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Adriana Lucaciu, tra la propria creazione e la formazione della nuova generazione di artisti
Adriana Lucaciu (n. 1965, Lugoj), artista visiva e professoressa presso la Facoltà di Arti e Design dell’Università dell’Ovest di Timişoara (U.V.T.), è vincitrice del Premio «Aurel Breilean» per le Arti e lo Sport al Galà dei Premi UVT 2020, che arricchisce la serie di premi e di onori ricevuti per la sua attività creativa. Nel corso della sua quasi trentennale carriera didattica, è stata preside della Facoltà di Arti e Design (2008-2012), direttrice del Programma di studi universitari in Arte visivo-grafica (2012-2016), prodecana e membro nel Consiglio della Scuola di dottorato in Arti (2016-2020), attuale direttrice della Scuola di dottorato in Arti. Dal 1993 è membro dell’Unione degli Artisti Plastici della Romania (UAPR), con un portfolio che comprende 19 esposizioni personali, sia in Romania, sia all’estero, e oltre 400 partecipazioni a esposizioni nazionali e internazionali.
Dell’attività didattica, della propria creazione e dell’ambiente artistico di Timişoara, nell’ampia intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin, corredata da una ricca galleria di opere.
Ha ricevuto il Premio «Aurel Breilean» per l’Arte e lo Sport nell’anno dell’anniversario FAD – 30 anni dalla sua ricostituzione. Cosa apporta questo premio alla sua attività quasi trentennale in questa istituzione?
È un onore per me ricevere questo riconoscimento per la mia attività creativa, accordato dall’Università dell’Ovest di Timişoara, nell’ambito del Galà dei Premi UVT 2020, esattamente nell’anniversario dei 30 anni dalla riapertura delle porte dell’istruzione superiore d’arte a Timişoara. Dal punto di vista professionale ritengo che rappresenti un gesto di grande apprezzamento da parte della giuria che mi ha assegnato questo premio, per ciò che ho cercato di realizzare come artista e come docente presso la Facoltà di Arti e Design dove lavoro da quando ho finito gli studi. Ma, soprattutto, questo premio consolida il mio sentimento di appartenenza a una comunità con la quale mi sono identificata in tutti questi anni e che mi ha offerto l’opportunità di coltivare un altro aspetto, particolare, ma gemellato con quello creativo – quello di modello e di guida di una generazione di giovani artisti.
Tra Alfa e Omega (tecnica mista su carta 70x100 cm)
Come è stato l’inizio della sua carriera presso la Facoltà di Arti e Design di Timişoara?
A Timişoara sono (ri)tornata come ricercatrice universitaria, nel 1992 (anno della laurea presso l’Accademia Nazionale d’Arte di Bucarest). All’Università dell’Ovest, il professore e pittore Aurel Breilean era riuscito a fondare nel 1990 una cattedra di Arti visive, nell’ambito della Facoltà di Lettere. La sincope tra l’eliminazione della Facoltà di disegno, con profilo pedagogico negli anni Settanta, e la riattivazione dell’istruzione superiore d’arte di Timişoara hanno fatto sì che buona parte degli ex diplomati del Liceo artistico, coloro che hanno seguito la facoltà d’arte, rimanessero in altri centri universitari oppure che prendessero la strada per l’estero. In tali condizioni, una nuova struttura universitaria aveva bisogno di giovani laureati per completare il personale didattico. Così mi sono iscritta anch’io al concorso per un posto da ricercatore, all’ultimo momento, riuscendo a ottenere con una certa difficoltà i documenti necessari da Bucarest, poiché l’accesso all’istituzione era limitato dallo svolgimento degli esami di ammissione.
Inizialmente ho insegnato alla specializzazione di Grafica, Pittura e Pedagogia dell’Arte, dove, tra l’altro, ho avuto come studenti anche ex colleghi di liceo più «anziani» di me. Poiché durante il comunismo era difficile seguire una facoltà di formazione professionale, pochi di noi hanno beneficiato di questa opportunità, essendo molto esiguo il numero dei posti. La situazione mi è sembrata bizzarra e un po’ imbarazzante, soprattutto perché, del resto, neppure gli altri studenti sapevano se considerarmi una loro collega o un’insegnante.
Come per ogni inizio è stato difficile dal punto di vista materiale, ma l’impiego, l’impegno e l’entusiasmo hanno compensato tutto quello che non abbiamo potuto avere. Sia gli studenti sia i professori erano animati dalla felicità e dall’opportunità di porre le basi di una nuova scuola, continuatrice del programma sperimentale del Liceo artistico di Timişoara – tramite i docenti che si sono spostati da quest’ultimo verso il sistema universitario, ma con il desiderio di integrare l’istruzione dell’arte locale nel contesto di quello europeo. L’offerta educativa in seguito si è diversificata, insieme all’istituzione delle specializzazioni in Scultura, Arte Tessile e Design, rendendo possibile la fondazione della Facoltà di Arti Visive. Così ho avuto la gioia di insegnare accanto al chiarissimo professore Aurel Breilean, che ottenne anche il primo mandato come preside, e agli artisti-professori: Romul Nuțiu, Peter Jecza, Ion Sulea Gorj, Gabriel Kazinczy, Constantin Flondor, Suzana Fântânariu, Szakats Bela, Constantin Catargiu, tra questi i maestri Constantin Flondor e Szakats Bela, erano stati i miei insegnanti durante gli anni di liceo.
Non essendoci laboratori a sufficienza, una parte venne improvvisata sotto alcune campate dell’edificio dell’università in viale Vasile Pârvan 4 oppure, nello stesso immobile, al settimo piano; altri si tennero in via Pestalozzi o negli studentati. Tuttavia, nulla di tutto ciò ha ostacolato la creatività, la dedizione e il desiderio di fare in modo che le cose accadessero nel migliore dei modi possibile. Gli sforzi dei successivi presidi – i professori Constantin Flondor e Dumitru Șerban – hanno fatto sì che la scuola trovasse una «casa», prima in via Bogdăneștilor 32 e in seguito in via Oituz 4, dove è ubicata tuttora.
Libro d'artista Tra Alfa e Omega, copertina 1 (2017)
Tra Alga e Omega (tecnica mista 35x35 cm, 2017)
Lei è figlia del pittore Simion Lucaciu, in che misura è stata orientata verso l’arte come professione e quali sono stati i primi insegnamenti che ha ricevuto da suo padre?
Sono cresciuta nell’atelier di mio padre e questo fatto sicuramente ha segnato la mia vita. Ma non è stato lui a indirizzarmi verso l’arte, bensì una serie di circostanze. In primo luogo l’amicizia con Simona Nuțiu, figlia del pittore Romul Nuțiu. All’età di 10 anni (quando eravamo in quarta elementare, prima delle scuole medie) ci siamo dette che «all’artistico» sicuramente sarebbe stato più interessante rispetto a ogni altra scuola. Avevamo già degli amici lì, figli di altri artisti, con i quali ci conoscevamo per via della cerchia di conoscenze dei nostri genitori, delle mostre o dei ricevimenti (Bogdan Achimescu, Andreea Flondor, Gloria Moser, Sorin e Tudor Vreme). Dopo la prima media sono diventata studentessa del Liceo artistico, dove ho avuto come professori Elena Minodora Tulcan, Szakats Bela, e al liceo Constantin Flondor. Poi, il miraggio di una città con una vivacità culturale e un certo desiderio di indipendenza mi hanno spinto verso la capitale e non a Cluj – città dove aveva studiato mio padre.
A Timișoara, l’orientamento della scuola era completamente diverso rispetto alla preparazione e al percorso artistico di mio padre, così il consiglio che ho ricevuto sin dall’inizio è stato quello di avere fiducia nei miei professori, dandomi a intendere che i pareri sarebbero potuti essere contraddittori rispetto all’insegnamento da lui ricevuto, cosa che nelle mia mente di ragazza avrebbe creato confusione. Mi è stato invece molto vicino spiritualmente e ogni volta che gli chiedevo un consiglio, me lo dava con molto tatto e calore. Sentivo in lui un sostegno morale e poiché era un lavoratore accanito nella sua arte, ho riconosciuto in lui il modello del «pittore-pittore» – così definito in un articolo di giornale da un suo collega, il professore universitario e pittore Ciprian Radovan, un modello di artista senza sosta, innamorato della pittura. Poi ho seguito l’università a Bucarest – sei anni lontana da casa – dove ho avuto come professore il grafico Mircia Dumitrescu. A Timișoara andavo solo in vacanza e a volte venivano a trovarmi i miei genitori. Un’altra esperienza di vita, un altro approccio pedagogico.
Simion e Adriana.Lucaciu alla mostra di Simion Lucaciu Galleria Helios Timişoara, 1981
L’«istituzione del maestro», quindi: come funziona per le nuove generazioni e chi sono stati i suoi maestri?
«L’istituzione del maestro», per quanto mi riguarda, non ha una sola impronta. Perciò credo che anche questa traccia sia polimorfa, e con il distacco dalle scuole, essa si è attenuata sempre di più. È paradossale il fatto che da un po’ di tempo ritrovi, nel modo in cui mi relaziono con la creazione, affinità con il modo in cui mio padre intendeva l’arte.
Da ciascuno dei miei professori ho imparato qualcosa: un tipo di pedagogia basata sullo spirito ludico e l’ingegnosità – dalla professoressa Elena Minodora Tulcan; il potere della suggestione della semplicità ferma, ottenuta dalla sintesi delle forme e dei volumi – dal professore Szakats Bela; la concettualità del percorso artistico – dal professore Constantin Flondor; l’avvicinamento alle tecniche della grafica, delle incisioni e dei libri – dal professor Mircia Dumitrescu e, ultimo ma non ultimo, il contributo di sensibilità nella creazione di mio padre, Simion Lucaciu. Un maestro è sempre un punto di riferimento, egli conferisce una direzione verso cui tendiamo, almeno all’inizio del viaggio. Dipende dalla natura dell’incontro, dalla fortuna di incontrarlo nel momento in cui sei pronto a riconoscerlo e ad accettarlo come guida; egli può essere uno dei tuoi professori o uno dei modelli con i quali tendi a identificarti. Sono convinta che non sia cambiato nulla neppure nei confronti delle nuove generazioni, solo che sotto il bombardamento delle informazioni a cui tutti siamo sottoposti/esposti (?), forse è più difficile il «riconoscimento» e, per questo, mi sembra molto importante la figura del mentore.
Dalla scuola di Bucarest a quella d’arte di Timişoara, com’è stato questo passaggio e come definisce questa doppia appartenenza?
Nei miei viaggi, Bucarest si trova da qualche parte nel mezzo, in un percorso di andata e ritorno. Sono partita da Timișoara dopo una prima tappa di formazione importante, ho aggiunto i nuovi «ingredienti» in una seconda tappa di studi a Bucarest e sono tornata a Timișoara per una terza tappa, segnata da continue esplorazioni, da ricerche «chimeriche». Come in tutti i campi del resto, forse con un pizzico in più in quelli creativi, sulla strada del nostro divenire appaiono a volte delle fermate in cui di tanto in tanto indugiamo, fermate più brevi o più lunghe, continuando poi il viaggio sotto l’impulso della scoperta, della rivelazione. Entrambe le zone culturali mi hanno segnato, ciascuna a modo suo, ciascuna con i suoi valori e le sue mentalità, buone o meno buoni, allo stesso modo.
Dopo la laurea, nel 1992, davanti all'Università Nazionale d'Arte Bucarest
Da sinistra a destra, in prima fila:
Cristian Tarbă, Florin Stoiciu, Ruxandra Călăraș, Prof. Mircia Dumitrescu, Călin Chivu, Gavril Kovacs
in seconda fila: Cristian Țârdel, Mariea Petcu, Adriana Lucaciu, Carmen Roșu
Dopo 20 anni, nel 2012, prima della mostra anniversaria (foto: Florin Stoiciu)
Corina Rădulescu, Florin Stoiciu, Cristian Țârdel, Adriana Lucaciu, Călin Chivu, Mariea Petcu, Gavril Kovacs,
Prof. Acad. Mircia Dumitrescu, Rxandra Călăraș, Cristian Tarbă
Come vede la realtà artistica di Timişoara nella dinamica delle sue forme istituzionali, pubbliche e private?
Timișoara è stata un punto di riferimento culturale importante negli anni 1970-1980, nel panorama delle arti visive della Romania e non solo qui, nonostante l’istaurazione della «rivoluzione culturale» imposta da Nicolae Ceaușescu insieme all’adozione delle Tesi di luglio del 1971. La posizione di «avanguardia» è stata mantenuta anche dopo il 1989, attraverso una serie di eventi promossi da artisti locali e con festival come quello «Zona Europa de Est», «Stato d’animo senza nome» – organizzati dalla critica d’arte Ileana Pintilie-Teleagă e, non ultimo, per la partecipazione attiva degli studenti della Facoltà di Arti Visive, da poco ricostituita (con «Studentfest» – a cui legano il loro nome, accanto ad altri, Ciprian Chirileanu o Tiberiu Giucă, all’epoca studenti, o la Biennale di incisione «Graphium» iniziata dal prof. Dr. Constantin Catargiu e dall’allora studente Vică Adorian). Sullo sfondo dell’effervescenza della libertà postcomunista, sono apparse iniziative private, concretizzate sul piano culturale tramite l’apertura di spazi per mostre che appartengono a fondazioni o a ONG, come le Gallerie First, Galleria 28, Triade, Dure, Calina, Calpe. In pratica sono state queste ad assicurare la continuità della vita artistica di Timișoara, accanto alle poche istituzioni statali (il Museo d’Arte, il Museo di Storia – il Bastione «Terezia», la Galleria Pygmalion), la Facoltà di Arte e Design - Galleria Mansarda) e l’Unione degli Artisti Plastici – Filiale di Timișoara (Galleria Helios), prive di un sostegno finanziario significativo.
Nell’ultimo decennio, l’impegno delle associazioni e delle fondazioni culturali ha rinvigorito e intensificato l’attività destinata alle arti visive (Fundația Artencounters, Fundația Bega, Fundația Triade, Asociația Contrasesn, Simultan, ecc.) sostenendo gli artisti consacrati e conferendo una propettiva nell’affermazione degli artisti emergenti. Il successo di essere stata designata Capitale Europea della Cultura ha stimolato il coinvolgimento di queste istituzioni nella configurazione di un contesto favorevole alle arti visive.
Ulivo (tecnica mista su tela 100X100 cm, 2012)
Pensando all’Italia, quale nome di artista contemporaneo vorrebbe vedere a Timișoara?
Mi vengono in mente solo grandi nomi e non credo che Timișoara abbia la possibilità economica o l’interesse di sostenere la loro presenza nella città, ma nulla mi impedisce di esprimermi: Maurizio Cattelan, Loris Cecchini, Francesco Clemente, Mimmo Palladino, Michelangelo Pistoletto...
Dal presente al futuro: come percepisce gli effetti della tecnologia sull’arte contemporanea, tra l’idea di «dipendenza» e «crisi», da una parte, e di evoluzione, di nuovi campi artistici, dall’altra?
La tecnica e la tecnologia sono state da sempre partner delle arti e di alcuni artisti affascinati da esse e credo sia sufficiente dare l’esempio di Leonardo da Vinci. Ma per tornare al presente, ricorderei sempre un artista italiano – Arcangelo Sassolino – che nella sua creazione utilizza materiali e processi industriali come anche i principi della meccanica. Nell’era della digitalizzazione, le nuove tecnologie sono utilizzate con successo nell’industria cinematografica, nei videogiochi, e gli artisti visivi non hanno tardato a sperimentarle; fotografi, grafici, pittori, scultori, artisti decorativi, designer, indipendentemente dalla loro preparazione iniziale, hanno abbandonato i confini tra i generi e sono diventati artisti multi-mediali, praticando l’arte in varie forme di espressione e di manifestazione. Una serie di tendenze che utilizzano l’informatica è già presente nell’arte contemporanea e ne elencherei solo alcuni: Computer Art, Internet Art Electronic Art, Systems Art, New Media – Computer games, Interactive Film, Cyberarts, Art Software, ecc.
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Behind the Earth
digital print 10x10cm (2020) |
Circumstance 3
digital print 22x22cm (2020) |
Circumstance 4
digital print30x30cm (2020) |
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Gioco dinamico
digital print 25x25cm (2020) |
Gioco dinamico 1
digital print 25x25cm |
Gioco dinamico 2
digital print 25x25cm |
Tornando all’anno che si è appena concluso, come si è riflessa la sua arte creativa nel 2020?
Per quanto mi riguarda sul piano della creatività è stato un anno proficuo, nonostante gli aspetti legati ai molti cambiamenti dovuti allo stato dei fatti che stiamo vivendo tutti. È stato un anno che si è concluso con la gioia di avercela fatta, con le soddisfazioni legate alla professione di docente, con i successi dei miei studenti e con la felicità di essere stata più vicina alla famiglia.
Cosa vorrebbe le portasse il 2021?
Salute e fiducia in un futuro che ci riporterà nuovamente in superficie e che il gioco a ‘nascondino-dalla-vita’ abbia un lieto fine.
‘nascondino-dalla-vita’ (tecnica mista su tela 50x100 cm)
Per concludere vorrei che scegliesse l’opera/la serie che in questo momento ritiene la rappresenti al meglio spendendoci qualche parola per noi!
Le serie dei miei lavori è «ciclica». Alcuni di questi «cicli» si sono chiusi, altri sono ancora in «movimento». Tra questi mi soffermerei su quella più lunga intitolata «Întrupări/Incarnazioni» e che, per puro caso o no, è quella che mi ha accompagnato durante tutto questo anno della pandemia.
Il progetto artistico ha preso avvio nel 1999, quando ho concepito i primi 6 lavori per ricordare i martiri della Rivoluzione Romena del dicembre del 1989. Sono partita da un fatto reale, dal forte impatto che hanno avuto su di me le fotografie raccapriccianti dei corpi senza vita delle persone uccise a Timișoara, a cui ho avuto accesso grazie alla straordinaria documentazione realizzata durante la Rivoluzione dal fotografo di Timișoara Constatin Duma. Una parte di questi corpi è stata maltrattata e sfigurata per cancellare l’identità degli eroi sacrificati. Questo tema, del sacrificio eroico, si è trasformato in seguito in un soggetto periodicamente ripetuto nella mia creazione, come un perpetuo memento mori, ma anche come una fuga temporanea dal tumulto quotidiano, acquistando sempre, in ogni singolo lavoro, altre connotazioni. Il tema è diventato un soggetto di riflessione sulla condizione umana, sul suo carattere transitorio, ineffabile e precario.
La serie di lavori comprende attualmente 30 picto-disegni, realizzati in acrilico, inchiostro, carbone e a sanguigna, dalle dimensioni 280x80-90 cm. Gli echi misteriosi dell’interiorità sono metamorfizzati in configurazioni visive gestuali, che ho sistemato sulla tela come se fosse epidermide sulla quale il tempo lascia la sua impronta. Tramite la loro manovra – piegamento, disfacimento, spiegazzamento – i lavori hanno registrato e archiviato i segni del tempo, e le tracce stampate sulla superficie del supporto sono state integrate nell’opera. La linea, appena in rilievo, mi è servita spesso come suggerimento nella configurazione dei disegni, l’atto di creazione delle immagini è diventato un gioco alla scoperta di ciò che sembrava già esistente, consostanziale, ma invisibile, nella materialità della tela.
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Serie Incarnazioni n. 17
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
Serie Incarnazioni n. 19
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
Serie Incarnazioni n. 21
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
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Serie Incarnazioni n. 22
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
Serie Incarnazioni n. 23
tehnică mixtă pânză 280x80cm (2020) |
Serie Incarnazioni n. 24
tehnică mixtă pânză 280x80cm (2020) |
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Serie Incarnazioni n. 25
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
Serie Incarnazioni n. 23
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
Serie Incarnazioni n. 24
tecnica mista su tela 280x80cm (2020) |
Intervista a cura di Afrodita Carmen Cionchin
Traduzione di Serafina Pastore
(n. 1, gennaio 2021, anno XI) |
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