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Il gioco come essenza ultima del mondo, secondo I. P. Culianu
È stato recentemente pubblicato in traduzione italiana, presso Lindau, il volume di Ioan Petru Culianu Iocari serio. Scienza e arte nel pensiero del Rinascimento (a cura di Horia Corneliu Cicortaş, con postfazione di Horia-Roman Patapievici, Torino 2017). Giocare seriamente: questo ossimoro, proposto dall’opera incompiuta di Culianu, è un luogo immaginario senza nome, unione d’opposti estremi; una porta aperta a conoscenze dimenticate; è l’evocazione di un sapere tradito dalla moderna scienza del mondo.
La fonte originaria della conoscenza, individuata da Culianu, è potente e pura: per accedere ad essa occorre una chiave specifica, un sapere che preceda ogni logica, che fondi la razionalità stessa e la concentri in sé.
La sfida di Culianu, erede della filosofia del Rinascimento, è toccare il limite della pensabilità, percependone, in tutta la sua estensione, l’infinita forza rituale.
Si tratta di ascoltare ciò che tiene insieme il gioco del mondo (ludus globi), scaturito dal movimento gratuito della creazione. Dominare lo scenario dei contrasti e delle attrazioni tra le cose, per rintracciare il filo che unisce entro un’unica trama il disegno del reale: questo è il compito che il filosofo/scienziato del Rinascimento lascia in eredità alla storia del pensiero, anticipandone gli sviluppi entro una concezione olistica della natura, dell’uomo e del divino.
Il divenire dell’essere non si manifesta in modo diretto alla mente che ne ricerca le sembianze: è percepibile solo come riflesso nell’immagine di un gioco, la cui serietà è il reiterarsi necessario di una struttura sapientemente edificata su molteplici livelli di conoscenza.
Nell’opera di Culianu l’iniziazione del soggetto coincide con il coinvolgimento in questo gioco del mondo, in un infinito processo alchemico di morte e resurrezione delle forme attraverso la materia.
Si tratta di oltrepassare la fissità sostanziale degli enti, per lasciarne rivelare l’energia sopita, di risvegliarne la forza essenziale per poi dominarne le future, possibili, configurazioni: il teatro del mondo è un’armonia dissonante di accordi, ricompresi in un’unica nota.
L’intera realtà è un campo di forze, aperto e costantemente da ricreare, è un’opera plastica di cui l’uomo è elemento essenziale e creatore possibile.
L’anima umana è atanor: caverna mistica di rinascita – perciò Culianu analizza il simbolismo del dipinto di Leonardo, La Vergine delle Rocce. L’anima è luogo di passaggio e d’elaborazione di immagini dello spirito, è fuoco vivente di continua trasformazione delle singolarità nel tutto. Sotto la superficie a mosaico del reale scorrono intense le energie scaturite dall’essere, come fuoco che fluisce sottotraccia donando luce all’intimità della terra.
Per dominare la forza della natura ed orientarla secondo precise finalità occorre conoscerne il carattere, individuarne i modi: l’universo, presente come miniatura in ogni cosa, è un grandioso crittogramma da decifrare. In questa ermeneutica delle infinite possibilità del reale si tratta di attraversare l’apparire fino a sondare l’origine essenziale delle cose: il dis-velamento è ascolto di ciò che è invisibile alla vista. Il sapere nuovo-antico, praticato nel pensiero del Rinascimento e rievocato da Culianu come chiave per la contemporaneità, è immersione nei meandri della terra – materia vivente – ed elevazione massima dello spirito, attraverso immagini animiche restituite alla purezza delle loro vette ideali.
Come sopra, così è sotto: l’anima umana è copula mundi, è balsamo sulla ferita inferta alla natura dalla logica moderna basata sulla fuorviante rigidità delle divisioni apparenti. L’anima si fa stanza – come direbbe Agamben, molto presente nella ricerca di Culianu –, diviene cioè luogo di convergenza degli opposti: ossimoro che abolisce la scissione tipica della ragione moderna tra parola ed immagine, scienza e magia, pensiero ed oggetto.
Il cuore sensibile-intelligibile dell’intuizione raccoglie alto e basso, materia e forma, nella forza di una metamorfosi trascendente. In questo divenire nel gioco del mondo il soggetto che conosce estende la sua anima e, liberato da un’identità fissa, è restituito alla verità che l’ha generato, divenendo immagine dell’infinità del reale, ricettacolo di ogni creazione possibile. La magia – afferma in modo allusivo Culianu nel ludibrium di Iocari serio – è l’eredità più importante trasmessa dal passato, in quanto paradigma di una conoscenza superiore.
E il gioco serio – per dirla con Heidegger e con Fink – non è altro che il simbolo del mondo, il luogo dell’accadere dei suoi infiniti possibili; lo spazio della ripetizione (Wiederholung) della verità, custodita nel suo essere immutabile, possibile-necessario. La gratuità del gioco e la sua serietà, che consiste nel reiterasi secondo regole, lasciano essere nella necessità del reale il movimento del possibile, senza risolverlo entro realizzazioni determinate, elevando l’universo e l’anima al di sopra di ogni scopo, in direzione della sublime libertà di un agire in vista di sé, come pienezza di vita, energia debordante, felicità espansiva, forza d’essere.
Il gioco è l’essenza ultima del mondo: questa è la tesi fondamentale espressa in Iocari serio, che coincide con un sapere che considera la verità non come un concetto da spiegare ma come un’operazione da compiere. Il reiterasi di tale azione genera una conoscenza simile all’arte magica, una sorta di fantasmologia, ovvero uno studio della creazione, della distruzione e dell’utilizzo di immagini animiche, in quanto forze spirituali capaci di risvegliare il potenziale più profondo delle energie sopite nell’uomo/iniziato, elevandolo a quel ruolo eccelso che Pico della Mirandola gli conferiva come «creatore di sé».
L’anima diviene corpo pneumatico: involucro spirituale che raccoglie le energie del gioco del mondo, sintetizzandone come microcosmo nel macrocosmo gli sviluppi possibili. Tale concezione della conoscenza fantasmatica nell’opera di Culianu risulta dal confluire del gioco delle interpretazioni del ludus globi, derivanti dalla filosofia platonica, aristotelica e stoica dell’immaginazione, dalla medicina greca con la teoria del pneuma, dal pensiero arabo, dal neoplatonismo con il veicolo astrale o ochema e dalla dottrina cristiana della salvezza, lasciati in eredità alla riflessione contemporanea dalla ricerca speculativa magico-fantasmatica del Rinascimento.
L’anima come corpo pneumatico si eleva a luogo del compimento di operazioni fantasmatiche, amplificando come in uno specchio – si pensi al Geviert heideggeriano – i riflessi della luce del gioco del mondo.
Il livello più alto di conoscenza, mutuato dal sapere del ludus globi, prende secondo Culianu la veste di una tecnica di manipolazione dei fantasmi che si manifestano nell’involucro pneumatico dell’anima razionale: la gestione di queste forze, che rappresentano nel singolo le energie introiettate della natura, trasforma il pensiero in un sapere magico sempiterno, rendendo filosofia, magia, dottrina dell’eros, medicina e arte, manifestazioni diverse di un’unica forma di conoscenza intesa come chiave ermeneutica d’accesso al gioco del mondo. La serietà del gioco coincide con l’addomesticamento fantasmatico del desiderio, con il controllo secondo regole della libera espressione delle energie spirituali del cosmo.
L’individuo nel Rinascimento è un operatore mediante fantasmi: è la vivida espressione di quella libertà dell’immaginazione creatrice che, estirpata dal pensiero moderno generato dalla Riforma, aveva invece forza nella scienza del Rinascimento e offre ora secondo Culianu un indirizzo più alto al pensiero contemporaneo, bisognoso di recuperare la provenienza essenziale della propria origine.
Per superare il rigido dualismo, entro il quale si muove una filosofia che affida alla lettura empirica delle cose la chiave interpretativa dei loro significati, occorre mettere in gioco questo sapere nuovo-antico, eredità del Rinascimento: è fondamentale dar spazio ad una volontà rigenerata in grado di cogliere intuitivamente in ogni fenomeno singolo le tracce distintive o signaturae, che formano la scrittura del cosmo e costituiscono la trama potenziale delle similitudini entro cui si evolvono i legami tra le cose, determinando il libero manifestarsi necessario del gioco del mondo.
La partecipazione a tale gioco, come Himmelsrise der Seele, psychanodia o viaggio celeste dell’anima, implica per l’iniziato, che è il soggetto conoscente nel pensiero di Culianu, la possibilità di interpretare con il principio platonico-rinascimentale della similitudine le analogie tra le cose, in modo da leggere la scrittura mistica del cosmo. Tutto ciò che è transeunte, ricompreso in un sistema di similitudini, diviene allegoria del gioco del mondo, come perenne coincidentia oppositorum. L’anima, miniatura e compendio dell’universo, parvus mundus, contiene tutte le forme e concentra in sé il sostrato mistico del reale. Culianu, riprendendo la filosofia di Marsilio Ficino, ritiene che l’anima, elevandosi dal buio alla luce attraverso la conoscenza come rivelazione, possa essere copula mundi o stanza fantastica produttrice di immagini e ricettacolo di tutte le forme possibili d’accadere dello spirito.
Questa dottrina ermeneutica, riproposta da Culianu nell’interpretazione del gioco come forza plasmatrice del mondo, rappresenta il tentativo di sanare la frattura metafisica del pensiero occidentale, generata dall’idea dominante della presenza ossia di un essere inteso come sostanza statica e non come accadere armonico-dissonante di forze.
Al rischio (Gefahr) del poter non essere, aperto con il coinvolgimento nel gioco serio del reiterarsi del mondo, le riflessioni di Culianu espongono chi legge, toccando i limiti stessi della pensabilità, lungo il sentiero nuovo-antico di un sapere sempre possibile, come chiave operativa d’accesso a tutto ciò che è.
Draga Rocchi
(gennaio 2018, anno VIII)
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