Bruno Pezzella: «La parola ha ancora una funzione etica e significa impegno sociale»

Bruno Pezzella divide la propria attività tra giornalismo e scrittura. Ha pubblicato romanzi noir e saggi su sistemi di pensiero e comunicazione. Ha insegnato all’Università Federico II di Napoli ed è autore di testi monografici e manuali su didattica sperimentale e analisi dei processi di formazione. Ha scritto per i maggiori giornali della città ed è stato redattore del quotidiano «Napolinotte». Collabora con testate e riviste on line ed è curatore di incontri culturali. È giornalista, scrittore e saggista. Per i tipi di Kairós Edizioni ha già pubblicato Shock down - La notte del pensiero (2021). In precedenza, ha pubblicato i saggi: Adessità - Il tempo della provvisorietà e del transito, Cuzzolin, Napoli (2017), Il sapere tra incertezza e coraggio, la conoscenza mobile (Cuzzolin, 2011), La fabbrica della felicità, creare sapere condiviso e sostenibile (Cuzzolin 2008), Un professore riflessivo (Satura 2006), Sapere formare (Satura 2004). È anche autore di romanzi e racconti. Infine, da segnalare che Bruno Pezzella nel recente saggio autobiografico Un ragazzo del Sessantotto, edito da Kairòs, ha raccolto una teoria di specchi rotti e prova a ricostruire con le proprie esperienze le forme incostanti di un periodo vibrante, elettrizzante e, fortemente, inquieto.


È difficile concretizzare percorsi in diverse discipline operative, oggi?

Le difficoltà sono minori anche se sembrerebbe il contrario. Siamo in presenza di un ampliamento bulimico della comunicazione, che, perciò, coinvolge anche le diverse forme d’arte, le nuove e quelle tradizionali.
C’è, però un sovraffollamento di autori. Oggi siamo in troppi. Niente di male per carità, è un diritto delle democrazie. C’è anche in atto un fenomeno parallelo di semplificazione che privilegia l’intrattenimento, la banalizzazione e superficializzazione di molte forme di espressione. Come se gli autori contemporanei lo sapessero già che non lasceranno nessuna traccia di sé.
Il fenomeno, per quel che mi riguarda, investe in maniera massiccia la letteratura o piuttosto quello che oggi il sistema mercantile definisce letteratura. Scrittori scadenti che sgomitano nel nulla creativo. E quei pochi che riescono ad emergere aspirano alle sceneggiature che sono una fonte (forse l’unica) di guadagno.


Vuoi trasferirti a Parigi, Londra o NY?

C’è un bellissimo romanzo di Paul Auster, Il palazzo della luna, che racconta di uno scrittore squattrinato che per necessità è costretto a dormire nel Central Park. Io, per fortuna, non mi muoio di fame e la Villa Comunale è in un tale stato di abbandono che non ne uscirei vivo.


Quali progetti vorresti sviluppare nel 2024 e dove e con chi?

Faccio libri, me li chiedono e glieli do, fin quando succederà, mi sta bene così. Forse, dovrei cercare un editore che mi faccia uscire dal cerchio magico (magico si fa per dire) degli editori cittadini. Ma con alcuni ho ormai un rapporto di amicizia, e gli agenti letterari sono figure bibliche che non conosco, né, visti i risultati recenti, mi interessa conoscere. Né mi genufletto davanti ai critici nostrani. Sono qui, pubblico e pubblicherò.


La stampa ti ha seguito, ultimamente?

Sì, quando vogliono, mi onorano.


Hai partecipato a Festival o Concorsi Cinematografici?

Ad alcuni Festival, sì. Detesto la parte burocratica dei concorsi letterari e perciò non partecipo quasi mai. Quindi non è per snobismo. Di recente ho vinto il Murazzi a Torino che è un premio abbastanza prestigioso e l’Emily Dickinson, che è bandito da quasi 30 anni. Ma non lo sa quasi nessuno; all’età mia c’è gente che vince il Nobel. Quindi… 


Credi che l'arte andrà avanti su altri canoni e codici?

Lo spero, ma ormai il sistema produttivo è come una catena di montaggio.  Già Pasolini diceva che l’arte autentica è inconsumabile. E ve l’immaginate quell’arte (ammesso che esista ancora) adesso?


Attualmente, il mercato dell'arte è florido?

Florido sì, che sia di qualità non posso dirlo. La letteratura è scadente, non solo in Italia. Dei napoletani trovo eccellenti solo De Luca, Starnone, Raia (la moglie), Montesano, Morganti, Ciriello, il resto è simile agli hamburger di McDonald’s. Credo, poi, che nei musei dedicati si trovi ancora arte contemporanea di rilievo.


Perché l'arte va avanti, nonostante alti livelli epidemici e stati di guerra?

Perché l’arte in questo periodo se ne frega dei conflitti, impegnata com’è a “consolare” la gente. Comodo e remunerativo.


Vedi la tua città nel contesto attendibile del circuito dell'arte contemporanea?

Solo per la musica. La letteratura vive di camarille e circoletti e delle amicizie tra autori critici, editori … e Rai ...
Credo che la musica abbia invece un ruolo importante, è tra l’altro un collante sociale e multietnico. Per quanto riguarda i nuovi, ce ne sono diversi interessanti. E l’ultima generazione, non so se si autoestinguerà o se avrà invece un futuro. Certo, in tutta franchezza, tra Geolier e per esempio un Mahmood, trovo autentico soltanto il napoletano, l’altro è un brutto prodotto di “plastica”.


Il tuo prossimo obiettivo in letteratura?

Scrivere e usare occasioni come questa per “dire”. La parola ha ancora una funzione etica e significa impegno sociale. Molti degli scrittori contemporanei (anche i campani) sembra che lo abbiano dimenticato.

 

A cura di Maurizio Vitielloa
(n. 10, ottobre 2024, anno XIV)