«Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi»

A Padova, tra il 9 marzo e il 4 agosto 2024, al Centro Altinate San Gaetano, sono arrivate circa una cinquantina di opere appartenenti al Musée Marmottan Monet di Parigi.
La mostra arriva da Madrid, dove è stata allestita per celebrare i 150 anni dalla prima mostra impressionista del 1874 a Parigi. A Padova la mostra è arrivata dal prestigioso Palacio de Cibeles, sede principale del Comune di Madrid, dove ha riscosso un enorme successo. Padova è anche l’unica data italiana e successivamente, fino al 2028 in Italia non ci saranno altre esposizioni dedicate a Monet. Proprio per questo motivo il Comune e la società specializzata nell’organizzazione delle mostre d’arte chiamata con il nome della grande pittrice barocca – «Arthemisia» – ha dedicato la mostra a Claude Monet, il padre dell’Impressionismo.
La spettacolarità sta nella scelta delle opere che rappresentano 50 capolavori – tra cui le Ninfee, gli Iris, i Paesaggi londinesi e il Treno nella neve – e, come è consuetudine per la fondazione «Arthemisia», arricchiti da sale spettacolari, tantissimi contenuti, video, testimonianze e atmosfere magiche. Le opere esposte sono quelle del Musée Marmottan Monet di Parigi che si chiama, per l’appunto, Museo Monet perché custodisce la più grande e importante collezione di dipinti dell'artista francese, fortunata donazione fatta dal figlio di Monet, Michel, nel 1966.
Sono le opere che Monet teneva come le «sue» nell’atelier, opere custodite nella casa di Giverny fino alla fine e dalle quali non si è staccato mai. La mostra è quindi anche un viaggio nel mondo intimo di Monet, nella sua casa di campagna, dove ha creato «la sua opera perfetta», le ninfee, per poi dipingerle. La mostra di Padova parte da un capolavoro come il ritratto di Michel Monet con berretto a pompon (1880), seguito da Il treno nella neve. La locomotiva (1875), Londra. Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905), oltre a tutte le opere di grandi dimensioni come le eteree Ninfee (1917-1920) e gli evanescenti Glicini (1919-1920). La mostra è curata da Sylvie Carlier, curatrice generale del Musée Marmottan Monet, con la co-curatela della storica dell’arte Marianne Mathieu e l’assistente alla curatela del Musée Marmottan Monet, Aurélie Gavoille. L’occasione è più unica che rara. «Arthemisia» annuncia che, dopo questa mostra, le opere del Musée Marmottan Monet per diversi anni non saranno più disponibili per una mostra in Italia.
Ed eccole le sue ninfee, iconiche, celeberrime, tripudio di bellezza della natura, accompagnate dagli iris, i glicini e i tulipani. La trovata del corridoio luminoso che ci fa passare dall’entrata verso le sale dove ballano sui muri le stesse immagini del Paradiso acquatico con lo sfondo musicale di uno stormo d’uccelli, è come una specie di Purgatorio che ci prepara al grande incontro. Seguono i paesaggi londinesi o nordici, con la forza delle vette delle montagne che irrompe come un freddo glaciale o lo smog londinese che ci avvolge e ci incanta, gli stessi temi ma non la stessa natura, un’evoluzione, per cui riprendere lo stesso soggetto non significa riprodurre il medesimo quadro. Un percorso espositivo che alla fine sarà una sorta di riassunto dell'opera dell'autore. E inevitabilmente pure della sua vita, con i primi lavori realizzati quando era adolescente e gli ultimi eseguiti prima di morire, quasi cieco. A Monet l’Impressione gli deve molto, pure il nome che è legato al suo dipinto intitolato appunto Impressione, sole nascente del (1872).
L'assessore alla Cultura del Comune di Padova, Andrea Colasio, sottolinea che da qui a un decennio questa è l’unica possibilità di vedere una mostra di Monet in Italia, ed è orgoglioso che proprio a Padova, dopo il conferimento del sigillo Unesco all'itinerario trecentesco dell'Urbs Picta, sia costantemente affollata da turisti, e si preannunciano dati record riguardanti gli arrivi. A Madrid la mostra è risultata la prima mostra per numero di visitatori da tanti anni a questa parte, con una media di 2.500 persone al giorno e code infinite ogni ora.
La rassegna, allestita in ordine cronologico, dai primissimi dipinti agli ultimi in modo da coprire l'intero arco della carriera, sarà suddivisa in cinque sezioni, una per sala: «La collezione del Museo», «La luce impressionista», «Il giardino di Giverny», «Le grandi decorazioni» e «Verso l'astrattismo».

«L'esposizione – ha osservato Iole Siena, presidente di «Arthemisia», che ha prodotto e organizzato la rassegna, in collaborazione con il Marmottan Paris – ripercorre tutte le fasi della vita di Monet. A Padova vediamo molte delle opere iconiche che ha realizzato, in una carrellata completa del lascito della famiglia al Museo parigino, il quale custodisce il patrimonio più vasto dei dipinti dell'artista e che lui considerava più rappresentativi del suo lavoro, dai quali non ha mai voluto separarsi. Abbiamo quindi uno spaccato di quanto ha prodotto, con i quadri a cui lui teneva di più e che considerava maggiormente significativi. C'è una dimensione particolare, intima, che il percorso espositivo evidenzia bene, dando la percezione di entrare nell'anima, nella mente e nella casa del padre dell'Impressionismo. E anche nel suo cuore».
E di nuovo la mia storia di formazione, il mio Bildungsroman, incontra un capo del filo della giovane studiosa d’arte che sono stata nei lontani anni Novanta a Bucarest, all’Istituto «George Oprescu». Lì, il mio maestro Remus Niculescu, colui che ha tirato fuori Nicolae Grigorescu dal dimenticatoio del periodo comunista, mi ha parlato per la prima volta di Georges de Bellio, un erede della famosa famiglia che diede il nome al Cimitero Monumentale di Bucarest, Bellu, perché eretto sul terreno regalato alla capitale romena, Georges de Bellio primo e grande collezionista degli impressionisti. Guardo il Treno nella neve. La locomotiva e leggo sotto «Quadro incluso nella sua collezione nel 1877 dal dottor Georges de Bellio». Cosa dire; un’emozione immensa mi ha avvolto e ho pensato a tutto quello che devo ancora al mio maestro Remus Niculescu e alla mia gioventù romena. L’incontro con la propria storia avviene quando meno te lo aspetti, all’improvviso, come un lampo di luce. Mi sono sentita fortunata, ancora una volta, di aver conosciuto tutto ciò, di essere l’unica persona nella mostra che teneva dentro il cuore questo dolce segreto. Remus Niculescu è stato non solo un grandissimo storico d’arte e critico, ma anche un grandissimo perito e conoscitore che mi ha spronato seguendo Federico Zeri ad accumulare dentro immagini come in una fototeca. Allievo di Nina Façon, era un grande italianista romeno, e l’italianistica è disciplina in cui si sono formati molti storici dell’arte romena. Guardando il treno che sbuffando entra nella stazione, gli occhi rossi da lupa in una giornata glaciale coperta di neve, con lo steccato di legno che separa il binario dalla fila di alberi congelati dall’inverno, c’è un primo segno grafico, la diagonale, che cattura lo sguardo e lo accompagna verso la stazione dove s’indirizzano le sagome fluttuanti nell’atmosfera immobile come in un flash cinematografico. Il dottor Georges de Bellio non aveva sbagliato un colpo; è il quadro più affascinante della sezione prima delle ninfee. È stata la figlia del dottor de Bellio a donare il quadro al Museo Marmottan Monet.
Sempre prima è anche la ritrattistica dedicata a Monet: Pierre Auguste Renoir Claude Monet che legge. Monet è ritratto di tre quarti alla Lilli Gruber, legge il giornale L’Evénement e fuma la pipa ed è del periodo di Argenteuil, dove Monet ha soggiornato con la famiglia tra il 1871 e il 1877. Un altro quadro rappresenta Camille Doncieux con la prima moglie e i due ritratti furono regalati da Renoir a Monet e rappresentano l’inizio della collezione impressionista di Monet, quei 50 quadri che furono poi donati dal museo Marmottan dal figlio di Monet. La spiaggia di Trouville è dell’estate del 1870, quando Claude Monet, la moglie Camille Doncieux e il primo figlio Jean raggiunsero questa località balneare per trovare lì Eugène Boudin, specializzato in scene di spiaggia. Monet riprende la scena e la rappresenta a modo suo, dinamica, in poche pennellate di grigi e dove la diagonale è data dal filo dell’acqua. L’en plein air e i suoi effetti di luce sono uno spettacolo. La touche larga e il colpo di luce di questo piccolo capolavoro saranno fondamentali per l’Impressionismo.  
Dal 12 settembre al 25 novembre del 1886 Monet risiede a Belle-île-en-mer e per due franchi al giorno, Hippolyte Guillaume, sopranominato Poly, un pescatore d’aragoste sui cinquant’anni gli farà da facchino. Monet lo ritrae e di questo ritratto non si separerà mai per tutta la vita. Il pescatore è effiggiato con la barba incolta e uno sguardo schivo e abituato alla durezza della vita su quell’isola lontana.
Passeggiata vicino ad Argenteuil, del 1875 è un’immagine bucolica del pittore con la moglie Camille e con il figlio in mezzo a un campo fiorito acceso dai papaveri rossi. Nel 1871 si era trasferito a circa dieci chilometri da Parigi, ad Argenteuil per l’appunto, che era un luogo di svago dei parigini durante il fine settimana con la comodità del treno che li portava sulle rive della Senna. Monet prende casa per vivere tranquillo con la moglie e il figlioletto. L’immagine trasmette la pace di una famiglia felice in mezzo alla natura.
Scoppia la guerra e Monet crea il suo più grande capolavoro, il giardino. Le Emerocallidi sono una testimonianza della bellezza di quel posto acquatico dove Monet trova la pace interiore, la felicità e il culmine della sua arte. Emerocallidi è chiamato anche «bellezza di un giorno» perché simbolo della brevità della vita. Lui aveva scelto una varietà rossa della Cina, molto rara e l’inchino sotto il vento sulla destra le fa sembrare dei meravigliosi fiori movimentati. Ninfee. Riflessi di salice del 1916-1919 fu ridotta a causa dei danni riportati nella Seconda guerra mondiale a causa di schegge di ordigni. L’artista si era immerso completamente nello spettacolo della natura coprendo l’intera superficie del quadro con i fiori brillanti rosa e giallo.
La vista gli si oscura e da qui in poi Monet dovrà seguire il suo occhio interiore, ritrae la Natura come la vista dentro di sé, esplosiva, a tratti veloci, nervosi, con quella cosa del non finito che caratterizza i geni da Michelangelo in poi.
Si esce dalle ninfee come da un sogno, un dolce perdersi onirico tra i quadri che più di tutti gli altri hanno rappresentato l’Impressionismo e l’influsso del mondo del Sol Levante nell’arte francese dell’Ottocento. Come in un haiku la metafora della vita, breve ma intensa, si chiude con un fiore in primo piano perché l’occhio non perda il grande sfondo del Mondo, della Montagna Sacra o di una fumata bianca di un treno, una locomotiva che porta dal 1875 a noi una nota di nostalgia e per me un caro ricordo del mio maestro Remus Niculescu e delle sue scoperte sul dottor Georges de Bellio, il primo grande collezionista degli Impressionisti e di Claude Monet. À la prochaine!


Claude Monet, La spiaggia di Trouville, 1870, olio su tela, 38x46 cm



Claude Monet, Passeggiata vicino ad Argenteuil, 1875, olio su tela, 61x81,4 cm



Claude Monet, Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi, 1905, 81x92 cm


Claude Monet, Ninfee. Riflessi di Salice, 1916-1919, olio su tela, 130x157 cm


Claude Monet, Emerocallidi, 1914-1917, olio su tela, 150 x 140,5 cm


Liana Corina Tucu
(n. 5, maggio 2024, anno XIV)