La musicalità della Divina Commedia. In dialogo con Adriana Sabato

Il rapporto tra Dante e la musica è profondo, come lo dimostra il libro La musicalità della Divina Commedia (Zona editrice, 2015), che riportiamo all’attenzione del nostro pubblico in questo speciale anno dantesco, attraverso un interessante dialogo con l’autrice, Adriana Sabato. Laureata in DAMS Musica all'Università degli Studi di Bologna, è giornalista e gestisce il blog Non solo Belvedere. Dal 1995 al 2014 ha scritto su «La Provincia cosentina» e «il Quotidiano della Calabria». Ha pubblicato, oltre al saggio in questione, La vita, la cronaca. Tre racconti (Youcanprint, 2016) e il saggio Nuove frontiere percettive nel pianoforte di Chopin (Youcanprint, 2017).
Dalla sua analisi della Divina Commedia si evincono le tecniche del tempo, gli strumenti e i legami con le altre arti. Il sommo poeta attribuì grande importanza alle qualità del suono: altezza, intensità e timbro, che si evidenziano nel corso dell’analisi, non si riferiscono certo al puro calcolo di rapporti numerici ma rispecchiano la verità dei sentimenti dell’animo umano. Nel cosiddetto prologo ricorrono i temi su cui verranno costruite le Cantiche: l’orrore dell’Inferno, il dolore misto di speranza del Purgatorio, la beatitudine del Paradiso. Sono tante le rispondenze e gli accorgimenti di carattere musicale presenti nell’intera architettura del poema dantesco. Ma, quegli stessi studiosi che ne hanno evidenziato i parallelismi artefici della bellezza armonica, non hanno sottolineato in modo altrettanto chiaro quanto sia la dissonanza infernale a esaltare la grazia del poema in generale. Grazie a questo elemento spicca il progressivo innalzarsi della materia attraverso il susseguirsi delle tre Cantiche. La molteplicità di stile e di linguaggio che ne deriva corrisponde anche a una varietà della tonalità musicale. Da cupa e drammatica diviene sempre più elegiaca e lirica nel Purgatorio e, infine, sublime e ineffabile nel Paradiso.


Analizzando la Divina Commedia si evincono le tecniche del tempo, gli strumenti e i legami con le altre arti. Quale fu il rapporto di Dante con la musica?

Grande pensatore e studioso, il poeta ebbe modo di apprendere le arti del Trivium (materie letterarie come il greco, il latino, la filosofia e la storia), e del Quadrivium (materie scientifiche come la matematica, la musica e l'astronomia).
Non ci è dato sapere se suonasse qualche strumento o se cantasse, ma dalla testimonianza di Giovanni Boccaccio si evince che conosceva molto bene il panorama musicale del tempo caratterizzato dalla presenza della musica vocale sacra (il canto gregoriano e le prime forme di polifonia) e da quella profana, accompagnata da strumenti.

Sono tante le rispondenze e gli accorgimenti di carattere musicale presenti nell’intera architettura del poema dantesco. Reputa che si riferiscono al puro calcolo di rapporti numerici o rispecchiano la verità dei sentimenti dell’animo umano?

Rispondenze e accorgimenti rispecchiano la verità dei sentimenti dell’animo umano, in quanto posseggono un alto valore simbolico. La musica, pur essendo annoverata nel Quadrivium accanto alla matematica, non ha riferimenti, nella Divina Commedia, alla teoria o alla composizione. Allude, semmai, a immagini sonore in senso denotativo. Dante si affida alle immagini musicali per trasmettere e comunicare particolari concetti ed emozioni. Come nella similitudine:

Diverse voci fanno dolci note;
così diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote.

Evocando, anche, un insieme vocale polifonico che produce una dolce armonia, esattamente come accade nei diversi gradi di beatitudine nel cielo.


Alle tre Cantiche corrisponde anche a una varietà della tonalità musicale?

Sì, la tonalità musicale, da cupa e drammatica – giustamente paragonabile al realismo espressionistasi stempera man mano dall’Inferno, attraverso il tono elegiaco e lirico del canto monodico e corale del Purgatorio, verso il ‘sublime’ e l‘ineffabile’ del Paradiso, regno della compitezza, dove è il silenzio a suggellarne la perfezione. 

Lei si concentra maggiormente sull’Inferno, luogo in cui domina la dissonanza. Quanto essa contribuisce alla costruzione dell’armonia, posto che «in questa continua lotta fra il bene e il male, fra consonanza e dissonanza si nutre il moto musicale; questo scontro, questa lotta tra forze opposte, come in un moto perpetuo, dà forza ed energia al movimento musicale»?

La dissonanza è fondamentale nell’Inferno dantesco, come lo è nella costruzione del sistema tonale, alla base di tutta la musica occidentale, anche di quella odierna. Simbolo di massima perfezione, alla dissonanza e alla consonanza, alla lotta fra bene e male, dunque, si sono ispirati moltissimi altri esponenti delle altre arti. «Le simmetrie di un’opera architettonica, secondo Vitruvio, devono essere progettate (…) sulla base dei rapporti armonici che regolano l’arte dei suoni».
La dissonanza crea disordine e l’Inferno è il luogo del disordine. La nota ‘si’ della scala tonale deve, per avere senso compiuto, necessariamente ‘risolvere’ sulla nota ‘do’, altrimenti tratteggia un percorso incompiuto, un’onda che non si frange mai, un movimento che non trova riposo da nessuna parte; un concetto, questo, che fa riferimento alla nozione di armonia nel suo significato etimologico, ossia, dal greco «sintesi di parti diverse, formanti un tutto proporzionato e concordante».

La musicalità è un’importante componente della Poesia. Quali strategie metriche adotta Dante per ottenere un ritmo riconoscibile, peculiare, caratteristico?

Il poeta, come scrive Mario Pazzaglia, «subordina la metrica alla musica in quanto arte dell’armonizzazione dei suoni anche verbali». Il verso in endecasillabi strutturato in terzine ABA BCB CDC acquisisce un’importanza fondamentale nella Divina Commedia in cui diventa un’unità ritmica e sintattica basilare.
Nella terzina dantesca, poi, ha particolare importanza la rima. Così la rima è un fattore imprevedibile che getta un ponte inaspettato tra parole lontane, ottenendo di accrescere lo spessore semantico del testo e la sua intensità. Dante riesce a comunicare l'atmosfera e il colore delle tre cantiche grazie anche alla rima. Aspra e «chioccia» (come la chiama Dante stesso: cioè 'rauca, stridente') nell'Inferno, diventa piana e dolce nel Purgatorio e nel Paradiso.






A cura di Giusy Capone
(n. 4, aprile 2021, anno XI)