Con Anna Paolini su Artemisia Gentileschi e le donne nell’arte È da poco uscito il libro dedicato da Anna Paolini ad Artemisia Gentileschi (Logos Edizioni, Modena, 2020), una delle più note e amate pittrici italiane di tutti tempi, simbolo di rivendicazioni femministe e protagonista di film e opere letterarie. Ci ha lasciato una vasta opera che si caratterizza per la maestria nell'uso della luce e abbraccia la lezione caravaggesca in termini di concezione della scena, chiaroscuro, plasticità dei volumi e contrasti tra forme e colori. È riuscita a conquistarsi un posto di spicco nella storia dell'arte, pur vivendo in un'epoca fortemente penalizzante per le donne e nonostante l'evento traumatico che ha segnato la sua vita. Anna Paolini, lei mette in risalto la forza d’animo e il talento di Artemisia Gentileschi, un’artista che ha saputo reagire alle avversità. Come è riuscita a mutare la sofferenza in bellezza? Non è stato un percorso facile. Quando con la casa editrice Logos Edizioni abbiamo deciso di dedicare il terzo volume della collana intitolata alle donne ad Artemisia Gentileschi, ho iniziato a studiare il suo percorso. Avevo stralci nella memoria delle sue opere più famose ma avevo rimosso il suo dolore. Come spesso accade con quello che fa male. E man mano che leggevo su di lei, articoli e romanzi, si innescava un legame profondo con la sua figura. Mi sono innamorata di questa donna e ho iniziato a immaginarla nei momenti meno noti, alle prese con le polveri di pigmenti mentre sola e isolata si preparava a creare. A quando presa dal fuoco dell’arte si dimenticava di tutto e si abbandonava ai suoi dipinti. E immaginarla così umana e vicina mi ha permesso di raccontare qualcosa di spaventoso come lo stupro e l’umiliazione attraverso immagini che evocassero la bellezza della protagonista di quella storia, la sua forza. Artemisia Gentileschi è stata capace di conquistarsi un posto di spicco nella storia dell’arte, pur vivendo in un’epoca fortemente penalizzante per le donne e nonostante l’evento traumatico che ha segnato la sua vita. Ebbene, qual è la condizione delle donne nell’arte, oggidì? Il mio pensiero è questo: il ruolo della donna nella nostra società rimane marginale, spesso confinato a oggetto o a mera rappresentanza. E così nel mondo dell’arte, che fa da enorme lente da sempre. Ci sono mille battaglie ancora da combattere perché la nostra sia una società che considera esclusivamente la persona. Siamo circondate da compromessi, pregiudizi, ruoli da cui muoversi è considerato scomodo. E credo che proprio per questo riscoprire e riproporre grandi esempi sia estremamente necessario. Maria Sibylla Merian, artista e naturalista; Giovanna Garzoni, pittrice e miniaturista; Artemisia Gentileschi, una delle più note e amate pittrici italiane di tutti tempi, simbolo di rivendicazioni femministe e protagonista di film e opere letterarie. Quali analogie e differenze ha potuto registrare nell’illustrare le loro vicende umane e artistiche, del resto sempre fuse? Ciò che lega queste eroine, perché per me sono assolutamente delle eroine, è il coraggio di stravolgere il ruolo e il destino che altri hanno disegnato per noi. Maria Sibylla che con tenacia fin da bambina nutre le sue passioni e le persegue da donna adulta affrontando spedizioni e avventure, Giovanna che sceglie di immolare la sua vita all’arte e non a un uomo, Artemisia che denuncia e combatte per la verità, vittima di un padre padrone, un maestro stupratore e una società che la voleva merce di scambio. Sono donne con un vissuto diverso ma con lo stesso fuoco dentro. Quel fuoco che rivendica, che pretende. Struttura, segno e ruolo all’interno della composizione. Quale metodo adotta per insegnare a rendere armonico e narrante il disegno durante i suoi workshop? L’armonia e la narrazione hanno una grammatica di base. Il foglio accoglie le nostre indicazioni per comunicare attraverso l’immagine e attraverso lo spazio. Ogni elemento di una composizione ha un ruolo preciso e narrante. Sia se si parla di movimento o di evocazione. L’insegnamento e la condivisione sono un percorso che ho scoperto nell’ultimo anno e a cui mi sto appassionando. Durante i miei corsi lascio che si crei l’empatia con il soggetto e da qui s’impari a governarne la direzione narrante e la sua esecuzione. È un percorso magico. Madame, di quali difficoltà è costellata la via per illustrare emozioni e silenzi? Per me l’illustrare è sempre stato un atto molto intimo, un prolungamento dei miei pensieri su carta. Ho imparato a gestire un linguaggio che avesse quelle sonorità e a fare mia una narrazione che fosse molto evocativa. Ci sono sicuramente accorgimenti tecnici da seguire come gli spazi per lasciare parlare un’immagine e un forte lavoro di immedesimazione per non cadere in stereotipi o in forzature. La mia raffigurazione del femminile predilige i volti. Sono volti morbidi con grandi occhi a cui lascio il compito di raccontare. Quando anni fa cercavo il mio segno e di dare vita al mio immaginario, passavo il tempo a fare dei veloci ritratti ai volti delle persone al bar, in fila dal dottore, e mi sono scoperta a immortalare gli sguardi sfuggenti, quelli dei pensieri segreti. Questo dettaglio è rimasto nel mio mondo illustrato. La sua tecnica d’elezione è la grafite. Essa comporta un rituale specifico e faticoso. Perché l’ha prediletta? Mi rapisce l’esecuzione. Il cercare di fondere i colori e le gradazioni attraverso gesti lenti e continui, l’immergersi in una sorta di mondo parallelo e ovattato mi conforta. Sicuramente i tempi di lavorazione sono più lunghi rispetto ad altre tecniche, ma credo che la cura e la dedizione nel segno e nelle velature traspaiano poi nell’ elaborato finale. Soventemente, accompagna le sue illustrazioni con titoli o frasi che ne enfatizzino la poetica in maniera ermetica. Quando reputa necessario un commento che funga da pendant alle immagini? Spesso quando sono immagini singole non facenti parte di una serie. Ancor più spesso quando sono illustrazioni svincolate da progetti o impegni lavorativi, puri e semplici pensieri illustrati. Mi piace in quel caso lanciare una direzione all’interpretazione, lasciando in sospeso tramite l’immagine.
Intervista realizzata da Giusy Capone |