|
|
Con Alina Monica Turlea su «La città delle acacie», classico romanzo di Mihail Sebastian
Vi proponiamo qui una novità editoriale presentata in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino. È stato l’editore pugliese Besa Muci a scommettere quest’anno sulla Città delle acacie di Mihail Sebastian, un romanzo di formazione pubblicato negli anni ‘30 in Romania, e che gode per la prima volta di un’edizione in lingua italiana, nella traduzione di Alina Monica Țurlea, grazie al sostegno dell’Istituto Culturale Romeno di Bucarest, tramite il programma TPS (Translation and Publication Support Programme).
«C'è stato un plauso generale nei confronti della scelta di pubblicare Mihail Sebastian e questo libro che significa uno dei più rappresentativi esempi della sua scrittura», ci ha dichiarato Matteo Sabato, coordinatore editoriale di Besa Muci.
Mihail Sebastian, pseudonimo letterario di Iosif Hechter (Brăila 1907- Bucarest 1945) è stato uno scrittore, giornalista e commediografo romeno di origine ebraica. In italiano sono già state tradotte alcune delle sue opere: il romanzo L’Incidente (1940), la commedia La stella senza nome e il saggio Da due mila anni. Anche se è uno scrittore molto amato in Romania e di grande rilievo, non ha ancora avuto un’adeguata promozione in Italia, alla pari con il suo mentore Nae Ionescu e con il suo amico Mircea Eliade. Con la pubblicazione in anteprima della Città delle acacie sarà presente nelle librerie italiane a partire dal mese di giugno.
Si tratta di un romanzo classico della letteratura romena interbellica, che fa un ampio affresco della borghesia provinciale del Novecento, ma non per questo un testo passato di moda. Abbiamo chiesto il parere di Matteo Sabato non solo come editore, ma anche in veste di educatore per la lettura, nonché segretario nazionale di Ibby Italia (International Board on Books for Young People): «Il romanzo è quanto di più vivo si possa immaginare: siamo fatti di storie, abbiamo bisogno di storie. Quando queste storie hanno la capacità di scandagliare la complessità del reale e restituircela nelle sue molteplici sfaccettature, il lettore non potrà mai restare indifferente, nel bene o nel male, e la lettura lo avrà cambiato, anche se impercettibilmente, ma avrà già operato dentro di lui. In questo senso il romanzo è uno dei generi che maggiormente hanno questo potere, il potere ancestrale delle storie, di non lasciare indifferente, il potere di incidere nel profondo sulla nostra percezione della storia (della nostra e di quella globale). Nel nostro caso specifico, i grandi interrogativi che animano Adriana, la protagonista del romanzo di Sebastian, sono domande universali che accompagnano la fine dell'infanzia, il passaggio alla vita adulta, le trasformazioni che segnano drammaticamente l'adolescenza: sono dubbi, paure, ansie, desideri, sogni che accomunano i giovani lungo l'asse temporale e quello spaziale e per questo segnano marcabilmente il lettore a ogni epoca. Al di là dei contesti specifici in cui ogni storia nasce, al di là dello sfondo narrativo sul quale i personaggi si muovono, quando a emergere è il dato umano, allora in qualche modo ci sarà sempre qualcuno che si riconoscerà in quel protagonista e questo lo avvicinerà o lo allontanerà da lui, che a quel protagonista si aggrapperà o contro il quale lotterà. Ecco perché credo nel valore del romanzo, del romanzo in generale e della Città delle acacie in particolare, come credo nell'importanza dei classici per la formazione dei lettori di oggi.»
Mihail Sebastian si aggiunge a una tavolozza già carica di presenze di autori romeni nel catalogo di Besa Muci. Nel campo della letteratura per ragazzi, ci sono già Cezar Petrescu con Fram, l’orso polare e Petre Ispirescu con Fiabe romene.Invece per la narrativa sono state pubblicate le opere di Vasile Andru, Eugen Uricaru e Ardian-Christian Kycyku. Sicuramente la direzione della casa editrice è di rafforzare la presenza degli autori romeni e di continuare a offrire proposte sempre nuove. Besa Muci è già un noto marchio editoriale per l’attenzione rivolta ai Balcani e l’ambiente multietnico del Mediterraneo. Le sue opere sono tutte tradotte dalle lingue originali.
La Città delle acacie vanta una traduzione realizzata da una specialista romena in materia, Alina Monica Țurlea, classe 1979, laureata alla Sapienza di Roma e con un master a Parigi. Ha già tradotto dal romeno gli autori Liviu Rebreanu e Petre Ispirescu ed è anche una poetessa premiata e una pubblicista. L’abbiamo intervistata per potervi raccontare di più su questa versione inedita di Mihail Sebastian.
Ci potrebbe descrivere il processo di evoluzione personale e professionale da lettrice a traduttrice del romanzo La città delle acacie?
Quando penso al romanzo La città delle acacie mi imbatto in un ricordo del liceo. A quei tempi vivevo in Romania, in una piccola città nella regione storica della Moldavia, e un bel giorno decisi che era giunta l’ora di ascoltare la voce interiore e nutrire la passione che si celava dentro di me da anni, ovvero la passione per la lingua italiana. E fu così che, insieme al primo vero libro di grammatica italiana, comprai anche il romanzo di Mihail Sebastian. Come vede fu il destino che l’amore incondizionato per la lingua italiana incontrasse l’inaspettata emozione che aveva lasciato trasparire quest’opera di Sebastian, e che, rammento, lessi tutto d’un fiato. Ne rimasi incantata. Per molti anni continuai a dedicarmi alla lingua italiana, poi mi trasferii nella Città eterna e la voglia di «impadronirmi» di un altro mondo, cultura e usanze mi si presentò più forte di qualsiasi altra cosa. Volevo essere il pane intriso nel latte, immergermi totalmente e inevitabilmente dentro questo mondo.
Da qualche anno a questa parte, la passione è diventata professione, devozione nonché responsabilità, poiché è fondamentale seguire specifici percorsi formativi. Senza lo studio approfondito della lingua italiana, della letteratura e linguistica nonché della teoria della traduzione nulla mi è stato possibile. Ho avuto la fortuna di tradurre autori che ho scelto, cui mi sono appassionata prima da lettrice, poi da traduttrice, autori quali Rebreanu, Ispirescu, Sebastian. Ho potuto accedere al duplice piacere della parola, il piacere scaturito dalla lettura e quello che si leva durante il processo traduttivo quando analizzo, interpreto, scovo, scompongo, scopro, osservo attentamente quella tessitura linguistica che cattura non soltanto tutto il mio interesse, ma soprattutto la mia curiosità intellettuale. Sono persuasa che la lingua, per me luogo di studio e di ricerca, da arricchire e potenziare sempre, bisogna utilizzarla con molta cura, con un certo rigore, con il dovuto rispetto e con la giusta sensibilità, contemplarla come fosse il paesaggio più bello che abbia mai incontrato, una sorprendente e inedita esperienza. Al di là di tutto, un traduttore è in primo luogo un lettore, travolto dalla storia, dalla scrittura, dal mondo dell’autore fatto di parole, che il traduttore deve sapientemente smontare e rimontare e con cui creare le stesse immagini dell’autore in una nuova lingua, nella lingua target. E anch’io sono stata travolta dalla sensibilità e dal lirismo di quest’opera di Mihail Sebastian al punto tale da decidere di portarla in una nuova cultura, nei cuori di nuovi lettori. Senza dubbio alcuno, per me ogni traduzione significa risolvere un enigma, è un viaggio da cui si emerge inevitabilmente più ricchi, ma prima bisogna calarsi nelle viscere del romanzo per rendere al meglio la magia dell’originale.
Possiamo affermare che La città delle acacie è un romanzo di formazione. Secondo lei è una lettura accessibile per gli adolescenti di oggi?
Il romanzo La città delle acacie è stato inserito nella collana principale della casa editrice Besa Muci, ossia Passage. Pertanto, il libro è accessibile non soltanto agli adolescenti e ad altre fasce di età, ma anche a tutti coloro che, ahimè, rischiano di dimenticare il piacere della lettura. Ritengo che quest’opera rientri nei canoni che gli adolescenti oggi apprezzano, è un romanzo young adult che riesce a catturare l’interesse dei giovani con temi attuali, quali il valore dell’amicizia, il piacere della lettura, la musica, le prime inquietudini dell’adolescenza, le prime relazioni serie, ecc. In questo romanzo, Sebastian, un acquerellista dei movimenti dell’anima, racconta l’amore, i cuori tormentati, la provincia, la periferia, lo sfondo sociale dell’epoca, il disagio sociale di alcuni personaggi come Buță, la sensibilità, la delicatezza e l’imperfezione della protagonista del romanzo, Adriana, incuriosita e affascinata da Gelu, alle prese con le prime avventure sentimentali, e per la quale, insieme alla fioritura delle acacie, nulla è più come prima. È un romanzo di formazione incentrato sull’introspezione in cui la protagonista, in balìa delle proprie emozioni e del condizionamento del mondo esterno, alla fine perviene alla conoscenza di sé grazie a un processo di crescita e maturazione. Mihail Sebastian, nelle pagine di questo libro, unisce acutezza sensibile e complicità psicologica per catturare i legami che si creano tra giovani di buona famiglia della borghesia romena degli anni Venti.
Il romanzo è stato scritto fra gli anni 1929-1931 e l'autore stesso era un giovane di 24 anni allora. Lui è riuscito a trascrivere in parole cose difficili da approcciare per quei tempi, come la trasformazione da bambina a donna, gli amori tipici adolescenziali, oppure la passione. Ed è riuscito con uno stile privo di volgarità, pieno di poesia e con molta raffinatezza. Considera che lo stile usato da Sebastian potrebbe risultare oggi obsoleto, oppure troppo romantico?
Ha perfettamente ragione, Sebastian descrive con tale minuziosità le trasformazioni di una bambina che non passano inosservate, fatto che possiamo notare sin dal primo capitolo intitolato «Il primo sangue». Si tratta di un’eccezionale qualità degna di un grande scrittore. Riconosco a Mihail Sebastian il talento di una scrittura piuttosto originale. Per esempio, fa uso di molti aggettivi che a livello diegetico, ovvero narrativo, svolgono la funzione del super-racconto.
Lo stile di Sebastian consiste nella somma delle scelte linguistiche che compongono il suo romanzo. L’uso di un determinato lessico, direi di facile comprensione, la propensione verso particolari forme di espressività, l’adozione di un «tono» talora malinconico, talvolta suadente, tutti questi elementi completano il quadro stilistico di Sebastian. Il libro non risulta obsoleto, per me non esistono libri obsoleti, bensì lo considero romantico, un concetto oggi un po’ abbandonato. Tengo a sottolineare che non si tratta di un romance, non ha nulla degli stereotipi e degli artifici del romanzo rosa. Mihail Sebastian è un classico della letteratura romena, con una voce chiara e distinta, un’occasione per chiunque voglia scoprire i suoi scritti, soprattutto per i giovani. Tuttavia, vorrei lanciare una sfida: perché non assaporare un po’ di classicità leggendo La città delle acacie e trovare che questo romanzo specchi la propria anima e racconti la storia di cui abbiamo bisogno di leggere? Vorrei tanto che le parole di Italo Calvino risuonassero più che mai quando si pensa ai classici e a quei libri di cui si sente dire di solito: «Sto rileggendo...»
In conclusione, una domanda sulla figura dell'autore: quanto si conosce di Mihail Sebastian in Italia?
A volte l’editoria si rivela piuttosto miope, considerando le letterature cosiddette «minori» non interessanti, letterature che non sono in grado di produrre degli introiti rilevanti. Di solito l’editoria punta a un capolavoro. Mihail Sebastian è un autore generalmente poco conosciuto in Italia tranne forse per il suo diario e le sue pièce teatrali.
Il lavoro dei traduttori è volto a colmare tali lacune, e posso affermare con convinzione che il romanzo La città delle acacie di Mihail Sebastian si trova ora, anche in lingua italiana, sullo scaffale delle più belle storie d’amore poste al centro della narrazione. E credo che quest’opera esplori ciò che si nasconde sotto la superficie, comprese le cose che potrebbero metterci a disagio. Non è la trascrizione edulcorante di un amore, ma è un romanzo infinitamente stimolante, mai noioso, è l’immagine, portavoce di un messaggio interiore.
A volte, le case editrici italiane optano per la traduzione soltanto di alcuni autori e in generale tendono a non prendere in considerazione la grande produzione letteraria che si è sviluppata in Romania, per esempio, nella prima metà del Novecento, e qui mi riferisco ai classici della letteratura romena. Vi sono poche realtà editoriale decise a promuovere gli autori classici romeni. Devo, però, ammettere che negli ultimi anni stiamo assistendo a una sorta di risveglio, apprezzabile direi, grazie alla dedizione di molti traduttori, attivi collaboratori, e agli sforzi finanziari della Romania, attraverso il programma TPS - Translation and Publication Support Programme (Programma di sostegno alla traduzione e alla pubblicazione) che mira a facilitare l'accesso alla cultura romena per gli editori stranieri e a sostenere la presenza degli autori romeni sul mercato librario internazionale finanziando i costi di traduzione (e di pubblicazione, nel caso). Dei dati quantitativi possiamo notare nell’importante database che raccoglie indicazioni sugli autori romeni tradotti, realizzato dalla prof.ssa Afrodita Cionchin, italianista e direttrice della rivista Orizzonti culturali italo-romeni, una diligente e preziosa compilazione di traduzioni contenente una bibliografia esaustiva delle opere romene letterarie edite in lingua italiana dal 1903 ad oggi, disponibile online a questo link.
In tal modo ci possiamo rendere conto che il programma TPS è un importante strumento a sostegno della letteratura e un eccezionale vettore di cultura romena non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Cristian Luca, Alina-Monica Ţurlea, Matteo Sabato, Salone di Torino, 2023
A cura di Irina Niculescu
(n. 7-8, luglio-agosto 2023, anno XIII)
|
|