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Alla memoria dello scrittore Bujor Nedelcovici (1936-2023)
Il 25 novembre scorso ci ha lasciato Bujor Nedelcovici (1936-2023), «scrittore della libertà», che ha pagato con l’esilio il coraggio delle sue idee. Nel 1987, lascia la Romania e chiede asilo politico in Francia dove continua a scrivere come redattore della rivista «Esprit» e pubblica i romanzi Le matin d’un miracle (1993) e Le provocateur (2000). Nel 1990 riceve il titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et Lettres. Dopo la caduta del regime di Ceaușescu, Bujor Nedelcovici viene riabilitato e considerato uno degli scrittori più importanti della resistenza alla dittatura.
In Romania ha pubblicato prima e dopo l'89 le seguenti opere di narrativa, saggistica e teatro: Ultimii, romanzo, 1970; Fără vâsle, romanzo, 1972; Noaptea, romanzo, 1974; Grădina Icoanei, romanzo, 1977; Zile de nisip, romanzo, 1979; Somnul vameșului, romanzo, 1981; Îmblânzitorul de lupi, romanzo, 1991; Oratoriu pentru imprudență, racconti, 1992; Noaptea de solstițiu, teatro, 1992; Aici și acum, articoli, 1996; Jurnal infidel. Ieșirea din exil 1992-1997, diario di esilio, 1998; Iarba zeilor, racconti, 1998; 2+1, teatro, 1999.
Dal romanzo Zile de nisip (Giorni di sabbia), 1979, è stato tratto nel 1981 il film Spiagge di sabbia (regia Dan Pita), subito censurato dal dittatore Ceaușescu. Il romanzo Al doilea mesager (Il secondo messaggero), vietato dalla censura comunista e da due case editrici romene, è inviato clandestinamente in Francia dove viene pubblicato presso l’editore Albin Michel di Parigi nel 1985 e nel 1986 riceve «Il Premio della libertà» conferito dal Pen Club Français.
In Italia è uscito il suo romanzo La mattina di un miracolo, pubblicato dalla Rediviva Edizioni di Milano nel 2014 e promosso dall’Istituto Culturale Romeno di Bucarest. In ciò che segue, la traduttrice Ingrid Beatrice Coman ci introduce a questo libro, storia di una donna, Maria, alla ricerca di sé stessa,della sua verità ultima e del senso nascosto e misterioso della vita, attraverso le rovine di un passato devastato.
«Il sacro si incarna in quello che amiamo e che ci ama»
Cosa c'è al di là dell'amore? È la domanda che attraversa il romanzo La mattina di un miracolo, come un filo di Arianna, guidando il lettore insieme all'eroina alla ricerca di una risposta. E quando hai trovato la risposta, sei ancora nel posto di prima o hai varcato una soglia sconosciuta e misteriosa dove le domande si dissolvono e il tuo cuore diventa l'unica risposta possibile?
Il lettore che si accinge a leggere questo libro ha già deciso, segretamente, di fare un passo nel proprio cuore. Ha una domanda ardente che si porta dentro. Sta cercando una risposta. E Bujor Nedelcovici, l'autore che è riuscito, con grazia e maestria, a dare vita al personaggio di Maria, lo accompagnerà in un viaggio magico nelle profondità della parola amore, nel senso ultimo dell'esistenza umana e nel concetto stesso di Dio.
«... Ora capisco» dico io dopo un po’ «che il sacro si incarna in quello che amiamo e che ci ama. In quel tu che viene con le braccia e il cuore aperti verso di noi! Chi rifiuta l’offerta dell’amore scaccia l’amore di Dio! Io sono partita da Iosif che mi amava, ho respinto il suo amore… Ho commesso un grande peccato, forse il più grande ed è per questo che ho dovuto soffrire… L’inferno è la punizione per l’amore inconfessato… Le pene dell’inferno sono… l’assenza dell’amato! Ho percorso tutta questa strada per capire che un giorno riceverò l’amore dell’amato… Fino ad oggi ho creduto che L’inferno fosse l’altro! Ora posso dire: Il sacro è incarnato nell’altro…».
Leggere questo libro è stato per me una rivelazione. Tradurlo ha reso le cose più durature, più permanenti, dato che ho dovuto scendere nel senso profondo di ogni frase, di ogni concetto filosofico o mistico, di ogni vissuto plasmato in parole con tanta abilità. La traduzione lascia sempre qualcosa indietro, lo sappiamo, e un libro tradotto non raggiungerà mai le vette che ha toccato nella sua lingua madre. Ma paradossalmente, il linguaggio armonioso e melodioso, gravido di sensi a più strati, di parole cariche di significato a volte persino mistico, si sposano bene con la dolcezza della lingua italiana, e la narrazione resta ancora fluida. L'eroina diventa così Maria di tutti. Il richiamo biblico è poi molto esplicito, rendendola così un'icona, una Madonna moderna, alle prese con le provocazioni di un tempo a tratti estraneo, la madre che non sarà mai madre, la madre di tutti i bambini mai nati.
In questo viaggio in stretta sintonia con il libro, molte cose in me sono cambiate. Molte cose ho imparato. Ho imparato, dall'autore, come tenere in mano la penna con consapevolezza; come essere presente in ogni parola; come far vibrare ogni frase al suo significato più alto. E poi ho imparato, da Maria, come restare in piedi nel cuore della tempesta; come accettare e rispettare le proprie debolezze come un dono, come maestri di vita venuti a indicarti la strada; e come l'amore, nella sua forma più pura, è quanto di più si avvicini a Dio.
Ecco perché considero questo libro un capolavoro. Perché riesce, con perfetto equilibrio di parole e silenzi, a mettere insieme letteratura e spiritualità, creando uno spazio magico in cui le due si possano incontrare e rivelare un disegno creato da mani sicure e amorevoli che si muovono, invisibili, al di sopra di ogni cosa. Esprimo qui la mia gratitudine all'autore per la sua fiducia. E ai lettori che ci accompagneranno in questo viaggio.
Ingrid Beatrice Coman
(n. 1, gennaio 2024, anno XIV)
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