La Chiesa ortodossa romena tra prospettive storiche e odierna presenza ecumenica in Italia La specificità culturale e religiosa del popolo romeno, la cui presenza travalica ampiamente i confini della Romania, è inscindibilmente legata allo spazio in cui tale popolo è vissuto e dove ha intessuto ricche e feconde relazioni con le altre realtà religiose e antropologiche. A trattare con puntuale analisi il tema della presenza dell’ortodossia romena in Italia è il professor Cesare Alzati, ordinario di storia del cristianesimo e delle Chiese presso l’Università Cattolica di Milano e profondo conoscitore della storia della Romania. Il suo contributo, intitolato L’ortodossia nello spazio romeno e il significato della sua presenza in Italia per la comunione tra le Chiese, è parte integrante del libro L’ortodossia in Italia. Le sfide di un incontro (a cura di Gino Battaglia, EDB, Bologna 2011, pp. 378, € 29). Lo spazio romeno e i tre grandi organismi politici La storia romena, anche nei suoi aspetti religiosi e culturali, è stata lungo i secoli strettamente legata a uno spazio vasto e complesso, caratterizzato dal XIV secolo da tre grandi organismi politici. Il primo che dai Carpazi meridionali scendeva fino al basso corso del Danubio era il voivodato romeno di Valacchia (abitualmente denominato nelle fonti «la Terra Romena»). Il secondo, la Moldavia, era anch’esso un voivodato romeno, e dai Carpazi si estendeva fino al Dnestr, confinando dunque con i territori dell’antica metropolia di Kiev, dal XIV secolo inglobati nel granducato di Lituania e, per questa via, legati alla corona polacca. Il terzo organismo politico, situato all’interno dell’arco carpatico, era il Voivodato di Transilvania, con caratteri del tutto specifici: inquadrato all’interno del regno d’Ungheria, dal 1438 fu retto secondo un principio costituzionale, che attribuiva pienezza di poteri politici a tre soli ceti: la nobiltà (natio Hungarica), la comunità dei liberi e potenti immigrati di origine germanica (Universitas Saxonum), e il popolo nobiliare dei Székelyek, posto a guardia dei Carpazi orientali. Istituzioni ecclesiastiche e trasmissione culturale «Al fine della comprensione di tale patrimonio culturale e di tradizione religiosa della realtà romena in Italia – scrive il professor Alzati – mi è sembrato importante che nel titolo (del mio contributo ndr) figurasse, in luogo di una rigida denominazione sostanzialmente statuale (Romania), il sintagma “spazio romeno”». La genesi del popolo romeno si colloca nell’alveo dell’impero romano (prima con Giustiniano e poi con Costantino V), la sua lingua parlata continua, il latino dell’antica Roma, ne ha fatto una Nuova Roma, Costantinopoli. Come si vede, si è dinnanzi alla sintesi di tutte le grandi correnti culturali che hanno fondato l’Europa. Se questi aspetti comuni si ritrovano in tutto lo spazio romeno, le modalità con cui tali aspetti sono stati vissuti sono venute diversificandosi nei vari territori da cui lo spazio romeno è composto. Lo Stato, la questione confessionale, il potere totalitario Da sempre un’identificazione profonda aveva contraddistinto il popolo romeno e la sua Chiesa. Il formarsi della «Grande Romania» in seguito alla Prima guerra mondiale segnò la compiuta realizzazione dello Stato nazionale romeno. Il 1° dicembre 1918, ad Alba Iulia, il proclama di adesione della Transilvania al Regno di Romania fu letto dal più giovane dei vescovi romeni del Paese, l’unito (greco-cattolico) Iuliu Hossu (sarebbe morto nel 1970 in domicilio coatto sotto il regime comunista in seguito alla soppressione della sua Chiesa). Dopo il 2007 La Chiesa ortodossa romena, con il suo straordinario patrimonio, la sua vitalità, la sua autoconsapevolezza, e anche con i suoi problemi, sulla scia dell’emigrazione si è resa sempre più presente in Italia e altrove. In Italia il suo consolidarsi istituzionale è comunque anteriore al 1989. «All’origine – prosegue Alzati – sta un sacerdote unito della Diaspora, padre Mircea Clinet, benedetto archimandrita dal vescovo di Piani degli Albanesi Giuseppe Perniciaro. Dopo il 1989 la migrazione ha assunto dimensioni imponenti che oggi conosciamo, portando i romeni ad essere il gruppo più consistente di immigrati in Italia. Va detto che, anche con il fattivo supporto delle istituzioni ecclesiastiche cattoliche, la Chiesa ortodossa romena è riuscita a strutturare in Italia una mirabile rete di parrocchie, con le quali garantisce un’assistenza religiosa, che possiamo dire capillare».
Giacomo Ruggeri
(n. 11, novembre 2013, anno III) |