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Due Trovatori del nuovo millennio: Vivetta Valacca e Dieter Schlesak
In questi tempi incerti, minacciati di continuo da violenze, superficialità e indifferenza è davvero una rarità leggere d'amore. Che sia cortese, galante o erotica, la poesia d'amore è non solo una sfida ai tempi ma anche un inno alla vita e al motore di tutte le cose. Scriverla è un atto di fede, un gesto di lotta, un anelito di speranza anche se di una complessità estrema. Necessita, infatti, di una profonda introspezione nell’intimo dell’io lirico e nei modelli letterari che lo hanno formato. Non basta perciò provare un sentimento d’amore per poter scrivere poesia d’amore; per farlo è necessario indagare nelle pieghe, sempre mutevoli, del sentimento e delle parole che lo esprimono, è necessario, cioè, saggiare gli aspetti e le sfumature dei sentimenti insieme alle capacità della lingua di riprodurle per coinvolgere un lettore o un ascoltatore.
Quanto si presenta sulle pagine di Vivetta Valacca e Dieter Schlesak, Parafrasi d’Amore (Book Editore 2019) trae implicitamente le sue origini dalla lirica trovadorica, dall’Amor Cortese. Ci si imbatte, infatti, in un tessuto prezioso fatto di nobiltà del sentire e gentilezza dell’agire; un tessuto nel quale gli «Amanti» si avvolgono per consumare nella pienezza il loro rapporto emotivo. Brevi incontri, frasi icastiche e silenzi siderali, misurano distanze e vicinanze dei due, dettando al tempo stesso il ritmo della parola.
Si è, dunque, in presenza di un dialogo tra due io, un principio maschile ed uno femminile evidenziati dal carattere in tondo l’uno e dal corsivo l’altro. Non solo. Si tratta di un dialogo interculturale dove all’uno e all’altro sono collegati parametri linguistici e letterari differenti, italiano e tedesco, che arrivano a fondersi nell’atto della dichiarazione poetica.
L’io interculturale di lingua tedesca, già presente in maniera determinante nella raccolta Luce/Licht, fa capolino con parole quali Wiederhall e Sehnsucht, (Si alza la notte) eco e nostalgia, intraducibili però nella loro originaria pregnanza culturale. Riecheggia così il fermento romantico della liederistica di Schumann e Heine, insieme alla grande tradizione sinfonica d’oltralpe, che partendo dall’Eros orchestra ad arte moti di desiderio e di appagamento, di ascesa e caduta nei grandi interrogativi dell’esistenza. Musica e parola, o musica della parola che si sublima nel canto.
Le parole del desiderio, mai crude ma sempre delicate, vibranti o malinconiche, esprimono una ricerca estetica sulla lingua che rende possibile riverberare la moltitudine di pulsioni e sensazioni legate all’amore spirituale che non può non divenire anche fisico se autentico. Risultato di questa sfida continua e appassionata è la consapevolezza di un’identità di fondo tra erotismo e scrittura (Riversiamoci).
Il poeta non può sottrarsi alla malìa delle passioni. Desideri frustrati o appagati, allusioni maliziose, giochi sfrontati, confessioni inaffidabili, invettive, ripulse e quanto altro, lo investono senza che egli vi possa opporre resistenza. A lui tocca imbrigliare e rendere in forme estetiche attraverso la maestria dei versi, dei ritmi e delle scelte lessicali, tutto quell’universo.
Qui si è oltre. Le barriere sono cadute. Qui i due io si sono messi in gioco e godono appieno del donarsi a vicenda. Si materializza in sintesi un percorso, un viaggio bruciante e raffinato, soggiogato al mero altalenare delle pulsioni e al vorticare dei sensi, che attraverso l’eros conduce al centro dell’universo.
I due io si sono spogliati del ruolo di portavoce pubblici, assurgendo al ruolo di sismografi dell’esperienza d’amore, fermando nei versi, con delicatezza e abilità, la tensione generata dall’essere giunti al principio assoluto della natura. La carne, il desiderio, la passione si fanno parola che trascina, coinvolge, seduce (La tua pelle/La mia pelle; Sempre il corpo/Segno).
È un nuovo stile quello che si inaugura nell’ambito del nostro tema. La poesia interviene a salvare dall’oblio le passioni insieme alla loro drammatica problematicità grazie al riscatto di un dialogo che si svolge in piena libertà.
Un dialogo tra un principio maschile teso a fronteggiare un profluvio di sentimenti e sensazioni inattesi, sconosciuti. Teso, senza speranza, a riconoscerle, classificarle, governarle, per poi esserne al termine letteralmente travolto. Si dispiegano così metafore ignee, siderali, ferali, salvifiche, per catturare quelle angosce quotidiane e conferirle al nucleo incandescente della passione.
Un principio femminile esuberante, gioioso, generoso, incurante del prima e del dopo, inebriato dall’attimo ineffabile che Fortuna ha voluto regalarle: consumarsi nella fiamma dell’amore più profondo. Un io femminile al tempo stesso languido, tremante, sensitivo, dolorosamente materno. Sgorgano così metafore marine e aeree, floreali e pietrose che, accorte e sensibili, leniscono le ferite quotidiane dell’altro, dissolvono le ombre della vita ordinaria (Oceano dentro è l’amore; Nient’altro che un prato di pietre...)
Non si può non essere coinvolti dall’ascolto del dialogo di queste voci. Seguirlo significa ripercorrere quell’esperienza umana che ciascuno ha vissuto almeno una volta nella propria esistenza; un’esperienza attorno alla quale si sono cimentati tutti i grandi della poesia perché: «È vero: senza amore non si scrive poesia» (Nel mare profondo come il cielo).
Si inanellano così molteplici reminiscenze letterarie, vivificate dai versi di Vivetta Valacca e Dieter Schlesak, che rimandano al retroterra culturale dei due poeti. Per un verso si palesa un arco di dialoghi d’amore che va dall’intimo tappeto tibetano (Ein alter Tibetteppich) di Else Lasker-Schüler, alla eruttività vulcanica dello scambio di liriche tra Hatem e Suleika nel West-östlicher Divan di Goethe. Per altro canto accade qui, come nella raccolta precedente,che al pari del Dolce Stil Novo di Dante, si esprimano all’unisono con la tecnica della dolcezza: «non soltanto la sublimazione, la lode angelicata … ma anche la malinconia, il dolore, il senso della morte, l’angoscia e la ‘paura’ d’amore». (Mario Marti, Storia dello Stil Nuovo. Lecce 1972)
Parafrasi D’Amore non tratta, e lo si può affermare con piena legittimità e facoltà di prova, di una infatuazione, o d’una esaltazione oppure di una ossessione d’amore, bensì della consapevole agnizione del sacro principio vitale.
È PROPRIO VERO CHE LO SPIRITO
quando è davvero sveglio
e presente non conosce
situazioni senza uscita? Credere Certezza
l’elargizione della felicità dipende da questo
Ma all’origine di tutto ciò che esiste
c’è l’amore che ti tiene
come un dio nascosto
che si mette fra di noi
È un SÌ alto questo ponte
verso l’esistenza senza morte
l’Uno che siamo solo noi
quello che noi siamo solo nell’abbraccio
il QUI
suona allora
come Eden
IO SONO
per il mio Amato un giardino fiorito
profumato
io sono
vita che vive
entrata dentro
in fondo più a fondo
in ogni fibra
e non distinguo il mio corpo dal suo.
Soltanto
specchio per gli occhi
è essere due
e per le mani
fatte per toccarsi
e per le bocche
che tornano a unirsi.
Io sono
per il mio Amato
e Lui per me
e tutto questo universo
così infinito
serve soltanto
come sfondo
per questa sola unica storia
che è la nostra
fibra che arde
Poesia assoluta
sciolta dal foglio
fattasi carne
vita che vive
in corsivo le liriche di Vivetta Valacca, voce femminile
in tondo liriche di Dieter Schlesak, voce maschile
Pasquale Gallo
(n. 5, maggio 2019, anno IX)
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