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Alla scoperta di un mondo, di uno stile, di una persona: Laura Imai Messina
Nel giugno 2020 raccontavo ai lettori della nostra rivista di un libro che stava per uscire – la traduzione di Quel che affidiamo al vento, libro meraviglioso e insolito, che ha poi goduto di un meritato successo, un libro scritto da un’italiana «naturalizzata» giapponese: Laura Imai Messina. In questi giorni la scrittrice si trova a Bucarest, in occasione della presentazione del suo secondo romanzo tradotto in romeno, Le vite nascoste dei colori (Viețile secrete ale culorilor, Humanitas Fiction, 2023. Traduzione dall'italiano e note di Cristina Gogianu), presso la libreria Humanitas di Cișmigiu, poi del dialogo con le sue traduttrici organizzato dall'Istituto Italiano di Cultura di Bucarest.
Prima di parlare di questo secondo romanzo proposto ora ai lettori romeni e della presenza dell'autrice a Bucarest, voglio ricordare brevemente chi è lei: Laura Messina (sposata Imai) è nata a Roma nel 1981 e a Roma ha fatto gli studi, finiti con una laurea in lettere presso l'Università La Sapienza. Esordiente a Roma, la sua vita prese una svolta inaspettata e decisiva quando si innamorò del Giappone: prima della bellezza dei grafemi giapponesi, poi della lingua giapponese, poi del Paese stesso, dove si stabilì a ventitré anni ridefinendo completamente il suo percorso esistenziale; lì conseguì una laurea in culture comparate all'International Christian University, poi un dottorato presso la Tokyo University of Foreign Studies; ora insegna lingua e cultura italiana in diverse prestigiose università giapponesi, è sposata con un giapponese ed è felicemente integrata nella sua famiglia, ha due figli italo-giapponesi e una produzione letteraria in italiano pubblicata da importanti case editrici italiane. Inoltre mantiene dal 2011 il blog Giappone, mon amour (ora sul sito lauraimaimessina.com) dove viene in gran parte svelato l'essere che sta dietro i suoi libri, ma soprattutto il suo grande amore per il paese di adozione. Nel frattempo collabora con noti quotidiani italiani, come «La Stampa» e «La Repubblica», e da non molto ha coordinato una serie di programmi RAI in occasione di importanti competizioni sportive internazionali. In scarse e asciutte parole, è questa l'autrice che presentiamo qui. Ma questo è solo l'epitelio della sua persona, perché il corpo vivo del suo essere si scopre, sembra a me, nei suoi scritti.
Il suo primo romanzo, Tokyo Orizzontale, Piemme 2014 – storia di quattro giovani che si intersecano a Tokyo in tre giornate che cambiano la loro vita – inaugura alcune delle costanti della creazione successiva dell'autrice: la presenza determinante del mondo giapponese, l'incrocio di culture e di civiltà, il tema dell'incontro casuale che riconfigura le esistenze, il finale ottimista. I due volumi successivi, entrambi pubblicati nel 2018, aprono entrambi nuove linee guida per le opere successive: il romanzo Non oso dire la gioia, Piemme, che, pur spostando il dramma a Roma, è segnato dal Giappone nel suo stesso nocciolo duro, nocciolo che inaugura un altro tema fondamentale dell'autice, ovvero l'amore che ridefinisce la propria vita, amore che però fallisce o si compie all'interno della famiglia, nella stratificazione storica di questa; e il bestseller, pubblicato dalla Vallardi, WA. La via giapponese all'armonia (un viaggio attraverso 72 parole giapponesi che racchiudono il fascino e l'essenza del Giappone) – libro che impone poi un altro tema prevalente nel futuro, ovvero il potere delle parole di rivelare e definire la realtà. Nel 2020 esce in Italia, sempre presso la Piemme, Quel che affidiamo al vento (in romeno Ce încredințăm vântului, Humanitas Fiction, 2021, tradotto da Smaranda Bratu Elian), presentato nell'articolo che menzionavo all'inizio. Il successo di questi ultimi due libri fa sì che i due successivi escano presso la Einaudi: nel 2020 Tokyo tutto l'anno – Viaggio sentimentale nella grande metropoli, classificato come un romanzo ma che, in realtà, è esattamente quello che annuncia il titolo, un viaggio sentimentale attraverso la città prediletta di Laura Imai Messina, la città che lei ama senza riserve e che per lei è il luogo-re del mondo e della sua creatività; un libro che l'editore definisce «un'autobiografia in forma di città, una lettera d'amore enciclopedica indirizzata alla metropoli e ai suoi abitanti», e che intreccia luoghi, personaggi, cibi, leggende, sogni con le meravigliose illustrazioni firmate da Igort.
Appena un anno dopo, cioè nel 2021, frutto della clausura imposta dalla pandemia - come confessa l'autrice nelle ultime pagine – esce, sempre presso l’Einaudi, il romanzo Le vite nascoste dei colori, il romanzo di cui parlererò in seguito e che la scrittrice presenta in questi giorni a Bucarest ai lettori romeni. Ma nello stesso anno, poco prima, la casa editrice milanese Salani, che dedica un'ampia sezione del suo catalogo ai libri per i ragazzi, aveva pubblicato il suo libro Goro Goro-La pesca della stella, il viaggio di Daruma e altre storie japponesi – fantastiche invenzioni per bambini sull'ordito di varie leggende nipponiche, meravigliosamente illustrate da Filippo Giordano – libro che ha vinto il premio «Laura Orvieto» per la Letteratura per i piccoli e che – ce lo mostra l’internet – delizia l’ora della buona notte ai bambini e alle mamme d’Italia.
Il suo romanzo più recente L'isola dei battiti del cuore esce l'anno successivo, più precisamente in ottobre 2022, presso la Piemme. Recentemente, nel suo blog, Laura Imai Messina confessava di essere appassionata di film documentari, soprattutto quelli giapponesi che raccontano, nel dettaglio e nel profondo, di un luogo poco conosciuto. Le due caratteristiche (nel dettaglio e nel profondo), necessariamente complementari, e che descrivono anche lo stile dell'autrice, certamente la ispirano, perché, come in Quel che affidiamo al vento, anche in questo recente romanzo – che leggeremo fra poco anche in romeno – la storia si sviluppa attorno a un luogo reale e allo stesso tempo magico: Teshima, un'isola dell'estremo sud-ovest del Giappone, dove in un piccolo edificio (in realtà un museo), si trova l'archivio dove sono catalogati i battiti di milioni di cuori di tutto il mondo; a questo luogo è collegata la commovente storia di un'insolita amicizia che riscopre il valore creativo della memoria e dà un nuovo senso alla vita dei protagonisti, un senso che potrebbe essere chiamato felicità. Il libro è stato proposto nel 2023 per il premio Strega, come si sa, il più prestigioso premio letterario italiano.
Ho voluto ripercorrere, anche se di corsa, i libri di Laura Imai Messina per tentare di rendere poi tanto la singolarità del romanzo che si presenta oggi al pubblico romeno, sia le caratteristiche che lo integrano in quello che, d'ora in poi, chiamerei il mondo e lo stile dell’autrice.
Inizio a parlare de Le vite nascoste dei colori dicendo che è un grande piacere leggerlo in romeno. Confesso che un traduttore (quale sono) legge qualsiasi traduzione con particolare attenzione e con un occhio critico, pescando le eventuali inabilità. Invece la traduzione di Cristina Gogianu è meravigliosa, scorrevole e sensibile alle più piccole sfumature dell'originale (che sono moltissime). Per me è una nuova e felice occasione di congratularmi con la nuova e giovane generazione di italianisti che si stanno affermando nel campo della traduzione. Il romanzo si svolge a Tokyo e nelle zone circostanti collegate alla metropoli da un'onnipresente rete ferroviaria. Ed è la storia di un amore felice.
Le storie di Laura Iman Messina sono storie ordinarie (non banali) che nascono da un dato straordinario, e quel dato iniziale rende le cose complesse e difficili. Nel caso del primo romanzo tradotto nel nostro Paese, Quel che affidiamo al vento, il dato iniziale è l’esistenza di un telefono pubblico (realmente esistente) non connesso alla rete dove le persone materializzano la propria illusione di parlare con i cari defunti. L'amore a lieto fine è attentamente costruito attorno a questa presenza sconvolgente della morte e dei morti. Ne Le vite nascoste dei colori il dato iniziale insolito, che costringe l'amore dei protagonisti a sondare inconsuete profondità, è la diversa costituzione dei due personaggi, quella naturale e quella delineata dall'esperienza di vita di ciascuno. La donna, Mio, principale protagonista del romanzo, ha un dono innato: quello di distinguere migliaia di sfumature di colori (nel linguaggio scientifico è tetracromatica) che gli occhi comuni non riescono a percepire. Da questo dono dipende il modo in cui lei costruisce il proprio linguaggio: perché le sfumature che lei percepisce devono essere espresse attraverso metafore sorprendenti e complesse, incomprensibili per gli interlocutori; dipende dal modo in cui lei vede, pensa e giudica il mondo: perché ogni persona, ogni momento, ogni stato d’animo si definisce nella sua mente tramite un colore; e dipende o piuttosto è dipendente dalla propria esperienza familiare – di antichi e raffinati creatori di kimono nuziali, dove a colori e sfumature si aggiungono tessiture, linee, movimenti, fruscii, espressioni uniche; e dipende anche il suo destino professionale perché, dopo essersi laureata in arte, lavora come esperta in un negozio di materiali per dipingere, dove si trova di tutto e di più, e che è anche un centro di creazione (ipotizzo che questo negozio, «Pigment», esista davvero e che sia stato esso ad innescare l'immaginazione dell'intera storia) e di consulenza di interior design. Perché i protagonisti di Laura Imai Mesina hanno sempre un mestiere e un lavoro che li colloca in un contesto e in un luogo specifici. Ma soprattutto hanno tutti una storia, che non è solo personale ma è anche familiare: come nei romanzi classici (intendo quelli dell'Ottocento) hanno una famiglia con personaggi ben definiti, dai destini ben seguiti, che ha un'importante riverberazione nei pensieri, negli animi e nel destino dei protagonisti. Quindi anche nella vita di Mio c'è quella radice forte, che in buona parte la determina, che è la famiglia.
La costituzione naturale dell'altro protagonista, l'uomo, l'amato, Aoi (vengo a sapere che questo nome significa Azzurro), è diametralmente opposta: Aoi è daltonico e, per difendersi dalla visione distorta del mondo, ha imparato a passarci sopra. Anche Aoi ha un lavoro e una famiglia, anzi un lavoro ereditato dalla famiglia: è impresario di pompe funebri. Suo padre gli ha trasmesso sia l'amore per il giardinaggio, la sensibilità tattile e olfattiva che il contatto con la terra crea, sia una comunicazione immediata e comprensiva con le persone che accompagnano i propri cari nel rito funebre. Con la stessa naturalezza con cui Mio si muove nel mondo vivente dei colori si muove Aoi nell'universo della morte. E noi lettori, mentre apprendiamo l'infinita raffinatezza dei kimono nuziali della famiglia di Mio, apprendiamo in dettaglio il complesso rituale funebre giapponese coltivato da Aoi. Matrimonio e sepoltura, vita e morte, nella sottile, delicata e antica tradizione giapponese.
La loro storia d’amore, pigmentata (per rimanere nel linguaggio dei colori) con un vecchio intrigo familiare, vi invito a scoprirla da soli. Ciò che mi interessa qui è mostrare come costruisce Laura Imai Messina il mondo dei suoi personaggi, o per meglio dire il mondo, e come costruisce i suoi libri.
I suoi personaggi affrontano sempre, in un modo o nell'altro, le pietre miliari dell'esistenza, l'amore e la morte – e per questo parlano a tutti noi. Essi appartengono alla classe media e le loro tribolazioni sono spirituali, intime e individuali, cioè non sono toccate dai problemi hard del mondo, quelli economici, sociali, politici. Quindi non sappiamo mai come gestiscono i loro soldi, se militano in un sindacato o in un partito, se si pongono domande sull'andamento del Paese. Questo li porta fuori dalla società e dal tempo? No. Perché loro sono immersi nella piccola quotidianità che descrive un mondo ben reale e presente: viaggiano in treno o in macchina attraverso luoghi puntualmente indicati, acquistano prodotti puntualmente indicati in negozi puntualmente indicati, frequentano piccoli ristoranti puntualmente indicati dove mangiano piatti precisamente nominati, assistono ai rituali tradizionali precisamente descritti ecc. Laura Imai Messina ha un culto speciale del dettaglio che conferisce autenticità al mondo in cui si dipana la storia del libro. Ma questa sensazione di autenticità scaturisce anche da altre due fonti, che invece appartengono allo stile dell'autrice e lo caratterizzano. Prima di nominarli è opportuno citare altre caratteristiche stilistiche, quelle che facilitano la lettura e contribuiscono al successo del libro presso il pubblico e che sono ormai frequenti nei romanzi commerciali recenti: i capitoli brevi, incentrati su un unico tema, e l'alternanza cinematografica delle scene. Ma torno alle due fonti di autenticità proprie dell'autrice: una è l'uso frequente, con valore emblematico, di denominazioni giapponesi, trascritte in giapponese, di oggetti, qualità o stati d’animo che, secondo la scrittrice, non possono essere completamente resi in un'altra lingua – in varie recensioni lette da me online sembra che alcuni lettori (italiani) siano disturbati da questa mania (e forse dovrebbero farsi psicanalizzare). A me sembra, al contrario, che questa scelta sia determinante per la costruzione di quel mondo estraneo ma tanto amato, di cui la parola e la sua forma sono parti integranti di sé, della sua civiltà. La seconda fonte è un espediente utilizzato più volte nei suoi romanzi, ovvero quello di framezzare la narrazione con brevi inserti che commentano, nei registri più diversi, un aspetto solo accennato prima. Essi, direi, ci riportano con i piedi per terra o, se si vuole, fissano la finzione nella realtà. Alle caratteristiche stilistiche specifiche dell'autrice, prominenti in questo volume, ne aggiungerei altre due: i paragoni estremamente suggestivi e le brevi illuminazioni sapienziali che danno un improvviso spessore a osservazioni apparentemente banali e che ci obbligano a rifletterci. Mi fermerei qui, lasciando che siano i lettori a scoprire da soli la specificità e la bellezza di questo mondo, di questo stile, non prima di riassumere l'impressione che mi ha lasciato il contatto con la stessa persona Laura Imai Messina.
La mia presenza ai due incontri con l'autrice e il dialogo diretto con lei mi hanno lasciato la seguente sensazione: di un essere musicale, cioè in armonia con sé stessa e con il mondo, un'armonia che si ricalibra costantemente con l’aiuto dalla perpetua alternanza tra le due patrie e le due lingue, rifiutando sterili paragoni e gerarchie. Vive questa alternanza come un privilegio, come una prova tangibile della complessità e diversità del mondo, di cui ha bisogno non solo spiritualmente ma anche fisiologicamente, e che lei, quasi istintivamente, restituisce al mondo attraverso i suoi scritti. È un essere di una delicatezza e di una forza speciali che – a giudicare dagli amori e dalle amicizie dei suoi romanzi, che, dopo le varie tribolazioni tangenti alla sofferenza e alla morte, si concludono con una totale compiutezza – voglio dire, guardando al lieto fine dei suoi romanzi – credo che lei abbia, anche se forse non lo sa, la vocazione della felicità.
Smaranda Bratu Elian
(n. 5, maggio 2024, anno XIV)
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