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La Settimana della Lingua Italiana in Romania, un felice cambio di paradigma
La Settimana della Lingua Italiana nel Mondo – manifestazione culturale organizzata da oltre due decenni, una volta all'anno, nel mese di ottobre, contemporaneamente in innumerevoli Paesi del mondo attraverso le Ambasciate d'Italia e gli Istituti Italiani di Cultura – ha lo scopo di promuovere lo studio e la diffusione della lingua italiana e, con essa, degli incomparabili valori culturali dell'Italia. L'evento si svolge ogni anno sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, su iniziativa dell'Accademia della Crusca in collaborazione con la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale del Ministero degli Affari Esteri. La nascita di questo importante progetto, nel 2001, si deve al professor Francesco Sabatini, eminente linguista, filologo e lessicografo, allora presidente dell'Accademia della Crusca, somma autorità nello studio della lingua italiana. A rischio di deviare un po' dall'argomento, vorrei ricordare ai nostri lettori che Francesco Sabatini è ben conosciuto dagli italianisti romeni, non solo per fama e attraverso i suoi scritti, ma anche per aver partecipato al centenario del dipartimento di italianistica dell'Università di Bucarest nel 2009. Sabatini è uno di quegli scienziati che non si rinchiudono nella torre d'avorio ma usano la loro alta cultura per elevare il livello di espressione e di pensiero della grande massa dei non-specialisti e soprattutto per educare i giovani. Non è un caso che sia stato, per tanti anni, ideatore e autore di diverse trasmissioni televisive dedicate all'educazione linguistica dei telespettatori, con le quali tuttora si incontra ogni domenica sul canale RAI 1, in un programma e a un’ora di massimo ascolto. Secondo questo sapiente, un linguaggio ricco, sfumato e correttamente usato è modellatore di un pensiero fecondo, soffuso e indipendente – quindi ha un valore formativo di primaria importanza. L'idea della Settimana della lingua italiana è nata sì con il preciso obiettivo di diffondere la lingua italiana nel mondo, ma è animata anche dalla convinzione del ruolo della lingua nell'educazione e nella società. Ogni anno, tale «Settimana» ha un tema, lo stesso ovunque, ma che può e deve essere interpretato in modo diverso, in ogni paese, a seconda delle specificità e delle esigenze del luogo. Quest'anno, come era naturale, in occasione del settimo centenario della morte del padre fondatore della letteratura e della lingua italiana, Dante Alighieri, la settimana della lingua italiana è stata dedicata in tutto il mondo a questo colosso. Ovviamente anche in Romania.
L'Istituto Italiano di Cultura di Bucarest ha curato costantemente e bene la realizzazione delle Settimane della lingua italiana in Romania. In passato e ora. Ma quest'anno mi sembra di aver osservato un nuovo approccio. Per quanto ricordo, negli anni passati l'organizzazione dell'evento era centrata sull'invito di alcuni specialisti italiani, soprattutto del campo della didattica, a tenere corsi di aggiornamento ai docenti romeni su alcuni recenti metodi e temi dell’insegnamento dell’italiano come seconda lingua. L'intenzione era buona e giustificata, in quanto la diffusione della lingua italiana avviene principalmente attraverso l’insegnamento e quindi rinfrescare la sua metodologia aiuta a raggiungere l'obiettivo della «Settimana della lingua». Il sistema aveva però i suoi limiti: si rischiava di ripetere quanto detto negli anni precedenti, l'efficacia del corso era affidata alla bravura – a volte discutibile – del docente, i riscontri erano spesso insignificanti, inoltre avveniva un appiattimento del pubblico (che poteva includere, indistintamente, professori universitari con dottorato di ricerca quanto professori delle medie, novizi); in più il sistema instaurava, in un certo senso, un rapporto di subordinazione dei professori romeni, uditori, e quelli italiani invitati a tenere le prolusioni. Voglio dire che alcuni aspetti, di per sé rimediabili, diminuivano l'efficienza e l’interesse del progetto. Ma mi affretto ad aggiungere, in lode dell'Istituto Italiano di Cultura e della Settimana della Lingua Italiana, che in questo modo i docenti di italiano romeni potevano tuttavia godere di un genere di corsi di perfezionamento che invece le istituzioni romene competenti non organizzavano.
Quest'anno tutto è stato diverso. La Settimana della lingua italiana ha avuto un’altra struttura e un’altra filosofia. I fattori del cambiamento, credo, sono stati tre: in primo luogo la pandemia, che ha spostato tutti gli eventi online – e, sebbene molte persone si lamentino dell'isolamento che la trasmissione in remoto creerebbe, a me sembra che proprio questa dimensione abbia allargato i contatti e il pubblico a tutto il mondo, in quanto allo spazio, e in quanto al tempo ha offerto a qualsiasi manifestazione una libertà di accesso e, quindi, un'elasticità senza precedenti; un altro fattore è stato, senza dubbio, Dante stesso – destinato a portarci sempre fuori dalla selva oscura per riveder le stelle – destinato, cioè, ad aprire la tematica ai più svariati approcci; e il terzo fattore è stato, probabilmente, il cambio della squadra di ideatori e realizzatori dell’evento: in assenza di un direttore dell'Istituto Italiano di Cultura, il compito di seguire le sorti della cultura italiana in Romania e di pilotare la Settimana della Lingua Italiana è stato assunto dall'Ambasciata d'Italia in Romania, a cominciare con il nuovo Ambasciatore, Sua Eccellenza Alfredo Maria Durante Mangoni, e con il Responsabile dell'Ufficio Stampa, Dott. Vincenzo Tamarindo, incaricato ad interim delle attività dell'Istituto. Liberi dalla routine delle pratiche passate, aperti a nuove iniziative e ai contatti più svariati, coinvolgendosi di persona, con cordialità e naturalezza nelle diverse azioni del progetto, questi “sostituti” vi hanno portato un'aria di freschezza e di originalità e, secondo me, hanno risvegliato anche l'entusiasmo e l'efficienza del personale dell'Istituto di Cultura.
Ora, ripassando lo svolgimento della Settimana della lingua italiana a Bucarest, tenterò di chiarire anche che cosa intendo per cambio di paradigma. Il programma della settimana è iniziato con due lezioni su Dante tenute da due note italianiste romene, la prof.ssa Ana Maria Gebăilă, linguista, e la prof.ssa Aurora Firța Marin, specialista in letteratura italiana, entrambe docenti presso l'Università di Bucarest. Le lezioni sono state rivolte agli studenti della sezione italiana dei licei bilingui della capitale, «Dante Alighieri» e «Ion Neculce». Esse hanno analizzato con i giovani due aspetti diversi del genio dantesco, quello linguistico e quello letterario e immaginativo, ma soprattutto (per tornare al cambio di paradigma) hanno riannodato il legame trascurato tra università e scuola, senza appiattirlo, bensì rafforzando la missione propria di ciascuna di queste istituzioni.
La «Settimana» è proseguita con due dibattiti, o meglio, due dialoghi su Dante: uno tra due romeni, in romeno – tra chi scrive, italianista, e Horia-Roman Patapievici, filosofo e saggista che dedicò alla Divina Commedia una delle interpretazioni più interessanti degli ultimi decenni; l'altro, tra due italiani, in italiano, entrambi insigni dantisti: Alberto Casadei, professore all'Università di Pisa, e Marco Grimaldi, professore alla «Sapienza» di Roma. Il primo dialogo ha messo in discussione due insoliti contributi alla ricerca dantesca: le lezioni di Galileo Galilei sull'Inferno dantesco (recentemente pubblicate in romeno dalla casa editrice Humanitas) e l’incitante interpretazione del cosmo dantesco secondo la geometria non euclidea. Il secondo dialogo ha seguito il cammino della lirica dantesca dalla poesia d’amore a quella filosofica, teologica e didattica, per poi riferirsi alla fortuna di Dante nei secoli, agli scrittori che l’hanno imitato e a quelli che ne sono stati influenzati nel profondo della loro mente e anima, come alcuni dei più importanti autori del Novecento e del nuovo secolo fra cui Eliot, Joyce, Borges, ecc. fino al nostro contemporaneo romeno Mircea Cărtărescu. Tornando al paradigma, dico che con questi due dialoghi gli organizzatori hanno due volte onorato il pubblico romeno: invitando da entrambi i paesi figure di spicco della cultura del settore e stabilendo una parità tra loro e tra le due culture – parità costruita con tanta cura da quel modello di direttore di istituto di cultura quale è stato Vito Grasso.
In mezzo ai dialoghi ricordati il programma ha inserito altri due eventi inconsueti: un recital di brani della Divina Commedia, tratti dalle più famose versioni romene in versi, interpretati squisitamente dal grande attore romeno Emil Boroghină e accompagnati da interessanti effetti visivi; e il documentario Dante e la commedia nella storia del cinema realizzato da Fabio Melelli, docente di Storia del Cinema all'Università per Stranieri di Perugia, presentato dallo stesso autore in dialogo con Vincenzo Tamarindo. Il filmato ha portato alla luce cose veramente sorprendenti: come l'ispirazione dantesca dei primi registi derivasse dalle illustrazioni di Gustav Doré proiettate con la «lanterna magica», come le prime e forse le più complete e ardite trasposizioni cinematografiche della Divina Commedia risalgono al 1911, ai tempi del film muto, poi come Dante, penetrando nell'immaginario collettivo, ha nutrito gli strati profondi della creatività artistica di alcuni registi, risalendo poi alla superficie, nelle forme più svariate, in tutta la cinematografia del mondo. Il paradigma cambiato si riferisce anche a questi ultimi eventi citati in quanto essi hanno proposto un intreccio di arti e di mondi immaginari poco presenti nel passato e tanto desiderati nel presente.
Tutti gli eventi, ripeto, si sono svolti – come previsto – in linea. Forse non molti di noi abbiamo avuto la possibilità di guardarli dal vivo. Però essi sono rimasti accessibili dato che sono stati subito pubblicati sulla pagina facebook e sul canale youtube dell'Istituto Italiano di Cultura di Bucarest e – cosa da ammirare, per cui ringrazio il team dell'istituto – i materiali parlati in italiano sono stati sottotitolati in romeno. È un'ottima soluzione pragmatica per facilitarne l'uso, ma è anche un segno di rispetto per i lettori romeni e una prova di serietà nella costruzione di questo progetto culturale. Pubblicata lì, sui famigerati social media, la Settimana della lingua italiana si garantisce, quest'anno, in Romania, una lunga e proficua permanenza.
Non saprei dire se la diffusione della lingua italiana in questa Settimana a lei dedicata sia stata più ampia o più profonda che nelle precedenti edizioni, ma so di sicuro che è stata diversa. Essa mi ha sugerito che quest’autunno nella cultura italiana in Romania ha aleggiato un vento primaverile.
Smaranda Bratu Elian
(n. 11, novembre 2021, anno XI)
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