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«L'agonia dell'Occidente», il carteggio tra Cioran e Wolfgang Kraus
Durato quasi vent’anni, il carteggio intrattenuto da Cioran con il filosofo della cultura austriaco Wolfgang Kraus, in uscita presso le edizioni Bietti (L'agonia dell'Occidente. Lettere a Wolfgang Kraus 1971-1990, pp. 440, € 24,00), con le sue centocinquantotto lettere si presenta come uno dei più ragguardevoli tra quelli ad oggi pubblicati dello scrittore romeno.
La scoperta e trascrizione di questo carteggio si deve al prof. George Guţu dell’Università di Bucarest. La signora Gertrude Kothanek, compagna di Wolfgang Kraus, ha scelto e trascritto i brani dei Diari. Gran parte delle note è stata redatta dal prof. Thomas Angerer, storico dell'Università di Vienna nonché figlio di Wolfgang Kraus, molte altre da George Guţu e alcune da Gertrude Kothanek. Una prima edizione in romeno è uscita nel 2009 per Humanitas. Per quella italiana è stato rivisto il manoscritto, sono state integrate le annotazioni e, oltre a qualche lettera, sono stati aggiunti numerosi brani del diario. La pubblicazione dell’originale in lingua tedesca è attualmente in preparazione.
L’incontro tra Cioran e Wolfgang Kraus avviene in occasione della traduzione in lingua tedesca del Mauvais démiurge per i tipi della casa editrice Europa di Vienna, dove Kraus allora lavorava. Ne nasce un appassionante connubio intellettuale, che germoglia ben presto in una sincera amicizia, testimoniata dall’intenso scambio epistolare e dai numerosi incontri.
L’orizzonte che fa da sfondo al dialogo epistolare è quello della crisi della cultura europea, prefigurata dallo sgretolamento dell’Impero asburgico e sclerotizzata, nel secondo dopoguerra, in una geopolitica dei blocchi contrapposti. Le lettere a Kraus registrano in presa diretta, tra le altre cose, le spietate analisi di Cioran sull’attualità politica e sul destino dei popoli; i timori per l’avanzata dell’egemonia sovietica e le sferzate contro il culto vacanziero, «nuova religione» dell’Occidente; le mortificazioni dovute alla propria condizione di «forzato della penna» e le caustiche considerazioni sulle stravaganze del mondo letterario.
Entrambi affetti da «chiaroveggenza politica», sia Cioran che Kraus, da abitatori dell’Occidente – nel senso etimologico ed epocale di Terra del tramonto –, convengono nel diagnosticare la malattia europea nella mancanza di «un punto d’orientamento da una categoria fondamentale», nello svuotamento della religione e nell’inaridimento della vita spirituale. Tradotto in termini cioraniani, l’Occidente si trova ad affrontare la fase finale della propria parabola storica, avendo esaurito le «disponibilità metafisiche» ed essendo del tutto privo «di riserve sostanziali d’assoluto».
Nel carteggio con Kraus, lo spettro del «pericolo russo» che aleggia sull'Europa diventa per Cioran un’ossessione che rasenta l’incubo. Rispetto al decrepito Occidente, l’Impero sovietico, con la sua sterminata estensione e compattezza ideologica, gode di una schiacciante longevità, in grado di incutere un giustificato timore in chi, come Cioran, vede i propri familiari perseguitati dalla variante romena del socialismo reale. In Francia, ad ogni tornata elettorale Cioran teme il peggio, ovvero la presa del potere da parte dei comunisti occidentali – convinto com’è che i sovietici non abbiano bisogno di occupare, poiché già insediatisi tramite i partiti.
Già da tempo l’Europa non ha più fede in se stessa, e una civiltà che non crede più nei valori che ha generato non ha futuro, mentre la Russia, «il cui spirito aderisce ancora alla terra, al sangue, alla carne», non ancora fiaccata dal «virus della libertà», possiede ancora un destino, persino dopo la caduta dell’URSS: «I Russi non sono fatti per la libertà e gli Europei d’Occidente sono troppo stanchi per difenderla».
Di fronte alle minacciose armate sovietiche, le uniche «divisioni» leggere che l’Europa è in grado di mobilitare sono quelle dei villeggianti, pellegrini della «nuova religione» d’Occidente: la vacanza. Già Kierkegaard notava come la nostra epoca, tragica e comica a un tempo, ricordasse quella del disfacimento dello Stato greco: «Tutto rimane ancora in piedi, solo che nessuno più vi crede». Il soffio vitale che animava le istituzioni tradizionali è svanito per sempre, lasciando il posto a una stanchezza secolare che paralizza l’intero continente. In tale vuoto culturale ha prosperato l’ingordigia economica, guidata dal folle miraggio di una crescita infinita, di cui l’odierna deriva finanziaria è solo l’ultima degenerazione, la convulsione finale di una lenta agonia che attraversa tutto il Novecento europeo, incapace com’è di ripensare i propri valori e generare nuove utopie sostenibili.
La libertà, come d’altronde la felicità, è percepibile solo per via negativa, nell’oppressione e nella privazione – come mancanza, insomma. Quand’è realizzata e sfrenata come in Occidente, diventa un concetto evanescente, impalpabile, oppure decade a mera licenziosità, foriera di un’ansia che divora se stessa, risucchiata dalla vertiginosa indeterminatezza di un possibile senza limiti. L’horror vacui spinge la libertà a una trasgressione continua, fino a demolire le condizioni stesse del suo sussistere, ovvero capovolgendosi nel suo contrario. Al punto che, nota Cioran, a Parigi, nel cuore stesso dell’Europa libera, in preda a isterismi collettivi «si parla di RIVOLUZIONE, sebbene quasi tutti sappiano che un evento del genere sarebbe un vero inferno». Come dire: «Storia ed equivoco sono sinonimi»…
A sconcertare di più, incalza Cioran, è l’ingenuo entusiasmo di certi maîtres à penser (tra i quali Sartre, Althusser e Baudrillard) pronti ad inneggiare al «terrore organizzato» della Rivoluzione culturale maoista, o, addirittura, a deificare un «boia con pretese ideologiche» quale Stalin. Il culto esotico votato alle divinità straniere nasconde in Europa il nichilismo culturale imperante, santificando così l’intolleranza e un totalitarismo d’importazione. Il comunismo in Occidente? «Fascino del terrore in un mondo vuoto».
Quanto all’America, «misto d’ingenuità e corruzione, è incapace di guidare la politica mondiale». Inoltre, l’attentato al presidente Reagan del 1981 – che, nella perversa logica finanziaria, provoca addirittura un deprezzamento del dollaro – mostra a parere di Cioran l’estrema vulnerabilità e fragilità psicologica dell’Occidente, a dispetto della sua tanto ostentata potenza militare. Giudizio quanto mai premonitore, se si pensa a quanto accadrà vent’anni dopo, l’11 settembre 2001…
D’altronde, per Cioran «l’avvenire appartiene alla periferia del globo», sarà appannaggio di popoli storicamente giovani, di quelle civiltà ermeticamente chiuse nelle proprie tradizioni che non hanno ancora dissipato il proprio capitale di «brutalità arcaica». È il caso dei Paesi arabi, che Israele ha avuto l’imprudenza di risvegliare dal loro letargo storico. In riferimento a questo, Cioran azzarda una profezia: «Tra cinquant’anni Notre-Dame sarà una moschea». Tra i popoli longevi non figura di certo la Romania. Dopo l’iniziale entusiasmo per gli avvenimenti dell’ottantanove e la caduta di Ceausescu, subentra in Cioran una sconsolata disillusione: «In quel Paese tutto è naufragato. È la sua unica originalità».
Il carteggio è arricchito inoltre da due toccanti lettere di Simone Boué, compagna di Cioran, scritte durante la malattia del filosofo e all’indomani della morte, nonché da cinque missive di Kraus, le uniche finora ritrovate. Il volume è completato, infine, da centoundici brani scelti dal Diario di Kraus, dove, tra ricordi, ritratti e gustosi aneddoti, l’opera e la figura di Cioran vengono ripercorse in filigrana, tanto nella loro indiscutibile grandezza quanto per le inevitabili controindicazioni che recano in sé, sempre all’insegna di una stimolante e riconoscente amicizia.
Massimo Carloni
Due lettere di E. M. Cioran a Wolfgang Kraus
Parigi, 29 maggio 1976
Caro Signor Kraus,
Le chiese di Bucarest sono piene, ma più per motivi politici che religiosi. Forse mi sbaglio. In ogni caso, la vittoria del marxismo è l’ultima chance del cristianesimo. La Chiesa dev’essere oppressa, altrimenti diventerà troppo convenzionale e antiquata. In Occidente, solo una spietata tirannia può ancora salvarla.
Sono consapevole di esistere, in qualche modo, nella… mia terra. Sfortunatamente sono diventato uno sradicato, soprattutto perché ho rinunciato alla mia lingua madre. Che significato avrebbe l’Austria per lei, se abbandonasse la lingua tedesca?
Non ricordo se le ho detto che, tre mesi orsono, mi hanno offerto un premio americano istituito di recente (12.000 dollari), con l’obiettivo di gratificare uno scrittore poco conosciuto (o apprezzato). Ho rifiutato subito l’offerta, soprattutto a causa della consegna solenne del premio (giornalisti, televisione, ecc.), ma anche perché un successo forzato mi ripugna. Si può vivere benissimo senza applausi. Ma non senza aver visto Ispahan. Che avvenimento per lei una simile visita!
Luc, il figlio di Bondy, è un giovane amabile e intelligente. Tutti quelli che lo conoscono sono sconvolti. In casi simili, il termine inferno acquisisce senso e significato. François e Lillian sono sicuramente disperati.
Quasi certamente, l’itterizia di loro figlio è la conseguenza delle sue esperienze matrimoniali negative. Il matrimonio è un’avventura che conduce sovente all’ospedale.
L’edizione francese dei Wasserträger [Portatori d’acqua] di Sperber ha avuto una recensione favorevole su «Le Monde» e «Le Figaro».
Cordiali saluti
Suo
E. M. Cioran
Parigi, 11 gennaio 1987
Caro Signor Kraus,
Molte grazie per la sua gentile lettera, che contiene tante cose positive. Lei fa progetti, io non ne faccio più. Temporaneamente – in linea di principio per sempre – ho rinunciato a scrivere altri libri. Il mio, speriamo sia l’ultimo, è appena stato pubblicato. Non ho veramente più alcuna voglia d’attaccare Dio, il mondo e… me stesso. Leggo molto – come sempre, in fondo – e ciò mi stupisce. La curiosità è un segno di vitalità. Il mio stato di salute non è particolarmente brillante. La memoria funziona male (questa è la vecchiaia) e lo stomaco non mi soccorre.
La morte di Eliade naturalmente mi ha colpito molto, ma meno di quanto pensassi. Avevamo sempre meno cose in comune. Era diventato una «personalità». La Romania sta superando l’inferno. Questo è senz’altro un successo. In un certo senso, non è un caso che io provenga da quel popolo. Invidio lei e Trude che potete vivere a contatto diretto con l’Ungheria. Ho sempre ammirato quel Paese per il suo fascino. – I mass media sono sicuramente una catastrofe per l’Occidente, ma la causa reale è più profonda e incurabile. Non c’è salvezza per una civilizzazione che non crede più in se stessa. Posso azzardare una profezia? Tra cinquant’anni Notre Dame sarà una moschea.
Sarò molto contento di rivedervi prima dell’estate.
Cari saluti a lei e Trude anche da Simone
Suo
Cioran
(n. 5, maggio 2014, anno IV)
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