Io, Canova, Genio europeo

Con questo titolo si è inaugurata una mostra dedicata ad Antonio Canova dal Museo Civico del Bassano del Grappa [1] e che si svolge tra il 15.10 2022 e il 26.02.2023.
Antonio Canova è stato con certezza il più importante artista italiano della fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, quel periodo chiamato dalla posterità il Neoclassicismo. Era nato a Possagno, nelle vicinanze di Bassano e rimane orfano di padre da piccolo. Dovrà sopportare la dura disciplina degli scalpellini e del nonno Passino, che inciderà sulla sua tempra e sulla vita dell’artista. Ma oltre il grande scultore, Canova è rimasto nella cultura italiana come l’incaricato del nuovo ordine della Restaurazione, dopo la sconfitta di Napoleone, per riportare una parte delle opere trafugate dall’Imperatore dalla patria natia per dare lustro alla nuova sua patria, la Francia. Canova fu anche un grande veneto; scriveva in dialetto, segno dell’attaccamento alle tradizioni, dell’infanzia priva di una cultura assimilata da un precettore o maestro incaricato come era di moda all’epoca, ma soprattutto segno della storia – Canova era un giovane ragazzo formato a Venezia prima della caduta della Serenissima con il trattato di Campoformio del 1797. La critica immediata fu terribile con i neoclassici, ma in speciale modo con lui. Gli si dà dell’ignorante perché scrive il diario in dialetto, quando, come spiegato prima, quella era la lingua della Repubblica, gli si rinfaccia la “freddezza” delle sue statue, quando si confondeva questo aggettivo con la postura tipica dei corpi raffigurati nel mondo classico e poi neoclassico, atteggiamenti che non cambiavano perché espressione della bellezza ideale, da non confondere con il realismo rappresentativo presente nel periodo del secondo Ottocento quanto nella ritrattistica romana classica. Insomma, Canova fu un incompreso fino ad alcuni decenni fa quando il mondo e la sua Bassano valorizzò l’immenso lascito canoviano alla sua terra d’origine. Nel ringraziamento inaugurale del governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, si sottolinea il ruolo di artista ma anche di diplomatico “un vissuto da tenere in considerazione e come esempio anche in questi nostri tempi, non meno difficili”, ha concluso il governatore.
Sono residente nel Veneto dall’ottobre del 1999. Da allora ho sempre seguito il tragitto dell’artista veneto che faceva parte importante della mia tesi di dottorato di ricerca incentrata sull’influsso della cultura italiana nei principati romeni e in particolar modo dell’influsso di Canova e del neoclassicismo nel percorso di uno dei fondatori della modernità romena, amico di Canova e frequentatore dello studio romano dell’artista, lo scrittore Gheorghe Asachi [2]. Ho visto con entusiasmo grandi mostre dedicate ad Antonio Canova, alcune sotto la tutela della Presidenza della Repubblica come quella del 2004 [3], mostre che hanno radunato dal mondo le opere sparse in grandi musei e collezioni, per poter far conoscere alle nuove generazioni la forza dell’arte e per valorizzare i beni artistici e culturali del Veneto profondo, terra di grandi risorse culturali e artistiche. La mostra è accompagnata dalle proiezioni dei quaderni canoviani, dei disegni custoditi dalla Biblioteca Civica di Bassano del Grappa, disegni che dimostrano la grande intensità dell’idea di Canova impressa sulla carta con il tremolio o la fermezza di una mano sicura che seguiva fedele la mente dello scultore. Quella mano oggi riposa, come un reliquario, nella basilica di Possagno eretta con i soldi di Canova come simbolo del suo amore per la sua gente. Dopo una vita trascorsa a Roma e in giro per il mondo, la mano che realizzò una foresta di statue, migliaia di bozzetti e disegni, riposa nella chiesa vicino alla casa museo dell’artista. La Biblioteca civica, grazie alla donazione Sartori Canova, custodisce 6.658 lettere dell’epistolario di Canova, quaderni, appunti, 500 volumi della biblioteca dello scultore giunte in un unico fondo per via del lascito testamentare del fratellastro, Gianbattista Sartori Canova, che era il suo erede universale in quanto Antonio Canova non aveva figli e non si era mai sposato. Vi sono presenti nella biblioteca i grandi veneti – le incisioni di Piranesi che appartenevano ai «libri di belle Arti» del principe Abbondio Rezzonico, famiglia mecenatica di grande importanza per Canova, che realizzò al Vaticano, in San Pietro, la statua del Papa Rezzonico Clemente XIII. Oltre la statua del Papa che benedice metaforicamente i credenti che si avviano verso i confessionali e la Sacrestia, c’è un’altra opera canoviana dedicata ai cattolicissimi reali Stuart, lapide posizionata sulla navata sinistra nell’entrata nella basilica. Canova era anche un lettore e amava sentire la lettura dei testi con l’aiuto di un collaboratore che leggeva mentre lo scultore lavorava. Questo emerge da una lettera mandata da Canova a un grande collezionista di epigrafie padovano, Melchior Casarotti, dell’8 febbraio 1794. La biblioteca di Roma aveva 2.575 volumi d’arte, scultura, incisioni (Bassano è la città dei grandi incisori da Giovanni Volpato ai Raimondini), ma anche delle opere della letteratura classica da Omero, Ovidio, Orazio, Plauto, Terenzio, Euripide, Sofocle, Aristotele, Platone fino a Marziale, Catullo e Apuleio con il loro spiccato erotismo. Ci sono anche gli italici, da Dante a Petrarca e Boccaccio, Tasso, Ariosto, Boiardo, Macchiaveli e Guicciardini, Foscolo (che prese spunto dall’opera di Canova Le Tre Grazie e Alfieri (del quale realizzò la statua). La biblioteca conteneva una quarantina di dizionari, così necessari per un artista internazionale e un diplomatico per conto di papa Pio VII che l’aveva mandato a Parigi per recuperare la refurtiva di Bonaparte. La sua biblioteca romana conteneva pure i filosofi moderni da Montesquieu e Pascal a John Locke e Immanuel Kant, che parlava della bellezza come piacere dei sensi attraversata e purificata dall’intelletto. 

Come sottolineava anche Elena Pavan, sindaco di Bassano del Grappa, Canova è una di quelle personalità che rappresentano l’intera comunità, «che con il loro operare finiscono per incarnare i tratti distintivi di una comunità divenendo dei veri e propri genii locorum». La biblioteca della città di Bassano e i musei civici hanno digitalizzato da poco l’intero epistolario canoviano, hanno restaurato la statua che rappresenta Ebbe, hanno organizzato un convegno internazionale di studi, iniziative fate per promuovere e valorizzare il patrimonio artistico e culturale locale. Sono arrivate per la mostra opere dall’Italia e dal mondo: la Principessa Leopoldina Esterhazy Liechtenstein, la Danzatrice con il dito al mento della collezione Agnelli di Torino, l’Endimione dormiente dell’Accademia delle Belle arti di Ravenna, l’Amorino alato del Museo Correr di Venezia ed è stata esposta per la prima volta una statua da poco scoperta, l’ultimo capolavoro, la Maddalena giacente, realizzata per il conte di Liverpool  allora primo ministro e che per più di due secoli fu considerata perduta. Come corredo del mondo canoviano torna La Fortuna di Guido Reni rappresentata come Machiavelli ci aveva insegnato nella Mandragola di prenderla per i capelli e tela da Canova stesso riportata in Italia nel 1815, oggi appartenente all’Accademia di San Luca di Roma, ma anche quadri appartenuti alla collezione di Canova come i Tiepolo e Moretto da Brescia.  Il mondo che commissionava a Canova le opere era composto dall’Imperatore qui presente nel Ritratto di Napoleone di Francois Gérard dal Museo nazionale del castello di Fontainebleau, la Joséphine Beauharnais sempre dipinta da Gérard, la Madame Mère – Letizia Ramolino che posa come un’Agrippina (fig. 9) in un gesso arrivato da Carrara oppure la testa di Paolina dal Museo napoleonico e di Elisa Bonaparte Baciocchi (fig. 10) ritratta da Benoist del Palazzo Mansi di Lucca, insomma la famiglia di Bonaparte quasi al completo.



Canova, Principessa Leopoldina Esterhazy Liechtenstein





Canova, Danzatrice con il dito al mento


Canova, Endimione dormiente




Canova, Amorino alato




Canova, Maddalena giacente




La Fortuna di Guido Reni




Ritratto di Napoleone di Francois Gérard




Joséphine Bauharnais di Francois Gérard




Canova, Letizia Ramolino che posa come un’Agrippina




Elisa Bonaparte Baciocchi di Marie Guilhelmine Benoist


La mostra sottolinea degli aspetti che i ricercatori dell’opera canoviana hanno ben presente, ma che erano poco conosciuti al pubblico, come per esempio la formazione di Canova, i suoi anni d’apprendistato veneziano dove entra in contatto con le grandi famiglie aristocratiche della Repubblica – i Rezzonico, i Querini, ma anche Floriano Francesconi, il proprietario del Caffè Florian, nelle case della sua proprietà in Campo San Gallo dove Canova abitò all’inizio. Pochi sanno che Antonio Canova fu anche un collezionista e che aveva comprato alcuni quadri di Tiepolo e Moretto da Brescia, che lo scultore fu colui che riportò in Italia nel 1815 quadri di Paolo Veronese, Ludovico Carracci e Guido Reni grazie alla missione diplomatica che portò con successo a compimento. Un senso dell’amore per il patrimonio artistico che già da giovane l’aveva spinto a scegliere alcuni temi per le sue opere come Le Tre Grazie e Musa dormiente per «sostituire» le corrispettive opere appartenute alla collezione Borghese e vendute dal principe Camillo a suo cognato Napoleone, oggi pezzi forti della collezione di sculture antiche del Louvre. La musa dormiente finì in una collezione di un aristocratico inglese ossessionato dall’opera canoviana al punto di metterla nel bel mezzo del salotto nella sua provocante nudità e che fu la causa dello sdegno degli eredi che, alla morte del proprietario, donarono al Vittoria and Albert Museum pur di sbarazzarsene e rimanere fedeli alla rigida morale per l’appunto, vittoriana. Nella collezione borghese la musa era un’antica scultura di un ermafrodita adagiato sul materasso fatto appositamente nel restauro da Bernini.
Tra le opere che spiccano nella mostra c’è l’eccezionale Maddalena dormiente appena ritrovata e per la prima volta esposta, che arriva da una collezione privata inglese, l’Amorino del Museo Correr, La Danzatrice della collezione Agnelli di Torino, l’Endimione dormiente dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna, la bella Principessa Leopolidina Esterhazy Liechteinstein proveniente da Palazzo Esterhazy di Eisenstadt e l’Autoritratto del Museo Civico di Bassano del Grappa. La provenienza delle opere dice molto sul collezionismo in speciale modo delle opere appartenute in stile neoclassico, della varietà dei suoi clienti, del gusto dell’epoca e dello spirito del tempo dell’Impero.  L’ultima ma non meno importante è la foresta di busti esposti sui tubi in acciaio come basi che gli portavano all’altezza naturale e che ci dà l’illusione di camminare tra una presunta folla di cui solo i busti di un bianco fragore emergono sotto gli spot delle luci ben mirate. In fondo sul muro si proiettano i taccuini con i disegni, scannerizzati di recente e messi in rete dalla Biblioteca Civica di Bassano del Grappa, meravigliose testimonianze del grande disegnatore che fu Canova e dei suoi bozzetti pieni d’intensità creativa. Tre sale con circa 150 opere, una bella commemorazione dei 200 anni dalla morte dell’artista (1757-1822), morte causata dall’uso prolungato del trapano che spinto con le braccia e con il peso del ventre, gli procurò una malattia dello stomaco che l’ho stroncò nel fiore della sua maturità creativa ai 65 anni. IO, CANOVA. Genio europeo è anche una dimostrazione del carattere cosmopolita di Canova e della sua opera, che spazia dall’Italia all’Inghilterra dai vari sir del Grand Tour, alla Francia di Napoleone e Giuseppina, amica di Canova e della sua opera, al giorno d’oggi così lontano, ma allora così vicino, San Pietroburgo dove finirono Le Tre Grazie di Giuseppina e poi appartenute al suo erede, il principe Eugenio Beauharnais.
Antonio Canova, umile figlio di uno scalpellino del Grappa, orfano di padre in tenera età, era riconosciuto in vita come il più grande scultore del suo tempo e conteso dai potenti del momento. A noi oggi ci rimane di raccogliere il suo grande insegnamento di cosmopolitismo ma anche dell’attaccamento alla terra natia, alle colline del Grappa, alla sua Possagno dove costruì una basilica con i suoi proventi per la comunità e in ricordo del Pantheon romano, nelle cui vicinanze trascorse la più grande parte della sua vita. Passando per le tre grandi sale della mostra, i duecento anni trascorsi da allora sembrano essere volati, portando con loro Napoleone, gli Tzar, i duchi inglesi e la Repubblica veneta, il Papa Rezzonico e Maria Cristina d’Austria; è rimasto solo il Genio, Canova omaggiato oggi nella sua città Bassano del Grappa da tutti noi che amiamo lo stile neoclassico, l’arte in generale, i luoghi del Veneto e il suo marchio culturale più alto che fu Antonio Canova.

Liana Corina Tucu
(n. 12, dicembre 2022, anno VIII)


NOTE

1. Catalogo, mostra Io, Canova. Genio europeo, a cura di Roberto Balzani, Ernesto Ferrero, Mario Guderzo, Barbara Guidi, Paolo Mariuz, Stefano Pagliantini, Giuseppe Pavanello, Editori, Musei Biblioteca Archivio Bassano del Grappa, Silvana Editoriale, ISBN: 9788836653034
2.  Corina Tucu, Elite culturale italo-române şi idealul comun al Europei liberale: Ideologie şi mit în opera lui Gheorghe Asachi, Bucureşti, Editura Tracus Arte, 2011, ISBN 978-606-8361-31-4. Liana Corina Tucu, Alla Scoperta Dell’antichità: Diari Di Viaggio Di Antonio Canova E Giannantonio Selva Nel Percorso Roma-Napoli, in «Quaderni Coldragonesi», pagine 59-72 del numero 3, 2012, Tipografia Arte Stampa, Roccasecca, ISBN 978-88-906464-6-1.
3. Canova, curatori Sergej Androsov, Mario Gauderzo, Giuseppe Pavanello, Catalogo mostra organizzata da Bassano del Grappa, Museo Civico Possagno, Gipsoteca tra il 22 novembre 2003 – 12 aprile 2004, Edizioni Skira, 2003, ISBN: 888491702.