Elio Pecora al Festival Internazionale di Poesia di Bucarest

Il 12 settembre 2022 ha luogo l’inaugurazione ufficiale della 12a edizione del Festival Internazionale di Poesia di Bucarest, in programma fino al 18 settembre. Come in ogni edizione, anche quest’anno, oltre alle migliori espressioni della poesia romena, saranno presenti numerosi poeti famosi da tutto il mondo. Grazie alla collaborazione del Museo della Letteratura Romena, principale organizzatore dell’evento, con l’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest e l’Ambasciata Italiana, abbiamo il privilegio di avere come ospite italiano il celebre poeta Elio Pecora. Siccome in Romania si sa pochissimo o quasi niente di questo grande autore, il Festival ci regala la felice occasione di questa prima presentazione ai lettori romeni. Ovviamente, durante il festival e dopo, il suo nome e la sua personalità appariranno in varie altre pubblicazioni romene. Con questo mio breve contributo cerco soltanto di fargli strada.

Chi è Elio Pecora? È, come molti protagonisti della sua generazione (è nato nel 1936), un letterato a tutto tondo, nel senso che ha scritto e pubblicato in quasi tutti i principali generi letterari, ha parlato, in qualità di critico e curatore di edizioni, di molti aspetti della letteratura italiana contemporanea, ha commentato e divulgato la letteratura attraverso i canali di comunicazione più accreditati in Italia. Testimonianze di questa breve caratterizzazione sono i 20 volumi di versi, i 9 volumi di prosa (che riuniscono vari generi letterari come romanzi, racconti, critica, diario, biografia, ecc.), 10 opere teatrali (la maggior parte rappresentata da prestigiose compagnie italiane) a cui si aggiungono altre tre radiofoniche, 6 libri per ragazzi – in prosa o in versi, 6 antologie di poesia italiana del ’900, la collaborazione costante con i grandi periodici italiani di letteratura e cultura. A questa prodigiosa attività dedicata alla scrittura si aggiungono l’intensa collaborazione con le radio nazionali (più di otto programmi RAI dedicati alla letteratura in generale e alla poesia in particolare), il numero impressionante di interviste e altre partecipazioni, nonché l’attività di direttore della rivista online «Poeti e poesia». Se la quantità del suo operato risulta chiaramente da quanto scritto finora, la qualità è attestata dai numerosi premi letterari che ha ricevuto negli anni, sia per la poesia che per la prosa e per la critica, e dal fatto che le sue poesie sono state pubblicate in numerose lingue (francese, inglese, portoghese, spagnolo, russo, arabo, serbo, olandese, ecc.).
Una produzione troppo vasta per parlarne dettagliatamente. Personalmente, gli sono molto grata per la cura dell’edizione delle poesie di Sandro Penna e la meravigliosa biografia dello stesso poeta (tradotto in romeno e pubblicato in edizione bilingue nella collana Biblioteca Italiana della casa editrice Humanitas di Bucarest, nel 2013). Al di là di questo contributo, Pecora è prima di tutto un poeta e come tale sarà recepito al festival e come tale lo presento qui.
Prima di offrire un’anteprima delle poesie selezionate dall’autore per essere lette di persona al Festival di Bucarest, propongo al lettore italiano, che può trovare una miriade di altre dichiarazioni in internet, una sola, colta da un’intervista del 2020, donde emerge una sua visione sulla poesia in genere, visione che, mi pare, illumina meglio i versi riportati sotto: «La parola dà vita al mondo, i sentimenti, gli atti, i gesti, i desideri, i sogni esistono in quanto possiamo dirli, significarli, e naturalmente alla poesia è affidato un compito in cui credo fortemente: è che la parola esatta, la parola chiara, la parola onesta – come diceva Saba – onesta nel senso che viene dal profondo, una parola che non gioca con le apparenze, nemmeno col letterario, si pone soltanto un compito: quello di dire il più chiaramente, il più esattamente possibile un’emozione, profonda, una visione sull’esistente».


Quadri cittadini

Torna la folla, ad assalire, a tenere                                                        
le mura strette della città fra le porte.
In mezzo ai gridi, alle risa, ai richiami,
anche minacce, anche parole d’intesa:
sgombro il futuro di ogni resa o castigo.

In cielo appare la luna del primo quarto,
il sole scende dietro terrazze e antenne.

Di tanti ognuno comprende nel buio cuore
l’urgenza estrema di questo andare insieme,
l’uno a fianco dell’altro, portando la norma
che viene prima del pane, prima del sonno,
e qui spinge e consuma nel giorno veloce.

*

Vanno: mani, piedi, volti                                               
-sterminata moltitudine di attese,
di speranze, di uguali
per fame, per morte,
l’uno l’altro cercando
che rassicuri, impedisca,
tutti compiendo destini
variamente intricati,
mai cessando dietro le arterie,
fin dentro il riso e il grido,
la paura di essere cacciati
da un recinto indifeso.

*
Certo intende il richiamo
“Vieni, Betty, pioviscola!”
la barboncina con le zampe pelate,
occhi rossi cisposi sotto il ciuffo di stoppa.
La vecchia strilla dalla porta di vetro,
gambe secche nelle calze cedute,
foulard scolorito sui capelli stopposi.
Ronfa al semaforo l’autobus,
il vento piega le canne,
d’improvviso Febbraio
torna alle sue regole strambe.

*

“Morti spariti si mostrano.                            
La madre dell’amico,
mai vista in vent’anni,
oggi, morta da un mese,
torna a metà del mattino:
i ricci sulla fronte ossigenati,
il ridere breve”.

 

*

L’uomo canuto parla
nel telefono grigio
-fuori una luce obliqua,
un tramestio, un rombo.
La voce s’inoltra
per cunicoli e fossi,
sale discende colline,
s’inerpica,
ansima, allenta,
ad altra stanza
dove un uomo torpido
esce dal sonno. Dice:
“Anche stanotte ho sognato.
Nella mia prima casa,
dall’ultima stanza
un passo,
udivo atterrito.
Continuo a cercare
il varco di quella paura.”

*

Nel giardino stretto a pianoterra
sul sedile sbrecciato,
fra i vasi delle zinnie e dei gerani
lascia pane agli uccelli:
cince, passeri, storni,
più volte di mattina una ghiandaia.

Ieri ha scavato sotto la magnolia
per seppellire la gatta
spirata di vecchiaia sul divano.

In due metri di terra
sono spariti i corpi,
nemmeno le ossa,
del lupo alsaziano là da sei anni,
della spinona, sepolta l’anno scorso,
sgravata due volte
di figli minuscoli morti.


Presentazione di Smaranda Bratu Elian
(n. 9, settembre 2022, anno XII)