Alessio Brandolini e il suo decimo volume di poesie

Alessio Brandolini è un poeta e un personaggio che avrei dovuto presentare ai nostri lettori già da tempo. L'ho conosciuto tre anni fa al Festival Internazionale della Poesia di Bucarest, che ogni settembre ci regala il meraviglioso dono della poesia universale recente; e l'ho incontrato di nuovo a gennaio all'Accademia di Romania in Roma, dove era venuto per assistere alla doppia presentazione delle recenti traduzioni di poesie di Milo De Angelis in romeno e di Dinu Flămând in italiano. Nel frattempo ricevevo regolarmente online, numero dopo numero, la sua stupenda rivista di poesia, e saltuariamente i suoi volumi di versi. Ora quando ho ricevuto il suo decimo volume di poesie, Il fuoco della luna, Edizioni Fili d'Aquilone, 2024, mi sono scossa dal torpore e ho sentito il bisogno impellente di condividere con i nostri lettori la mia sorpresa e le mie impressioni: sul suo eccezionale contributo alla diffusione in Italia della poesia universale recente e sulla poesia di questo decimo volume di versi. Perché sul decimo e non sui precedenti nove? Perché i precedenti nove – che senz’altro nominerò tutti nella breve scheda sull’autore – forse già conosciuti ai nostri lettori italiani, potrebbero (e dovrebbero) essere conosciuti anche ai lettori romeni di poesia: dato che di recente un’antologia bilingue dei suoi volumi precedenti, Sun și nu răspunde nimeni / Chiamo e nessuno risponde, è uscita presso la casa editrice Cosmopoli di Bacău ed Eikon di Bucarest, a cura (silloge e traduzione) di Eliza Macadan. Non posso non soffermarmi un momento per fare un elogio a questa meravigliosa persona, Eliza Macadan, poetessa e traduttrice (nonché giornalista, studiosa e ricercatrice), che da dieci anni pubblica instancabilmente poesia italiana contemporanea in romeno con testo a fronte. Più di altri italianisti o poeti e traduttori romeni, credo io, il puntuale aggiornamento della Romania sulla poesia italiana recente lo dobbiamo, parallelamente alla nostra rivista, a lei. Basta sapere che solo nel 2023 ha pubblicato ben 18 raccolte di poesie di altrettanti poeti italiani, tra cui quella già ricorda di Alessio Brandolini.

Prima di accennare al nuovo volume di versi del nostro autore riprendo brevemente il tragitto della sua lirica e il suo straordinario impegno nella diffusione della poesia in Italia. Alessio Brandolini è prima di tutto poeta: un poeta già conosciuto e affermato – come già visto – non solo in Italia. È nato nel 1958, vive a Roma, ha esordito relativamente tardi, nel 1992, cioè all'età di 34 anni, con una prima raccolta di poesie L'alba a Piazza Navona, inclusa nell’antologia 7 poeti del Premio Montale. Sono venuti poi, con cadenza abbastanza regolare, i volumi Divisori orientali (2002, Premio Alfonso Gatto – Opera prima), Poesie della terra (2004, poi anche in spagnolo), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007, anche in spagnolo), Tevere in fiamme (2008, Premio Sandro Penna), Il fiume nel mare (2010, finalista premio Camaiore), Nello sguardo del lupo (2014). Nel 2016 pubblica una prima antologia delle sue poesie scritte fra il 1992 e il 2014, Il futuro è un campo incolto; l’anno dopo pubblica, in collaborazione con Stefano Cardinali, un libro da lui stesso caratterizzato come «di poesia e arte», Il volto e il viaggio; e durante la pandemia dà alle stampe una seconda silloge delle proprie poesie, Città in miniatura (2021). Numerose sue poesie sono apparse in paesi europei e al di là dell’oceano. Oltre alla produzione poetica e alle numerose traduzioni, nel 2013 ha scritto anche il libro di racconti, Un bosco nel muro.

Ma, secondo me, altrettanto vasta e impegnativa quanto la produzione letteraria, è la sua instancabile attività di promotore della poesia: dal 2006 coordina la rivista online di poesia «Fili d’Aquilone», e nel 2012 fonda la casa editrice omonima. Entrambe meritano una breve presentazione. La rivista (https://www.filidaquilone.it), che si è proposta sin dall’inizio di dare spazio in Italia a voci nuove o poco conosciute della poesia universale recente, è trimestrale e tematica, cioè tenta a ogni numero di intrecciare i fili d’aquilone arrivati in volo da spazi letterari lontani o vicini in nodi tematici che diano una coerenza e un orizzonte comune a poesie atterrate da tutto il mondo. Cito solo alcune tematiche per dare l’idea della diversità e della sorprendente apertura della rivista: Il filo spinato della memoria (n.1), Cuore d’Africa (n. 2), Nel cosmo (n. 20), Silenzio (n. 38), Consenso e dissenso (n. 49), Fiabe & Follia (n. 54) ecc. Ogni numero offre traduzioni di poesie straniere recenti, nuove poesie italiane, racconti brevi (incontro con piacere il nome di un autore amico anche della nostra rivista, Armando Santarelli, e tanti altri che abbiamo conosciuto grazie ai nostri Orizzonti culturali italo-romeni), recensioni, presentazioni di volumi, saggi. Tutto un universo, vario e variopinto, che offre un’immagine caleidoscopica dello stato attuale della poesia nel mondo. La casa editrice Fili d’Aquilone raggrupa a sua volta i volumi pubblicati in più collane: la prima e la più ricca, I fili, conta ben 61 titoli, prevalentemente raccolte di poesia straniera recente, la collana I fili d’oro propone raccolte di poesia diventata, in un modo o in un altro, classica (per esempio Emily Dickinson), la collana Gli spilli ospita racconti e saggistica, I segni accoglie volumi ibridi (pluridisciplinari), mentre la collana I nodi, ancora all’inizio, è dedicata ai poeti italiani contemporanei. In questa collana è uscito quest’anno il decimo volume di Alessio Brandolini, Il fuoco della luna, di cui voglio riferire brevemente, tanto l’opinione dell’autore quanto le mie impressioni.      

Il libro è strutturato in 4 sezioni, ciascuna preceduta da un motto di un autore straniero. Le poesie sono brevi e, sebbene in versi bianchi, hanno un certo ritmo interiore (come ogni poesia contemporanea che non finisce in prosa) e una certa collocazione sulla pagina che le definisce immediatamente come poesie. Il titolo di ciascuna indica, a mio avviso, una direzione interpretativa. Per quanto riguarda la sostanza, citerei prima l'opinione dell'autore, per poi esprimere la mia. Nella propria presentazione l’autore definsce il volume così: «è un originale diario in versi che ricostruisce il flusso dei giorni, dei pensieri e le emozioni che li hanno accompagnati. Scandito in quattro movimenti delinea un immaginario sofferto, dolce e sospeso che sembra appartenere a un unico narratore ma è una visione del mondo pronunciata da persone che, come viandanti o visitatori di un museo, hanno lasciato una traccia su queste pagine. [...] La fusione tra emozione e desiderio avvicina al canto misterioso della luce e alla indispensabile leggerezza per affrontare la propria inquietudine e quella del mondo. Il fuoco della luna (tra fiabe, prodigi e visioni) ricuce gli strappi tra presente e passato, tra sogno e realtà nella consapevolezza che “le cose che arrivano sono sempre / belle anche se a volte ci strapazzano, ci spaventano”».  Quest’ultima frase, un’autocitazone (che chiude una delle poesie), riassume, secondo me, la «morale» dell'intero volume. Sono perfettamente d'accordo con la visione dell'autore, ma la polifonia che suggerisce non riesce a coprire la voce del suo io, del suo stato d’animo, perché in ogni poesia lui è presente; e anche quando parte da una visione, da un ricordo, da un lampo della mente, dalla presenza di un elemento o di un’immagine della natura, la poesia scivola poi verso uno sguardo disilluso su di sé, verso un esame di coscienza. Allora sorgono le cose non dette o non fatte, i rimorsi, gli sbagli, gli errori quotidiani in una relazione, il più spesso con chi gli è vicino o familiare, la costante insoddisfazione di sé:

Sono molte le cose che vorrei dimenticare
senza perdere nulla di ciò che è stato
neanche il male, le cicatrici, le delusioni.

Eppure, il più delle volte tale insoddisfazione, si riscatta, e ciò in due modi: o in una gioia cosmica, donata dalla natura (la luce del mattino, il fuoco della luna... ecc.):

Lassù una luna in fiamme che scalda:
un fuoco in fuga nello spazio siderale
ed ecco la gioia che entra nelle vene
fa scintille nel cuore, tra muscoli e ossa.

oppure una spintarella che il poeta dà a sé stesso, esortandosi (a volte in seconda persona o in modo impersonale) a prendere le cose diversamente, perché, in fondo, tutto quello che ci accade vale la pena di essere conosciuto, sperimentato, vissuto:

... La luce dell’alba filtra
dal vetro e afferma: «Non fare altre pazzie, resta
in silenzio, non mentire a te stesso, fai una pausa,
conta le foglie e tra le nuvole avanza un passo
dietro l’altro, ogni focolare si nutre di polvere
e fumo»...

Oppure:

Devo imparare a prendere le cose così come
vengono, non arrabbiarmi se tutto sprofonda
e poi trovo le porte sbarrate, se provo a fare
qualche passo e mi attende il vuoto...

Secondo me, il volume ci offre un'oasi possibile nel pessimismo piuttosto diffuso nella poesia recente e una lettura benefica. Anche per questa ragione ne raccomando la lettura.







Smaranda Bratu Elian
(n. 7-8, luglio-agosto 2024, anno XIV)