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Due egregie poetesse italiane alla XIV edizione del Festival Internazionale della Poesia di Bucarest
Il mese di settembre crea una vera effervescenza culturale a Bucarest. Tra le tante manifestazioni artistiche e letterarie, da tredici anni un posto e un rilievo particolare ha il Festival Internazionale della Poesia. Organizzato dal Museo Nazionale della Letteratura Romena, in collaborazione con numerose case editrici, canali mediatici, ambasciate, l'Istituto Culturale Romeno e istituti culturali stranieri, con il sostegno del Municipio di Bucarest e di numerosi sponsor interessati alla cultura, il festival, dedicato alla poesia e ai poeti del diversi paesi partecipanti, hanno incluso via via sempre più manifestazioni artistiche che interessano e mettono in luce, in un modo o nell'altro, il verbo poetico: concerti, recital o rappresentazioni teatrali, mostre, visite ai musei, oltre a numerose presentazioni di libri, conferenze e incontri con i lettori. Quest’ultima edizione, la XIV, ha amplificato e diversificato ancora di più la tavolozza offerta agli addetti ai lavori e al grande pubblico, diventando così - cito dalla corretta e giustificata autocaratterizzazione contenuta nel programma - il più grande progetto nazionale dedicato alla poesia e uno dei più seguiti nell'Europa centrale e sud-orientale.
Tenutosi quest'anno tra il 9 e il 15 settembre, il Festival ha riunito più di 100 poeti provenienti da 21 paesi, e ha offerto 57 eventi che, oltre a maratone di letture pubbliche dal vivo da parte degli stessi poeti (con la traduzione delle poesie proiettata sullo schermo), hanno incluso spettacoli, momenti di improvvisazione poetica, dibattiti, conferenze, laboratori per bambini e ragazzi, concerti, mostre, film documentari, ecc. L'inaugurazione ufficiale è avvenuta, come da tradizione, nell'elegante sala della Biblioteca Universitaria Centrale «Carol I», dove, oltre agli interventi dei padroni di casa (il protagonista assoluto, grande mago del progetto, Ioan Cristescu, direttore generale del Museo Nazionale della Letteratura Romena, e la direttrice generale della Biblioteca ospitante), il ministro della Cultura, Raluca Turcan, quattro ambasciatori (Croazia, Grecia, Serbia, Brasile) e numerosi altri ospiti hanno tenuto allocuzioni Seguite da una prima maratona di letture pubbliche e un eccezionale concerto. Fin dal primo giorno gli eventi, numerosissimi, si sono svolti in parallelo, in diversi spazi prestigiosi della capitale.
Prima di parlare della partecipazione dell'Italia, vorrei ricordare un'idea e un augurio espressi in apertura dal direttore Ioan Cristescu, cioè che il festival è dedicato alla poesia, poesia che, sebbene abbia attraversato tutti i secoli e tutti i continenti, rimanendo sempre viva, continua a essere indefinibile, e l’augurio era che rimanga viva e indefinibile. Ho voluto ricordare l'idea e l'augurio perché la mia esperienza di lettrice di poesie e, ancor di più, l'esperienza delle maratone di lettura, in tante lingue, offerte per quattordici anni da questo straordinario festival, mi hanno convinta che la poesia è veramente indefinibile e, in questo senso, è anche il territorio privilegiato della libertà.
Entrando nel tema dell'articolo, è bene ricordare che l'Italia è stata una presenza costante alle varie edizioni del Festival: poeti, editori, traduttori italiani vi hanno partecipato e hanno fatto sentire la loro voce e i loro progetti culturali. Il merito di questa costante partecipazione è collettivo: spetta innanzitutto all'Istituto Italiano di Cultura, che generosamente assicura la partecipazione degli ospiti italiani, poi a quel prezioso amico della lingua romena e della Romania, grande creatore di ponti tra la cultura italiana e romena, traduttore impareggiabile, quale è il professor Bruno Mazzoni, poi al poeta e traduttore poliglotta, direttore artistico del Festival, Dinu Flămând, che ama l'Italia e se ne prende cura anno dopo anno, e forse non ultimi gli italianisti del Dipartimento di italiano dell'Università di Bucarest, che sono costantemente coinvolti nella traduzione delle poesie presentate in italiano e in qualsiasi pubblicazione di un volume italiano.
Ma scopriamo le due poetesse di quest'anno. Loro venivano dopo che, nella precedente edizione, l'ospite italiano, il poeta Milo De Angelis, aveva ricevuto il gran premio alla carriera del festival e aveva lanciato la sua prima antologia di poesie in romeno tradotta dalle italianiste Aurora Firța Marin e Dana Barangea, pubblicata dalla casa editrice Humanitas di Bucarest nella prestigiosa collana bilingue Biblioteca Italiana.
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La prima in ordine di apparizione è stata Antonella Anedda con la quale ha debuttato, proprio in apertura del Festival, la prima maratona di letture pubbliche. Antonella Anedda è già nota ai lettori della nostra rivista – presentata (n. 1/2022) a seguito dell'assegnazione, per la prima volta, del premio Pavese per la poesia; è nota anche al grande pubblico romeno amante della poesia grazie alla silloge pubblicata dall'ottima rivista di poesia «Poesis International» (Bucuresti, n. 5/2022) nella traduzione di Dana Barangea. Ma prima ancora, nel 2020, era apparsa nell’importante antologia bilingue Poesia presente/ Poezia italiană de astăzi (Humanitas, collana Biblioteca Italiana, Bucarest, 2020, tradotta da Smaranda Bratu Elian e Aurora Firța Marin), dove Anedda sta accanto ad altri trenta poeti italiani contemporanei, nella selezione operata da Francesco Napoli. Le poesie selezionate da Napoli dall’opera dell’Anedda appartengono ai volumi Notti di pace occidentale, 1999, e Dal balcone del corpo, 2007: sono poesie lunghe, ma non narrative, bensì spezzate, costituite da una specie di folgorazioni o di apoftegmi sapienziali. Ripeto dalle impressioni del mio articolo del 2022, perché riguardano anche le brevi poesie lette per questa edizione del festival: l'apparente chiarezza degli enunciati e la loro profonda soggettività, la costruzione basata su dettagli, su percezioni frammentarie dietro le quali bisogna intuire miti personali. La sua poesia parla di solitudine, di precarietà, di perdite e di morte, ma soprattutto del potere ambiguo delle parole. Bisogna aggiungere che quest’anno, 2024, tutta la sua produzione poetica è stata raccolta in un unico volume pubblicato della Garzanti nella nota collana «Tutte le poesie», e che il suo ultimo libro Historiae (NYRB) ha ricevuto dall’Accademia Americana il premio Harold Morton Landon per la migliore traduzione in inglese.
Va anche detto che la poetessa, non potendo partecipare di persona, ha mandato la propria recita in un filmato, proiettato sul grande schermo proprio all’inaugurazione del Festival, e che le riprese erano affascinanti: una donna bellissima, espressiva, dalla voce inquietante. E poiché si tratta di voce, voglio citare un piccolo frammento della motivazione del premio Pavese ricevuto, come ricordato, da lei nel 2021, perché vi si evidenzia la maggior differenza rispetto all'altra poetessa presente al Festival. Il frammento dice: “La poesia di Antonella Anedda è kosmos (distesa di universo) perché la sua parola è eticamente tesa oltre la pronuncia, oltre colui che dà timbro a una parola che appartiene al mondo". Ebbene, per la seconda poetessa ospite, Mariangela Gualtieri, la poesia è prima di tutto pronuncia, è il timbro che dà impronta alle parole. Vediamo subito perché.
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Mariangela Gualtieri. Non conoscevo né il personaggio né la sua poesia. L'invito è stato fatto su suggerimento dell'amico della Romania di cui parlavo, Bruno Mazzoni, le cui antenne scoprono tutte le escrescenze delle due lingue e culture. A differenza di Anedda, la Gualtieri non mi risulta essere conosciuta in Romania, motivo per cui devo ricordare le poche cose che so di lei: è nata a Cesena, si è laureata alla prestigiosa Facoltà di architettura di Venezia, ha fondato a Cesena, insieme al regista Cesare Ronconi, il teatro sperimentale Valdoca di cui è un’instancabile animatrice. È poetessa, drammaturga, recitatrice e una fantastica ideatrice e realizzatrice di progetti in cui la sua poesia e la sua parola sono protagoniste. Ha pubblicato dieci volumi di poesie (due quest'anno) (per lo più presso la Einaudi), ha scritto un saggio poetico (L'incanto fonico. L'arte di dire la poesia, Einaudi 2022) e 11 opere teatrali, ricevendo vari premi letterari. Seguendo la sua attività su internet, ho scoperto un essere in continuo movimento, che va per l'Italia - e non solo - mettendo costantemente in scena e pronunciando teatro e poesia (se così si può dire): restituendo, cioè, alla poesia la sua forza primigenia, quella di affascinare tramite il suo suono. Vedendo alcune delle sue registrazioni di spettacoli di poesia, la immaginavo una donna maestosa, un po' severa e difficilmente avvicinabile.
Nel Festival era programmata per la sera del sabato, 14 settembre, durante un'altra maratona di letture poetiche, che si sarebbe svolta, secondo la tradizione, nel giardino del Museo Nazionale della Letteratura Romena, sotto il fogliame dei tigli. Lei seguiva dopo tutta una serie di poeti romeni e stranieri, chiamati uno per uno a leggere alcune poesie nella loro lingua. Le lingue erano diverse, le poesie erano diverse, le voci erano diverse. Ma c'era una certa monotonia in questa sequenza, tutti parlavano seduti sulla stessa sedia e nella stessa posizione, e leggevano dai fogli, dai libri o dai telefonini. E segue lei: piuttosto minuta, timida e infreddolita (perché cominciava a fare freddo). Doveva leggere le poche poesie che aveva selezionato e che venivano proiettate in simultanea sullo schemo alle sue spalle. Ma sorpresa: ecco che si alza in piedi e recita senza nessun foglio davanti a sé. Ed ecco che diventava maestosa, un po' severa e difficilmente avvicinabile: perché la sua recita era una musica solenne attraverso la quale le poesie acquistavano una forza e un significato insospettati. Conoscevo le poesie perché le avevo tradotte, ma ascoltate lì diventavano un grido e un richiamo.
Mi fermo qui. Ai lettori romeni di questo stesso numero offro anche qualche campione delle poesie presentate dalle due poetesse e prometto (anche ai lettori italiani) che le loro voci saranno sentite in romeno in nuove traduzioni.
Smaranda Bratu Elian
(n. 10, ottobre 2024, anno XIV)
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