Risorgimento antieroico: «Il Cimitero di Praga» di Umberto Eco

Il Cimitero di Praga, l’ultimo romanzo di Umberto Eco, è stato pubblicato alla fine del 2010 alla vigilia delle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Umberto Eco torna ad affrontare il tema delle società segrete e della teoria del complotto, già trattati in Il pendolo di Foucault. Nell’uno e nell’altro romanzo la trama è «un viaggio fra esoteria, letteratura, filosofia, religione, scienza, politica e storia». Protagonista de Il cimitero di Praga è un unico personaggio di fantasia, il falsario Simone Simonini, nato nel 1830 e che scompare nella metropolitana di Parigi nel 1898. Eco vi parla del potere che le parole posseggono di suscitare odio e risentimento, ma il suo fine è di liberarci dai pregiudizi.
Il romanzo finge di essere la redazione di un diario consigliato a Simonini da un giovane dottore ebreo di nome Froide… (Sigmund Freud) per curare i disturbi della memoria che lo affliggono e gli consiglia l’ipnosi e la cocaina. (Simonini è schizoide e non prova rimorsi per i tanti guai che ha provocato).
Nel volume appaiono tre diversi caratteri tipografici per tracciare le tre figure che esprimono la complessa identità del protagonista. Simone Simonini è un falsario che va in giro per l’Europa al servizio dei potenti e dei servizi segreti alimentando odio, paura e sete di vendetta; è anche l’abate Dalla Piccola, un alter ego di Simonini ed è anche il Narratore che osserva e commenta.
Il Cimitero di Praga, come tutta la produzione letteraria di Eco da ll Nome della Rosa, a Il Pendolo di Foucault, a L’Isola del Giorno Prima, a Baudolino, a La Misteriosa Fiamma della Regina Loana, segue una tecnica narrativa complessa. È il diario di due autori diversi che sono in realtà la stessa persona che soffre di schizofrenia, con il commento di un terzo autore che in parte spiega il comportamento dei primi due. Nel volume appaiono tre diversi caratteri tipografici per tracciare le tre figure che esprimono la complessa identità del protagonista. L’ultimo romanzo di Eco è una finzione che imita la tecnica narrativa del feuilleton. Ne sono spia le illustrazioni di fine Ottocento che accompagnano il testo.

La rivisitazione dell’Ottocento europeo

Il Cimitero di Praga è la rivisitazione di un periodo storico – l’Ottocento europeo – ma soprattutto un invito alla riflessione sulle conseguenze tragiche della fabbricazione di testi falsi che vengono presi per autentici. È anche un avvertimento contro l’intolleranza. Il personaggio di Simonini, ha spiegato Eco, è un collage, per cui gli sono state attribuite cose fatte in realtà da persone diverse. È una personalità multipla, che cambia aspetto e età e si inventa passati da carbonaro, garibaldino, massone e gesuita. Eco racconta le sue frustrazioni, la sua paura delle donne, degli omosessuali, degli ebrei, della diversità che egli trasforma in disprezzo. Il suo unico piacere è quello della tavola.
Abilissimo falsario, redige testamenti e contratti che sembrano veri, ma soprattutto documenti compromettenti per i servizi segreti. Simonini fa prima arrestare i carbonari piemontesi, poi si infiltra nella spedizione garibaldina dei Mille e causa la morte di Ippolito Nievo. Dopo la parentesi risorgimentale Simonini si sposta nella Francia di Napoleone III dove fabbrica il documento che crea l’affaire Dreyfus e fa mandare il capitano ebreo all’Isola del Diavolo. Nella terza parte del romanzo Simonini scriverà, riciclando idee e situazioni trovate in altre fonti e copiandone testualmente pagine intere, per i servizi segreti dello zar di Russia buona parte del testo conosciuto come I Protocolli dei Savi di Sion, espressione di un feroce antisemitismo. I Protocolli sono attribuiti a dei cospiratori ebrei che si riuniscono nel cimitero di Praga con l’intento di conquistare e dominare il mondo per mezzo dell’alta finanza e dei mezzi d’informazione.
Nella prima parte la trama si inserisce, dicevo, nelle vicende del Risorgimento italiano, e nel ruolo svolto dalla Massoneria. (I principali protagonisti del Risorgimento erano massoni, da Cavour a Garibaldi a Re Vittorio Emanuele). Umberto Eco presenta per vera la tesi secondo cui i servizi segreti sabaudi hanno infiltrato e guidato i moti rivoluzionari. Simone Simonini viene reclutato dalla polizia segreta e fa cadere in una trappola i giovani carbonari piemontesi che vengono uccisi o incarcerati. Il suo ruolo diventa centrale durante la spedizione dei Mille in Sicilia nel 1860. La presenza di Garibaldi viene legata al ruolo degli inglesi e della Francia, alla strage di Bronte, ai tradimenti, all’oro inglese con il quale vengono corrotti i generali e gli ammiragli dell’esercito e della marina borbonici. È sulla figura e sulla tragica fine di Ippolito Nievo che Eco insiste nella prima parte del romanzo. Eco si rifa, e accetta per vera, la tesi difesa dal pronipote di Ippolito, Stanislao Nievo nel suo romanzo/inchiesta Il Prato in fondo al Mare (ripresa anche da Rino Cammilleri,nel romanzo Sherlock Holmes e il misterioso caso di Ippolito Nievo [2000] e da Cesaremaria Glori nella sua ricostruzione storica La Tragica Fine di Ippolito Nievo [2010]).
Ecco i fatti. Verso l’alba del 5 marzo 1861, al largo della costa di Sorrento affonda durante una tempesta in mare il vapore Ercole. Nessun superstite. Tra gli scomparsi, il vice-intendente di finanza dell’esercito garibaldino, Ippolito Nievo, in viaggio verso Napoli, dove avrebbe fornito alle autorità piemontesi il rendiconto della Spedizione dei Mille. I documenti contabili che Ippolito Nievo portava con se avrebbero chiarito la provenienza e la gestione disonesta dei fondi che avevano finanziato la Spedizione dei Mille e avrebbero confutato le calunnie della Destra piemontese che voleva screditare l’impresa garibaldina. Il Ministero della guerra sostenne che le macchine del vecchio piroscafo Ercole erano andate a fuoco e avevano causato il naufragio. Tanti restano tuttavia gli enigmi mai chiariti e permane il sospetto che si sia trattato di una strage di Stato.

Una versione antieroica dei fatti storici sul Risorgimento

Questa versione antieroica dei fatti storici sul Risorgimento in Sicilia sui quali Eco insiste in Il Cimitero di Praga non è, ad onor del vero, originale. È quanto hanno fatto valere i vari studiosi della ‘questione meridionale’ nella prima parte del ’900 e vari romanzieri siciliani, da Federico De Roberto, ne I Viceré, a Luigi Pirandello in I Vecchi e I Giovani, a Giuseppe Tomasi di Lampedusa in Il Gattopardo, a Vincenzo Consolo in Il Sorriso dell’Ignoto Marinaio.
La smitizzazione dell’agiografia ufficiale di un Risorgimento eroico fa parte del dibattito storiografico ancora in corso. Le critiche al Risorgimento sono state mosse da Nicola Zitara, fondatore del Movimento Neo Borbonico e dell’Associazione Due Sicilie nel 2003 e autore di L’Unità d’Italia: nascita di una colonia. Abbiamo poi Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero «meridionali» – di Pino Aprile, direttore del quotidiano napoletano «Il Mattino»; L’invenzione dell’Italia unita (2008) dello storico Roberto Martucci, storico all’università di Salerno, oppure l’ultimo film di Mario Martone Noi credevamo (2010).
La strana unità di Gilberto Oneto, amico e collaboratore di Giangranco Miglio, primo ideologo della Lega Nord, critica invece il Risorgimento da un’ottica ‘nordista’. Oneto è convinto che «L’unità è il risultato dell’ideologismo mazziniano, dell’azione della massoneria, delle spinte anticlericali, degli interessi dei Savoia e di una classe economico-sociale emergente (Cavour) e dell’azione della Gran Bretagna che in Italia ha condotto un’abile politica di ingerenza coloniale facendo fare il lavoro sporco agli ‘indigeni’».

Come reagire alle tante critiche del Risorgimento?

Arriviamo a qualche riflessione conclusiva. All’inizio del mio intervento facevo notare che Eco ha scritto un romanzo che è una finzione che finge di non esserlo. Ho dato a questo mio scritto il titolo La Dietrologia del Risorgimento. Cosa vuol dire il termine dietrologia? È la tendenza ad analizzare fenomeni ed episodi, specialmente politici, ricercando complotti, trame oscure, modalità e intenzioni diverse da quelle dichiarate. Gli esempi di revisionismo storico dell’unità d’Italia potrebbero continuare. Viviamo in un’epoca dove va di moda la teoria del Complotto.
Come reagire alle tante critiche del Risorgimento? Io reputo che il livore espresso dalla storiografia neo-borbonica e leghista rinfocola passioni ed odi che dopo 150 anni è interesse di tutti, sudisti e nordisti, placare o riesaminare in modo obiettivo, nel bene e nel male. È quello che fa, per esempio, il giornalista Aldo Cazzullo in Viva L’Italia (2010) il quale saggiamente ricorda: «Il Risorgimento non è di moda. Lo si considera una cosa da liberali. Oggi è l’ora della Lega e dei neoborbonici. L’Italia la si vorrebbe divisa o ridotta a Belpaese: non una nazione. Invece l’Italia è una cosa seria. È molto più antica di 150 anni; è nata nei versi di Dante e Petrarca o negli scritti di Machiavelli e di Guicciardini. Ed è diventata una nazione grazie a eroi spesso dimenticati... in fondo gli italiani sono intimamente legati all’Italia più di quanto loro stessi pensino».
È un’ipotesi che mi sento di condividere, in quanto l’unificazione della penisola italiana, malgrado le vie tortuose usate per arrivarci ed i limiti che ne sono risultati, va comunque considerata uno dei grandi episodi della storia europea dell’Ottocento. L’unità ha permesso all’Italia di entrare a far parte della modernità e diventare un grande Paese. Diamo l’ultima parola a Umberto Eco. Egli, in articoli e saggi vari e in almeno due dei suoi romanzi, Il Pendolo di Foucalt ed in questo suo ultimo, Il Cimitero di Praga, smonta il modo di pensare dei complottisti e ci ricorda: «si crede solo a quello che già si conosce». Eco confuta l’esistenza di un complotto che guida la storia dell’umanità, ma ci ricorda che, ripercorrendo gli avvenimenti, si scoprono piccole congiure e trame che hanno effetti drammatici per chi ne è vittima. Eco ci ammonisce, e questa è la sua lezione di saggezza, che i complotti, anche quando non esistono o sono basati su falsità, hanno fatali conseguenze nella vita reale. Umberto Eco resta convinto che il primo rimedio contro il male è la conoscenza, la forma più sublime di pietà.


Filippo Salvatore
(n. 11, novembre 2012, anno II)