all’Università La Sapienza di Roma, studiosa di musica e letteratura, docente di lettere. Attratta dagli studi interdisciplinari, si è occupata di Giacomo Puccini e di Pier Paolo Pasolini. In Alchimie pucciniane (Accademia di Scienze lettere e arti di Palermo, 1999) e Manon Lescaut, presagio di una trasmutazione (Avidi Lumi, rivista della Fondazione del Teatro Massimo, 2000) si è accostata all’opera e alla vita del compositore toscano con gli strumenti della psicoanalisi junghiana. Il suo Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Correspondances (Diastema Studi e Ricerche, Treviso 2019) ha ricevuto la menzione speciale per l’originalità e il rigore analitico dalla Giuria del XXXIV Premio Pasolini bandito dal Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini della Fondazione della Cineteca di Bologna. 
Relatrice a convegni e seminari, su Pasolini ha pubblicato “Música e sons segundo Pasolini”, Cláudia Tavares Alves (trad.), Maria Betânia Amoroso (trad.) in «Remate De Males», 40(2), 443-471, San Paolo, Brasile (2020); “Musica e suoni secondo Pasolini”, in «Dialoghi mediterranei», periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo (Trapani), 2021; “Lettera a Pier Paolo Pasolini”, in «Dialoghimediterranei», periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo (Trapani), maggio 2022; Prima il silenzio, poi il suono o la parola, libro-catalogo Ravenna Festival XXXIII edizione 2022, pp. 39-43; “Introduzione al pensiero complesso”, in «Dialoghi mediterranei», periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo (Trapani), maggio 2023; “Nota critica” in Francesco Virga, Eredità dissipate. Gramsci, Pasolini, Sciascia, II edizione rivista e ampliata, Diogene Multimedia, giugno 2023, Bologna, pp. 349-352; “Puccini, le contraddizioni psicologiche nelle opere e nei personaggi”, in «Dialoghi mediterranei», periodico bimestrale dell'Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo (Trapani), luglio 2023; “Puccini, le sue creature: Manon Lescaut, il conflitto interiorizzato”, in «Dialoghi mediterranei», periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo (Trapani), settembre 2023; “Puccini, le sue creature: Tosca, verso un’elaborazione più matura del conflitto”, in «Dialoghi mediterranei», periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo (Trapani), gennaio 2024.


Quali legami ha individuato tra le scelte musicali di Pasolini e la sua visione culturale e artistica?

La musica è un elemento consustanziale al pensiero e alla poetica di Pasolini e si annida in una traccia che percorre tutta la vita. La sua visione del mondo prende forme e acquisisce significati diversi col passare del tempo ma la dialettica è sempre tra ciò che emerge in superficie e in qualche modo è sottoposto a un divenire (che lui poeticamente chiama «Carne», o «Luce/Storia» o «dimensione orizzontale») e ciò che è nel fondo, immutabile («Cielo», buio/atemporalità, le viscere, il senso verticale). Alla musica e ai suoni Pasolini assegna proprio queste funzioni: scava negli abissi, li evoca e porta in superficie e testimonia le trasformazioni del mondo. Questa opposizione positiva che entra in un percorso di ricerca esistenziale, prima che espressiva, nasce molto presto e s’intreccia alle prime esperienze, all’ascolto della musica di Bach e dei suoni della natura che gli sembra accolgano poeticamente Carne e Cielo, il divenire e la tensione verso l’infinito. Perciò l’elemento sonoro concorre al «pastiche» sia al tempo delle prime poesie in friulano, sia quando la fiducia nello «stile» viene meno e la parola si fa più pratica e il cinema e le polemiche giornalistiche prendono il sopravvento. Musica e suoni possono guidarci a ripercorrere questo cammino perché rinviano sempre alla sorgente da cui tutto proviene dove risiede il sacro (sacralità laica) che è eterno e inesprimibile. Tutto ciò oggi può apparire anacronistico ma è necessario se, come penso, ha a che fare con l’amore per quella «straziante, meravigliosa bellezza del creato» che rigenera la vita.


Può offrire esempi specifici di compositori utilizzati da Pasolini e il significato attribuito a tali collaborazioni?

Pasolini era talmente impregnato di musica da sceglierla personalmente per i suoi film. I suoi collaboratori musicali dovevano accontentarsi di «adattare» al tessuto filmico le musiche di repertorio volute dal regista. Persino Ennio Morricone, che all’inizio della sua collaborazione con Pasolini si oppose a questo modus operandi, dovette arrendersi se nei credits di quattro film degli anni ‘70 leggiamo: «Musiche curate dall’autore (Pasolini), con la collaborazione di Ennio Morricone». Bach, Mozart, Vivaldi… musiche popolari italiane o di culture lontane, musica leggera sono sempre decontestualizzate nel cinema di Pasolini. Il tema importante allora non è tanto quello della collaborazione con i compositori di musica, piuttosto conviene chiedersi perché il regista abbia scelto proprio quei brani e qual è la loro funzione nel film. Anche di questo parlo nel mio libro, per esempio della funzione dell’Adagio del Quintetto K 516 di Mozart in Che cosa sono le nuvole? o del Corale di Bach in Accattone o ancora di «Fenesta ca lucive» nel Decameron per rappresentare un sottoproletariato non ancora omologato e dunque «preistorico» come nella visione di Pasolini è la musica popolare. Al di là del cinema, molti musicisti hanno intercettato Pasolini per ricevere il permesso di intonare le sue poesie o per richieste di nuovi versi per la musica: Laura Betti, Ettore De Carolis, Sylvano Bussotti… tutti loro, anche se in modo diverso, si sono interrogati sulla realtà e hanno inteso la musica, le parole e i suoni come strumenti attraverso i quali passa la ricerca della verità e la tensione a sviscerare la realtà più profonda, per comprenderla e, forse, anche trasformarla.


In che modo interpreta il rapporto di Pasolini con i compositori contemporanei, come Morricone?

Pasolini non nascose mai di preferire la musica classica alla contemporanea o sperimentale. Morricone a un certo punto si arrese a Pasolini che addirittura registrava il commento musicale mentre girava il film per convincerlo a fare ciò che aveva già pensato. Anche Sylvano Bussotti aveva tentato, senza successo, di condividere con lui le sue scelte mentre lavorava alla partitura, molto sperimentale, di Memoria con l’intonazione dell’epigramma «Alla bandiera rossa». Forse Bussotti comprendeva Pasolini più di quanto Pasolini comprendesse Bussotti: in fondo, entrambi intendevano la «tradizione» come forza viva della rivoluzione. Diverso il caso di Modugno, figura controversa che si muove in quel mondo danneggiato dalla cosiddetta ‘rivoluzione antropologica’, ma con una propria autonomia culturale che lo porta a rivoluzionare la canzone italiana. Perciò Pasolini lo apprezza anche perché questo ‘ignorante intellettuale’, come si definisce, scrive dei testi che parlano di problemi sociali e nonostante il successo non rinnega mai le sue umili origini.


Qual è l’influenza della musica popolare nella produzione letteraria e cinematografica di Pasolini?

Importante: la musica definisce situazioni e contesti, riflette le trasformazioni sociali, favorisce lo sprofondamento nel mito… Pasolini, coerentemente con i suoi studi sulla poesia e sulla musica popolare, è attento al ruolo delle canzoni nella vita dei giovani durante la guerra e nel dopoguerra. Con gli americani arriva lo swing e ne Il sogno di una cosa si mescola alle villotte che a Fiume, lontani da casa, Germano, il Nini, Eligio e Basilio, cantano per consolarsi. La musica popolare, indipendentemente dal suo valore, è importante anche come veicolo di cultura per grandi masse di popolo. Da qui deriva il suo interesse per la canzone: tradizionale in un primo momento, diretta espressione delle viscere del popolo e strumento di condivisione in qualche modo atemporale; e per la canzone di consumo, dopo, nei confronti della quale il poeta matura un atteggiamento critico, ma contraddittorio. La funzione «narcotizzante» delle canzonette di Sanremo segnala le trasformazioni di una classe sociale avviata all’omologazione che anche cantando esprime la propria passiva adesione alla storia e s’avvia a essere incorporata nella società consumistica. Così il canto popolare sprofonda nel mito. Negli anni Settanta, le musiche del folklore napoletano nel Decameron e dei canti popolari inglesi e scozzesi nei Racconti di Canterbury, sono espressione di una cultura che non esiste più e che Pasolini evoca, come in un sogno, con le ‘pre-istoriche’ canzoni popolari.


Ritiene possibile che Pasolini utilizzi la musica per esprimere una critica alla società contemporanea e per evocare una nostalgia per un mondo perduto?

Pasolini ha ben compreso che ogni cultura si esprime anche attraverso specifiche dimensioni sonore e preferenze musicali. Mentre la storia avanza, ad esempio, il popolo ignaro canta e ripete «ingenuo quello che fu». «Il popolo che canta del Canto popolare è il popolo com’era prima della civiltà industriale: mentre il canto finale (la canzonetta) di chi ‘è ciò che non sa’ si riferisce al sottoproletariato sulle soglie della coscienza di classe, che vive dall’Aniene a Eboli…», così Pasolini scrive a Franco Fortini nel 1955. Eppure, nonostante il sentimentalismo e la banalità dei testi, le canzonette stimolano le «intermittenze del cuore».  Perciò: «Un intervento di un poeta colto e magari raffinato non avrebbe niente di illecito; anzi, la sua opera sarebbe sollecitabile e raccomandabile» (Pasolini, 1956). Per approfondire questo e tanto altro sul rapporto di Pasolini con la musica, vi invito a cercare i podcast dei lavori radiofonici realizzati dalla giornalista e studiosa Elisabetta Malantrucco, andati in onda su Rai Radio Techetè: «Pasolini secondo la radio» del 2015 e «Pier Paolo Pasolini. Appunti musicali» del 2021 in undici puntate, due bellissimi speciali, ricchi di approfondimenti, connessioni e spunti di riflessione.


In che modo Pasolini riesce a inserire la musica nel contesto della sua riflessione antropologica e storica?

Soprattutto con le sue splendide «applicazioni» musicali ai suoi film, a contrasto, che sono di una potenza straordinaria. Pasolini era un artista e un intellettuale che pensava di avere una funzione pedagogica. Non tutti gli artisti danno alle loro opere anche un valore civile. Pasolini sì, perciò non cercava l’opera perfetta ma quella che poteva trasmettere un messaggio che fosse una leva per i fruitori. La musica è uno degli strumenti di cui si serve a questo scopo perché ha a che fare con le viscere che sono presenti nel profondo di ogni uomo.  


In qual modo il linguaggio musicale e quello poetico si influenzino reciprocamente nelle opere di Pasolini?

Per ricostruire il pensiero musicale di Pasolini bisogna cominciare dal tempo in cui nasce il mito delle viscere dove si innestano musica e suoni. Casarsa in Atti impuri è grembo sonoro: proiezione del grembo della madre, recinto sacro che custodisce la relazione profonda tra Carne e Cielo. I primi versi richiamano le tradizioni poetiche che avevano uno stretto legame con la musica: la lirica greca e provenzale, Dante, la poesia simbolista francese. Molte liriche de La meglio gioventù nei titoli richiamano il canto o forme musicali: Ciant da li ciampanis, Vilota, Lied, Suite furlana, Spiritual, Balada, Chan plor... Anche se non sono scritte per la musica, com’erano quelle dei trovatori, sono intrise di una musicalità profonda, così si esprime Giovanna Marini. E ancora la musica di J.S. Bach ha le vere parole della poesia, parole tutte parole e niente significato, proprio quelle che il poeta cerca, libere dai significati ma che esprimono con i suoni la cosa reale. Pensiero musicale e ricerca poetica sono connessi a tal punto che Pasolini applica la tecnica musicale della variazione alla parola nei versi di Variasion n. 12 dalla «Ciaccona» di Bach”. La ricerca lo condurrà alla musicale parola greca: «Le parole greche acuiscono la realtà denudandola, cioè spogliandola del caduco». La sonorità della parola greca coincide con la «cosa reale» e, pure, entra in comunicazione con l’infinito.Ancora una volta nei suoni ‘Carne e Cielo’ – due poli della dialettica della passione, opposti e sempre in relazione contradditoria.


Lei sostiene che la musica, per Pasolini, non sia mai un elemento puramente decorativo. Per quale ragione ne è convinta?

È Pasolini stesso a dirci con i versi del Poeta delle ceneri: - […] vorrei essere scrittore di musica,/ vivere con degli strumenti/ dentro la torre di Viterbo […] e lì comporre musica/ l’unica azione espressiva/forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà.  La musica come le azioni della realtà, cosa significa? Ecco, a me sembra che Pasolini cerchi sempre di stabilire un rapporto vero con la realtà e quando non vi trova più traccia di umanità sente il bisogno di suoni che siano essi stessi azione in grado di generare parole nuove, persino nuove realtà. La ricerca dell’insondabile cuore della realtà che la musica sostiene, avviene su una strada piena di incognite. Non è decorativo tutto ciò, anzi. Il rischio di reazioni violente è altissimo, come in Che cosa sono le nuvole? quando il popolo invade la scena e uccide. È a quel punto che Modugno, personificazione della Musica, conduce all’immondezzaio dove per contrasto, vediamo le nuvole e ascoltiamo l’Adagio di Mozart. È a quel punto che allo specchio non vediamo più solo la nostra immagine, come Velázquez e la corte in Las Meninas, ma il cielo che rispecchia verità che ci affascinano e terrorizzano, ma sempre sfuggono e nemmeno si possono nominare per paura che svaniscano. Se riflettiamo con Pasolini può accadere anche a noi di accorgerci che pure dentro di noi ci sono quelle due dimensioni, Cronos e Kairos che s’intrecciano come nella vicenda dei burattini. E la musica? La musica evoca tutto ciò, come il sogno, come l’arte… e noi lì in mezzo. 


Quale funzione simbolica attribuisce Pasolini alla musica sacra nei suoi film?

Pasolini, com’è noto, a proposito del rapporto fra musica e sacralità, intesa laicamente, sosteneva l’importanza di abbinare a contenuti sacri musiche a contrasto per non scadere nella retorica (perciò le musiche del Vangelo sono le più diverse). Potrei dire che il poeta pensa sempre al dramma dell’uomo e lo evoca magistralmente con il contrasto tra ‘contenuti musicali’ e ‘contenuti narrativi’ e a quel contrasto affida il suo messaggio più importante, il messaggio più profondo del film. Anche nella narrativa, a questo proposito, il contrasto è la cifra stilistica dominante, per esempio ne Il Sogno di una cosa le canzoni s’alternano a Te Deum e Misteri attraverso cui i giovani entrano in contatto con la dimensione sacra: ancora una volta, la musica è veicolo di congiunzione tra Carne e Cielo. È significativo per me che Pasolini consideri anche il silenzio appartenente all’universo sonoro (il silenzio della notte di Pasqua nel Sogno di una cosa è «fresco e sonoro») e gli dia un senso altissimo: ce ne rendiamo conto guardando con attenzione il Vangelo secondo Matteo: lì è proprio il silenzio che apre la porte sull’infinito, tutti i suoni e i rumori si interrompono e il silenzio accompagna la voce del divino.


La prospettiva musicale può reinterpretare alcuni momenti chiave della filmografia e della produzione poetica di Pasolini?

Penso proprio di sì ma non limiterei il discorso soltanto alla «prospettiva musicale» e alla fruizione di un «discorso artistico». Quando ci troviamo di fronte ad artisti che combinano più arti senza rigidità specialistiche e si interrogano sulle cose del mondo nel loro insieme, sui fili che le mettono in relazione, direttamente o attraverso i simboli li rappresentano, come ci dice Baudelaire nella poesia Correspondances tanto cara a Pasolini, conviene spogliarsi della veste di fruitori e provare a rielaborare le opere d’arte alla luce della nostra esperienza. Solo in questo modo quelle opere, con tutti i loro limiti e le loro potenzialità, possono continuare a vivere, e solo così si crea un “dire vivo” che apporta qualcosa di nuovo alle nostre esperienze. E la musica? Già, la musica.
La musica aiuta la comunicazione con le profondità confuse e senza confini della vita.  Di questo Pasolini è assolutamente convinto. E noi con lui.


A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 3, marzo 2025, anno XV)