Alessio Arena: «Ho sempre inteso il mio lavoro come un servizio al nostro patrimonio culturale»
Alessio Arena, nato a Palermo nel 1996, è scrittore e studioso di spettacolo. Nel 2018 si è laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Palermo. Nel 2020 ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze storiche presso l’Università «La Sapienza» di Roma. Il coraggio è sicuramente importante, ma ritengo che sia fondamentale un certo spirito di servizio. Credo che a ognuno di noi siano date non una, ma numerose occasioni per offrire il proprio contributo nell’ambito in cui si può essere più utili. Ho sempre inteso il mio lavoro, in ogni ambito, come il tentativo di offrire un servizio, nei limiti delle mie competenze, al nostro patrimonio culturale, sia come autore, sia come studioso, ricercatore e divulgatore. Certamente sì, ma l’Arte ci offre qualcosa di più di una consolazione. Se sostenuta da un’idea forte e consapevole, dalla ricerca e dalla consapevolezza di non dover cercare in essa risposte, ma domande per i grandi e piccoli quesiti del nostro tempo, l’Arte può essere lo strumento irrinunciabile di una rivoluzione gentile che faccia di ogni conflitto, interiore e sociale, un’occasione per costruire strutture, sovrastrutture, vere e proprie cattedrali incentrate sul dialogo e sulla certezza di dover agire, nei piccoli e nei grandi contesti, unicamente per costruire, mai per distruggere: aggiungere il proprio tassello al vasto mosaico della Storia.
La letteratura oggi come ieri ci offre la possibilità di guardarci, anche solo un momento, dall’esterno, come se ci trovassimo di fronte a uno specchio. In tal modo, possiamo valutarci, metterci in discussione, oppure confermarci. In ogni caso, la letteratura è un’occasione unica per acquisire consapevolezza di sé, della propria traccia, del ruolo che ricopriamo e che potremmo ricoprire nel nostro angolo di mondo.
La letteratura è sempre stata realizzata da grandi autrici. Oggi, come in passato, pilastri della nostra letteratura mondiale sono donne, basti pensare, tra i numerosi nomi che meritano di essere menzionati, a quelli di Anne Carson, Annie Ernaux, Svjatlana Aleksjevič, Anna Nerkagi, Chimamanda Ngozi Adichie e, nel contesto specificamente italiano, a quelli di Dacia Maraini, Helena Janeczek, Lia Levi e Viola Di Grado.
Nel frangente storico che stiamo vivendo la letteratura è chiamata, più che mai, a costruire ponti e strade a contribuire ad abbattere i numerosi muri ancora in piedi e a prevenire che ne vengano edificati altri dai potenti di turno. È necessario rimuovere ogni barriera sia fisica sia concettuale, ideale, metaforica, tra i corpi e le idee, tra i luoghi e le discipline. Noi autori possiamo dare un importante contributo per ricordare al momento che «la geografia non è destino» e che la conoscenza non conosce pareti.
Credo che la critica saggia e consapevole si concentri unicamente sul testo, a prescindere dunque dal suo supporto. Il digitale offre numerosi strumenti utili dei quali dobbiamo tenere conto e certamente fare uso per facilitare e incoraggiare la diffusione delle opere letterarie e il dibattito che può derivarne. La carta stampata ha sempre il suo valore impareggiabile. Ritengo che i due supporti non si escludano a vicenda, ma, al contrario, si integrino, si completino. Abbiamo bisogno di entrambi e possiamo farne tesoro.
Ritengo che la letteratura rumena non sia conosciuta quanto meriterebbe tra gli addetti ai lavori in Italia. Si potrebbe porre rimedio a questa lacuna proponendo corsi universitari e percorsi di ricerca ad hoc, magari, come punto di partenza, comparando i grandi autori di questa tradizione con quelli italiani che tutti incontrano, almeno una volta nella vita, nei programmi scolastici. A tal proposito, la scuola potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale: organizzando iniziative culturali per gli studenti, invitando gli autori a dialogare con questi ultimi e proponendo approfondimenti nell’ambito dei corsi di letteratura.
Ho avuto il privilegio di incontrare, nelle mie letture, l’opera di autori romeni di grande valore, in particolare, tra quelli che ha citato, ricordo con piacere Max Blecher e Nora Iuga. Devo un omaggio particolare a Mircea Eliade che trovai illuminante. I suoi testi sulla religione sono stati centrali nei miei studi universitari alla Sapienza, guidato dal prof. Sergio Botta, grande storico delle religioni. A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone |